Papa Francesco saluta la Corea: il perdono è la porta della riconciliazione

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In Europa i muri sono caduti, ma in Asia no. Riuscirà il terzo viaggio di un Papa in una terra spezzata in due dalla politica e dalla dittatura a riportare la unità in Corea?

Papa Francesco ha pregato con forza proprio per questo nel suo ultimo giorno nella Repubblica della Corea del Sud. Nella cattedrale di Seoul Myeong-dong, sorta sul luogo dove si riunivano a pregare le prime comunità cristiane giusto 300 anni fa nel 1784 , il Papa parla della riconciliazione. La chiesa sorge esattamente laddove abitava Kim-Beom-u. Un uomo di lettere e maitre a penser. Tra le mura della sua casa, all’inizio dell’Ottocento, si tenevano i primissimi incontri tra i membri dell’allora piccola comunità cristiana coreana. Si riunivano, da amici, costruendo ed edificando quella che oggi è la Chiesa di Corea. 

Nessun tono politico ma solo strettamente ecclesiale nelle parole del Papa che si ferma a pregare nella cripta che custodisce le spoglie di alcuni martiri delle persecuzioni dell’ ‘800.

Del resto è il luogo stesso scelto per la messa a parlare. La cattedrale, consacrata nel 1898, solo nel 1942 potè vedere la consacrazione di un vescovo e nel 1950 durante la guerra venne invasa dalle truppe nord coreane sostenute allora dall’ Unione Sovietica. Poi diede rifugio agli sfollati e solo negli anni ’60 riprende completamente la sua funzione grazie alla riorganizzazione della gerarchia ecclesiastica. Giovanni Paolo II l’ha visitata nel 1984.

Myeongdong è uno dei punti nevralgici della città di Seul, per i suoi abitanti e per i turisti: i suoi viali sono costeggiati da enormi cartelloni pubblicitari. Giorno dopo giorno, Myeongdong si destreggia tra il florido commercio e una folla incessante che si riversa per le sue vie. Ogni notte le stesse strade divengono teatro di incontri per i più giovani.

Ecco questo è il luogo dove Papa Francesco ha scelto di salutare la Corea che per cinque giorni gli ha manifestato affetto ed entusiasmo. “Un’ispirazione per tutti” dice il Papa e spiega, leggendo le Scritture, che la promessa di Dio di restaurare la unità ha come condizione il comandamento del perdono: “ Il dono divino della riconciliazione, dell’unità e della pace è inseparabilmente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo.”

Conversione ad una società più umana e più giusta dove i cristiani hanno il compito di testimoniare il Vangelo con l’impegno per gli ultimi, rovesciando così la mentalità confuciana. Dio “vi chiama, come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall’insegnamento del Vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano.”

La via da seguire  è la logica del perdono, quella del Padre Nostro e, dice il Papa “quanto, da una prospettiva umana, sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce. La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno.”

Il Papa chiede anche la riconciliazione in ogni ambito della vita: “Ho fiducia che, in uno spirito di amicizia e di cooperazione con gli altri cristiani, con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il futuro della società coreana, voi sarete lievito del Regno di Dio in questa terra.” E’ questa la riconciliazione, quella di un unico popolo che parla la stessa lingua. E il saluto del Papa è anche un programma da seguire: “ Dio ci chiama a ritornare a Lui e ad ascoltare la sua voce e promette di stabilirci sulla terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto. Possano i seguaci di Cristo in Corea preparare l’alba di quel nuovo giorno, quando questa terra del calmo mattino godrà le più ricche benedizioni divine di armonia e di pace! Amen.”

Prima della messa nella Cattedrale di Meyeng-dong, il Papa ha anche alcune delle anziane superstiti del gruppo delle “confort women”  le “schiave sessuali” deportate durante la II Guerra Mondiale con il Giappone. Il Papa in abiti liturgici si è chinato ad  abbracciarle. Francesco è commosso nel parlare con loro  mentre il gesuita che gli fa da traduttore lo ha aiutato ad apporre sulla veste sotto la casula un nastrino per chiedere giustizia per queste donne.

La partenza è stata totalmente priva di formalità, ma un volta in aereo il Papa ha deciso di inviare un nuovo telegramma al governo Cinese: “Ritornando a Roma dopo la mia visita in Corea,- si legge nel testo-  desidero rinnovare a lei eccellenza e ai suoi cittadini l’assicurazione dei miei migliori voti, e invoco la divina benedizione sulla sua terra”.

Nei discorsi del Papa non c’è mai stato un riferimento esplicito alla Cina, ma alcuni hanno visto nelle parole sui rapporti diplomatici tra Santa Sede e i paese asiatici che ancora non ne hanno un riferimento proprio al colosso asiatico.

Intanto dalla Cina arrivano notizie poco confortanti sull’abbattimento di molte croci sulla chiese cristiane, anche se secondo China Daily, venerdì la portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying, aveva assicurato, in risposta al saluto di Papa Francesco, che Pechino “lavorera’ con il Vaticano per un dialogo costruttivo e per promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali”. Il governo di Pechino, oltre a distruggere i simboli cristiani, ha vietato a preti e giovani cinesi di recarsi in Corea in occasione della visita papale. La Cina vuole poter scegliere i vescovi, e non accetta la aperture nei confronti di Taiwan. Nonostante questo alla celebrazione finale della Giornata della Gioventù asiatica c’erano 60 giovani arrivati ufficialmente dalla Cina.

E la Cina è uno dei sostegni politici della Corea del Nord che, appena iniziate le annuali  manovre militari in Corea del Sud sostenute dagli Stati Uniti ha dichiarato: “ancora una volta che daremo il via a piu’ forti e spietati attacchi preventivi, dal momento che Stati Uniti e Sud hanno minacciato di implementare le loro strategie di deterrenza contro di noi nelle loro esercitazioni”.  Seul e Washington hanno  avviato le manovre annuali di quattro giorni, denominate Ulchi Freedom Guardian, che si concluderanno giovedì. Il Nord ha da settimane denunciato l’iniziativa, vista come il piano di preparazione generale di un attacco ai propri danni, mentre Seul ha rimarcato il carattere “puramente difensivo” delle esercitazioni, tarate su un possibile attacco di Pyongyang. Per richiamare l’attenzione internazionale sulle sue ragioni, il regime ha lanciato giovedì scorso, sotto la supervisione del leader Kim Jong-un, un totale di 5 razzi “innovativi e di precisione” dalla costa orientale verso il mar del Giappone: tre poco prima dell’atterraggio a Seul di Papa Francesco e gli altri due poche ore dopo il suo arrivo.

Intanto il Papa vola verso Roma. Subito prima di celebrare la messa, il Papa ha incontrato, nel palazzo della vecchia curia, un gruppo di leader religiosi coreani. E’ probabile che durante il volo papa Bergoglio tenga una conferenza stampa per i 72 giornalisti da 11 testate internazionali che viaggiano con lui.

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