L’Università Cattolica per i bambini siriani

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Ormai da tempo i bambini siriani arrivano ogni giorno alla stazione Centrale di Milano con la famiglia, in transito dal luogo dello sbarco in Italia verso il Nord Europa. A Milano restano mediamente cinque giorni nella speranza di raggiungere Paesi che offrono maggiori opportunità di lavoro.

La situazione all’arrivo in stazione è difficile e pericolosa a causa di traffici illeciti, offerte di passaggi clandestini che tolgono ai profughi i pochi soldi rimasti, e della mancanza di beni di prima necessità come cibo, vestiti, un riparo per la notte. Gli ultimi dati del Comune di Milano parlano di 14.500 profughi siriani accolti da metà ottobre 2013 al 9 luglio 2014, di cui 10.500 negli ultimi due mesi e 3.836 bambini. Il 61% è diretto in Scandinavia, il 26,5% in Germania e il 9,3% nei Paesi Bassi.

Per questo è nato nell’ottobre 2013 il progetto ‘Emergenza Siria’, promosso dalla Fondazione L’Albero della Vita Onlus e dall’Unità di ricerca sulla resilienza dell’Università Cattolica insieme al Centro di Ateneo per la Solidarietà internazionale (Cesi), per dare sostegno ai minori siriani sempre più numerosi in arrivo sul territorio milanese e accolti presso i centri di accoglienza di via Aldini e via Salerio, gestiti rispettivamente dalla Fondazione Progetto Arca e dalla Cooperativa Farsi Prossimo per conto del Comune di Milano.

Qui lavora un gruppo di operatori volontari, studenti dell’Università Cattolica e studenti arabi iscritti a diverse facoltà degli atenei milanesi, appartenenti al gruppo Swap (Share With All People). Questa associazione studentesca nata in seno all’Università Cattolica e guidata dal docente di lingua araba Wael Farouq, si propone di favorire uno scambio interculturale tra studenti provenienti da ambienti diversi.

Alla prof.ssa Francesca Giordano, Ph.D. in Developmental Psychology dell’Univeristà Cattolica del Sacro Cuore ed all’Université Paris XIII, abbiamo chiesto di raccontarci la nascita del progetto: “Il Progetto ‘Emergenza Siria’ nasce dalla collaborazione tra Università Cattolica e Albero della Vita, nel tentativo di rispondere in maniera tempestiva ed efficace alla situazione di emergenza e precarietà che vivono i profughi siriani in transito a Milano; in particolare, il progetto si rivolge a bambini che sostano presso i Centri di Accoglienza milanesi per pochi giorni”.

In quali attività vengono coinvolti i bambini?
“Vengono attivati spazi ludico-creativi, all’interno dei quali svolgere attività specifiche che stimolino nei bambini la capacità di ritornare a guardare al futuro con serenità, e di riappropriarsi così del ‘diritto’ di essere bambini. Da ottobre ad oggi questi centri sono stati frequentati da 2200 bambini. Ogni giorno si lavora con un numero di ragazzi, tra i 5 e i 14 anni, variabile tra 10 e 40 per ogni centro, anche se spesso sono presenti bambini dai 2 anni di età, a cui sono proposte attività specifiche più adatte a loro. Le fasi del progetto, partito nei giorni scorsi e attivo sicuramente fino a metà ottobre, sono quattro”.

Allora ci può spiegare la struttura del progetto?
“Il progetto si struttura in quattro fasi, la prima delle quali prevede un percorso di formazione gestito dall’Unità sulla Resilienza dell’Università Cattolica. Il percorso formativo è rivolto a tutti gli operatori coinvolti nel progetto, al fine di fornire, sulla base dell’esperienza maturata durante gli anni nell’ambito di progetti sulla tutela dei minori vittime di esperienze traumatiche di guerra, violenza e catastrofi naturali (Sri Lanka, Haiti, Cile, Pakistan, Cambogia, Libano, Giordania, Gaza…), conoscenze psicologiche ed operative capaci di orientare la relazione d’aiuto tra operatore e bambino.
L’obiettivo che ci si propone è di consentire loro di assumere un ruolo di ‘tutori di resilienza’.

La seconda fase del Progetto prevede l’attivazione di spazi ludico-creativi in cui Albero della Vita propone attività ricreative per bambini, creando un ambiente a loro dedicato, in cui poter ritrovare serenità e gioco. Successivamente a questa fase è stato intrapreso un percorso di workshop di resilienza, in cui studenti e tirocinanti dell’Università Cattolica, affiancati da studenti arabi appartenenti al gruppo SWAP (Share with all People), propongono attività che prevedono l’utilizzo di strumenti creativo-espressivi; tali linguaggi ‘a misura di bambino’, consentono ai piccoli di riflettere sulla propria storia e di rielaborarla in maniera attiva, individuando paure e risorse protettive, scoprendo le proprie risorse interne ed esprimendo i desideri per il futuro.

In questo modo le piccole vittime possono arrivare a ‘riscrivere’ la propria storia, e a distaccarsi dalla passività del dolore e della sofferenza che ha caratterizzato le loro esperienze passate. Parallelamente a questa fase, l’Unità sulla Resilienza attiva un percorso di ricerca, al fine di rilevare, attraverso l’utilizzo di disegni e questionari, i fattori di rischio che rappresentano la maggiore minaccia per la salute mentale dei bambini e i fattori protettivi che consentono loro di affrontare e superare in maniera resiliente le difficoltà. L’obiettivo è di stilare buone pratiche che orientino azioni educative volte a favorire nei minori un percorso di crescita e rinascita positivo.

I risultati della ricerca verranno dunque trasmessi agli operatori in termini di linee guida per indirizzare l’intervento psicosociale verso la promozione di un percorso di vita concretamente resiliente per ogni bambino”.

In questi casi quanto è importante la resilienza?
“Promuovere resilienza per questi bambini significa incrementare il loro senso di sicurezza, diminuire paure e il senso di minaccia costante e consentire loro di vivere esperienze ‘a misura di bambino’: tali aspetti risultano fondamentali per il bambino ‘in transito’, in quanto gli consentono di continuare il proprio percorso con un bagaglio di risorse che lo sostenga e gli consenta di affrontare il futuro”.

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