1 Settembre: la Chiesa invita ad educare alla custodia del creato

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“Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono”: partendo dalla frase del profeta Osea la Chiesa cattolica celebra la 9ª Giornata per la custodia del creato, invitando i fedeli a riflettere sul tema ‘Educare alla custodia del creato, per la salute dei nostri paesi e delle nostre città’.

La profezia non si limita, come banalmente crediamo, a predire il futuro, ma influisce nel quotidiano in quanto stimola ad aprire gli occhi sulla realtà. Infatti, secondo i vescovi, questo brano “raccoglie tante nostre dolorose analisi e ben descrive lo smarrimento che vivono molti territori inquinati in Italia e nel mondo. Se infatti viene spezzata l’armonia creata dall’alleanza con Dio, si spezza anche l’armonia con la terra che langue, si diventa nemici versando sangue su sangue e il nostro cuore si chiude in paura reciproca, con falsità e violenza.

L’alleanza resta così la categoria fondamentale della nostra fede, come ci insegna tutto il cammino della Bibbia: la fedeltà a Dio garantisce la reciproca fraternità e si fa ancora più dolce la bellezza del creato, in luminosa armonia con tutti gli esseri viventi”. Non educando alla custodia del creato si spezza l’armonia creata dall’alleanza con Dio, che ha collocato l’uomo nel ‘giardino’ per custodirlo e lavorarlo, di conseguenza

“si spezza anche l’armonia con la terra che langue, si diventa nemici versando sangue su sangue e il nostro cuore si chiude in paura reciproca, con falsità e violenza. L’alleanza resta così la categoria fondamentale della nostra fede, come ci insegna tutto il cammino della Bibbia: la fedeltà a Dio garantisce la reciproca fraternità e si fa ancora più dolce la bellezza del creato, in luminosa armonia con tutti gli esseri viventi”.

I vescovi riprendono sapientemente quello che papa Francesco ha scritto al n^ 215 dell’Esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ sulle fragilità da proteggere, iniziando dal nostro paesaggio: “Ci sono altri esseri fragili e indifesi, che molte volte rimangono alla mercé degli interessi economici o di un uso indiscriminato. Mi riferisco all’insieme della creazione. Come esseri umani non siamo dei meri beneficiari, ma custodi delle altre creature.

Mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno, e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione. Non lasciamo che al nostro passaggio rimangano segni di distruzione e di morte che colpiscono la nostra vita e quella delle future generazioni”.

Queste riflessioni sembrano nuove per noi occidentali che non abbiamo un buon rapporto con l’ambiente, ma la Chiesa latinoamericana da alcuni sta riflettendo proprio sulla tematica socio ambientale; infatti al n^ 517 del documento conclusivo della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, svoltasi ad Aparecida a maggio 2007, si può leggere che la Chiesa: “presti particolare attenzione al mondo della sofferenza urbana; si prenda cioè cura di coloro che sono ai margini delle strade e negli ospedali, dei carcerati e degli esclusi, dei drogati, degli abitanti delle nuove periferie, dei nuovi centri residenziali, delle famiglie, che, disentegrantesi, convivono di fatto”.

Quindi il giardino è violato dall’uomo ed i vescovi sottolineano le numerose violazioni verificatesi solo nell’anno in corso, dalle esondazioni alle frane, dalle bombe d’acqua ai molteplici disastri meteorologici, perché: “Non sempre le attività produttive sono condotte con il dovuto rispetto del territorio circostante. La sete del profitto, infatti, spinge a violare tale armonia, fino alla diffusione nell’ambiente di veri e propri veleni. Con situazioni estreme, che diventano purtroppo fonte di tumori. Non sempre ci accorgiamo subito di questa violenza contro il territorio.

Anzi, spesso è mistificata ed altre volte viene addirittura giustificata. Di fatto, la consapevolezza davanti a questi comportamenti criminali richiede tempi lunghi. Matura sempre lentamente, spesso solo tramite la dedizione, eroica, di chi, facendo il proprio lavoro con serietà, è come se si immolasse per creare tra la gente una adeguata coscienza della gravità del problema”. Perciò i vescovi esortano ad un cambio di mentalità e, conseguentemente, di stile di vita:

“Restiamo sì addolorati, ma poco riflettiamo ed ancor meno siamo disposti a cambiare, per mettere in discussione il nostro stile di vita! Un terzo fattore di gravità è rappresentato dalla mancanza di una vera cultura preventiva davanti ai tanti disastri sociali e meteorologici. E’ l’aspetto culturale del problema, di certo l’aspetto più preoccupante, perché completa il quadro globale della violazione del giardino di Dio”. Infine invitano ad assumere impegni concreti, anche in vista del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015 attorno al nuovo umanesimo basato su Cristo:

“La catechesi può lavorare molto nel cuore dei ragazzi portandoli alla bellezza della preghiera in una liturgia armoniosa con il creato, nella gioia del rendere grazie e benedire il Signore, già in famiglia, davanti alla tavola preparata. Del resto arte e catechesi sono sempre state in stretta alleanza con la  liturgia per quel gusto della bellezza che diventa la prima coscienza contro ogni inquinamento e quell’energia vitale che ci permette di ricostruire i territori violati dai disastri ambientali. La denuncia davanti ai disastri ecologici. Ma la custodia del creato è fatta anche di una chiara denuncia nei confronti di chi viola quest’armonia del creato”.

E mons. Giuseppe Merisi, presidente di Caritas Italiana nel numero di Luglio/Agosto di ‘Italia/Caritas’ ha scritto che questo tema di salvaguardia/salvezza sta molto a cuore al papa, perché: “sono i poveri a subire le maggiori conseguenze di devastazione e iniquo sfruttamento del pianeta. Ancor più in questo tempo di crisi, dobbiamo risvegliare le coscienze, invitando a cercare i modi per vivere con minore spreco e maggiore sobrietà, ricordandoci quanto scritto nel libro della Genesi, dove si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra perché la coltivassero e custodissero.

‘Coltivare e custodire’: non solo il rapporto tra uomo e creato, ma anche i rapporti umani. C’è un’ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Qui entra in gioco quella che papa Francesco ha definito ‘cultura dello scarto’, che sacrifica le persone agli idoli del profitto e del consumo. Dominare, possedere, manipolare, sfruttare, la terra e gli altri, è disattendere il compito affidatoci di far crescere il mondo con responsabilità, trasformandolo perché sia abitabile per tutti”.

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