Mons. Paglia: le adozioni all’Incontro Mondiale delle Famiglie

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Da Gabicce, dove si è svolto il XXIII incontro delle famiglie e dei sostenitori di Ai.Bi. sul tema ‘L’accoglienza giusta. Bambini in alto mare, bambini fuori famiglia, bambini abbandonati: non restare a guardare!’ è stato reso noto un rapporto dell’ECOSOC (Comitato economico e sociale) dell’ONU, pubblicato  nel 2009 (ma fino ad ora rimasto inosservato), dove si rivela un dato sconcertante: 15.600.000 sono le adozioni necessarie per garantire una famiglia solo agli orfani adottabili di Aids.

Il Rapporto, una relazione di 400 pagine sull’adozione in tutti i Paesi del mondo, è il primo, e fino ad ora, l’unico studio sull’adozione elaborato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo studio rileva come nel mondo, ogni anno, fra adozioni nazionali e internazionali vengono adottati solo 260.000 minori. Quindi poco meno di 12 bambini ogni 100.000 persone e per l’Onu questo dato dimostra come l’adozione rimane un evento raro.

Ma il dato clamoroso rilevato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite riguarda i minori orfani di entrambi i genitori a causa dell’Aids e che potrebbero essere adottati a livello nazionale e internazionale: “Quasi 16.000.000 di adozioni, ha affermato Marco Griffini, presidente di Ai.Bi,  per garantire una famiglia solo agli orfani di Aids. Pensiamo quindi quanto possa essere elevato il numero dei minori abbandonati, nel mondo per le altre cause di abbandono”. A riguardo Amici dei Bambini “inizierà una ricerca per cercare di definire quantitativamente il numero reale di bambini abbandonati nel mondo anche per dimostrare una volta per tutte come la riforma delle Adozioni internazionali sia tuttora non solo opportuna ma addirittura indispensabile”.

E’ stata una settimana molto intensa quella vissuta dalle famiglie a Gabicce, dove l’ospite d’eccezione è stato mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, che ha instaurato con le famiglie adottive e affidatarie un dialogo centrato sul grande tema dell’accoglienza. A prendere la parola per prima è stata Lisia, mamma sia biologica che adottiva, che ha lanciato un appello all’arcivescovo: “Vorremmo che la Chiesa rivolga un invito forte all’accoglienza dei bambini abbandonati”.

Mons. Paglia ha ribadito l’impegno della Chiesa: “E’ decisivo che la Chiesa e la società riscoprano la benedizione delle adozioni, perché entrambe, Chiesa e società, sarebbero più felici se scoprissero davvero quanto è bello mettere un bambino al centro dell’attenzione. Vorrei fare di questo tema  una parte importante del lavoro del Pontificio Consiglio della Famiglia per la Chiesa italiana e mondiale. In particolare, vorrei dedicare alle adozioni un momento particolare nel corso dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Philadelphia nel 2015…

Continuate ad accogliere e a farlo sapere: il vostro esempio è contagioso anche per me. Voi genitori adottivi e affidatari, voi responsabili delle associazioni dovete avere ancora più coraggio, essere da esempio per le altre famiglie, soprattutto in questo momento in cui è più facile chiudersi e intristirsi che aprirsi e gioire dell’accoglienza”. Ed ha concluso riprendendo le parole di Gesù, ‘C’è più gioia nel dare che nel ricevere’: “Voi, accogliendo tanti bambini che altrimenti sarebbero rimasti soli, avete anticipato il modo in cui dovrebbe vivere tutta la Chiesa di oggi: imperniata sull’accoglienza universale.

In più, voi avete accolto bambini di religioni diverse: in un momento in cui la diversità di religione rischia di creare divisione, voi avete unito! Rendiamoci conto che Gesù è impresso sul volto di tutti i bambini, ma in modo particolare sul volto di quelli abbandonati… Dovremmo costruire un mondo più a misura di bambino: solo così avremo finalmente un mondo più adulto!”. Alla settimana è intervenuto anche il presidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari, Francesco Belletti, sottolineando che la missione della famiglia adottiva e affidataria è rompere la crosta dell’isolamento nel quale sono confinate oggi le coppie:

“Una famiglia dai confini chiusi è un’entità morta. La famiglia deve prendere consapevolezza della propria responsabilità pubblica, occuparsi delle relazioni sociali, essere costruttore di bene comune e soggetto attivo di società civile. Insomma bisogna abbandonare l’idea di famiglia nucleare e sposare sempre di più il valore dell’accoglienza”.  La famiglia è “libertà in azione: originata da gesto privato tra due persone deve essere socialmente rilevante, diventare un fatto pubblico e soprattutto instaurare con il mondo circostante un rapporto di scambio e di reciprocità continua. Solo così la famiglia può rivendicare il proprio ruolo fondante ed essere riconosciuta come tale”.

Per Belletti  la famiglia deve essere ‘contagiosa’ e promotrice di una vera e propria rivoluzione culturale di un principio base: “ogni bambino è mio figlio. Nei confronti del minore abbandonato non abbiamo la colpa ma la responsabilità. Per questo la prima cosa da fare è rompere la crosta dell’isolamento nel quale sono confinate oggi le coppie”. Quindi occorre una seria riflessione sulla necessità di una riforma della legge 184 del 1983 sulle Adozioni internazionali, come ha sottolineato Walter Veltroni: “Da una parte c’è un grande desiderio di genitorialità, dall’altra una quantità immensa di bambini soli e di famiglie che vorrebbero accoglierli: in mezzo la burocrazia e le lungaggini che trasformano gli iter adottivi in vere e proprie odissee e in processi interminabili.

Con la catastrofica conseguenza di scoraggiare le coppie: da qui il calo di coloro che si avvicinano alla adozione pari al 30%… Il crollo delle adozioni non è da addebitare ad un calo di altruismo da parte delle famiglie italiane bensì c’è un apparato  normativo che evidentemente non funziona e che è motivo di frustrazione per le coppie stesse”. Infine le testimonianze, che hanno confermato la bellezza dell’adozione, come ha raccontato Paolo Carassai, presidente de La Goccia onlus, l’Associazione per l’affido, l’adozione ed il sostegno familiare, nata a Macerata nel 2001, che ha citato la lettera di san Paolo agli Ebrei, ‘Non dimenticate l’ospitalità: alcuni praticandola hanno accolto degli angeli senza saperlo’:

“Un figlio  è la rivelazione continua del mistero di Dio è una fonte inesauribile e continua di amore e di forza”. Il bambino adottato “è il più grande dono divino, ha spiegato Paolo Carassai che con la moglie ha adottato tre bambini, Alexia, Sofia e Mouna (rispettivamente di 17, 13 e 11 anni), sono loro che giorno dopo giorno ti danno la forza di andare avanti, di amare la vita e di scoprire in ogni loro gesto e parola la bellezza del Signore”.

Ed ha raccontato la storia della sua famiglia: “Un’idea nata dopo aver accolto in famiglia Alexia, una splendida bambina di poco più di 1 anno, cerebrolesa: una grande sfida che ci ha fatto capire che era necessario fare sempre di più. Il nostro gesto doveva essere la prima goccia di un ‘qualcosa’ di più esteso. Da qui l’idea di fondare l’associazione”.

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