Gli allievi di Ratzinger si incontrano di nuovo. Per parlare di Teologia della Croce

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L’appuntamento è dal 21 al 24 agosto. In quei giorni, probabilmente a Castel Gandolfo nel Centro Mariapoli che è stato teatro degli ultimi incontri, gli allievi del Ratzinger Schuelerkreis, il circolo di ex allievi di Benedetto XVI, si incontrerà ancora una volta, come succede ogni anno dal 1977. Il tema quest’anno è la Teologia della Croce. Un tema che forse era già in “nuce” lo scorso anno, quando per la prima volta il circuito di ex allievi del professor Ratzinger si incontrò senza il loro amato professore, per parlare con Remi Brague della “Questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione”.

Anche da Papa, Benedetto XVI aveva partecipato a tutti gli incontri, anzi, li aveva auspicati. Sotto la guida sapiente di padre Stephan Otto Horn, salvatoriano che di Joseph Ratzinger è stato prima studente e poi assistente, la cinquantina di ex allievi ha discusso a Castel Gandolfo di evoluzione, Islam, ecumenismo. Nel corso degli anni, il Circolo si è allargato, si è creato una sorta di “Schuelerkreis giovani”, nuove  leve della teologia che studiano il pensiero di Joseph Ratzinger e che sono state coinvolte sempre più negli incontri di Castel Gandolfo.

Con l’elezione a pontefice di Benedetto XVI, gli ex allievi pensavano gli incontri non si sarebbero fatti più, e così non successe. Ma quando Benedetto XVI ha rinunciato all’esercizio del ministero petrino, erano ormai convinti di dover andare avanti. Benedetto XVI non dovrebbe partecipare alle sessioni, come è già successo lo scorso anno. Resterà nel monastero del Mater Ecclesiae, e forse li riceverà tutti al termine dell’incontro, per una Messa nella cappella del Governatorato vaticano, anche questo secondo uno schema che è già avvenuto durante lo Schuelerkreis 2013.

Dall’omelia pronunciata da Benedetto XVI agli ex allievi lo scorso anno si poteva già pensare ad uno sviluppo della riflessioni nella teologia della Croce. Benedetto XVI aveva sottolineato che “noi ci troviamo sulla Via di Cristo, sulla giusta via se in Sua vece e come Lui proviamo a diventare persone che scendono per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell’amore”. Perché l’apostolo – aveva aggiunto il Papa emerito – in quanto inviato di Cristo è “l’ultimo nell’opinione nel mondo” e proprio per questo è “vicino a Cristo”. “Gesù è più alto, l’altezza della Croce è l’altezza dell’amore di Dio, l’altezza della rinuncia di se stesso e la dedizione degli altri”.

E alla teologia della Croce Benedetto XVI aveva dedicato una straordinaria udienza generale nel 2008, parlando di San Paolo. “Per San Paolo – aveva detto il Papa – la Croce ha un primato fondamentale nella storia dell’umanità: essa rappresenta il punto focale della sua teologia, perché dire Croce vuol dire salvezza come grazia donata ad ogni creatura”.

In genere lo Schuelerkreis ha un ospite speciale, che sviluppa il tema. Chi potrebbe essere quest’anno?

Forse – ma ancora non c’è nessuna conferma ufficiale – si potrebbe trattare del teologo protestante Juergen Moltmann. Classe 1926, Moltmann ha sviluppato l’interesse per la teologia nei campi di prigionia britannici durante la Seconda Guerra Mondiale, leggendo i Salmi e in particolare il Salmo 39 (che fa parte dei Salmi di Lamentazione dell’Antico Testamento). Con Benedetto XVI ha dei punti di riferimento comuni, come il teologo Karl Barth. La sua “Teologia della Croce” è una “teologia in movimento, dialogo, conflitto”, che però sfocia in una teologia della speranza.

“In primo luogo – spiegava in una intervista a Jesus di qualche anno fa – va detto che Cristo non è morto solo per i peccatori, ma anzitutto per le vittime dei peccatori. Ho formulato questa idea insieme alla teologia della liberazione; nella teologia dei peccatori noi vediamo sempre solo i colpevoli, che fanno il male, si pentono e trovano la Grazia. Ma che ne è delle vittime? Di questo fino a oggi si è parlato troppo poco. Ma Cristo è diventato uomo ed è stato crocifisso per poter vivere con coloro che stanno all’ombra della Croce, il popolo dei crocifissi, come hanno detto Ellacuría e poi Sobrino. Questo è il primo passaggio: Cristo porta i peccati del mondo, Cristo porta le sofferenze del mondo. E il secondo passaggio è quello di vedere un legame tra la Crocifissione e la Trinità, poiché Gesù è morto col grido ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’ (Mt 27,46; Mc 15,34) e quindi ha sperimentato l’abbandono di Dio e Dio Padre ha provato il dolore per la morte del Figlio. Cristo ha vissuto la morte nell’abbandono, il Padre è sopravvissuto alla morte del Figlio: questa è la situazione del Venerdì santo, che Hans Urs von Balthasar ha descritto in maniera così approfondita e a cui la Pasqua dà risposta”.

Se davvero fosse lui il relatore dello Schuelerkreis, che viene scelto sempre su suggerimento del Papa emerito, si confermerebbe la modernità della riflessione teologica di Benedetto XVI, aperta a riflessioni nuove, ed intellettualmente ecumenica, perché non fa distinzione tra teologi cattolici o protestanti, ma anzi trova arricchimento dai contributi più disparati. Sempre in cerca di quella verità che è poi la linea guida di tutta la teologia di Benedetto XVI.

La cui modernità di pensiero ed apertura a contributi originali è sempre stata sperimentata dai suoi ex studenti. Tra loro, l’unico italiano è padre Cornelio Zotto, missionario in Tanzania, che ha scritto sotto la supervisione di Ratzinger una tesi sulla teologia dell’immagine di San Bonaventura. Ci sono in genere anche il vescovo ausiliare di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Barthélémy Adoukonou, insieme con docenti, parroci, religiosi, religiose e laici. E poi, fanno parte del circolo di allievi monsignori passati per la Curia romana, come Helmut Moll (curatore del martirologio tedesco del XX secolo) e ecumenisti come Vinzenz  Pfnür; parroci tedeschi come Martin Trimpe e religiosi come il passionista Martin Bialas. Nella lista ci sono anche il redentorista Rèal Tremblay – docente di teologia morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana e di recente nominato presidente della Pontificia Accademia di Teologia –  –, il teologo moralista Vincent Twomey – che fece la proposta di azzerare i settori di episcopato irlandese generazionalmente coinvolti negli scandali di abusi sessuali del clero –  e la coreana Jung-Hi Victoria Kim, che negli anni di studio a Regensburg realizzò sotto la guida di Ratzinger una tesi sul confronto tra la caritas in Tommaso d’Aquino e lo jen. Nella lista c’è anche padre Joseph Fessio, gesuita, editore con la sua casa Ignatius Press, che si laureò a Ratisbona con Ratzinger nel 1975, con una tesi sull’ “Ecclesiologia di von Balthasar”, e che però negli ultimi anni non è stato un partecipante così assiduo. Partecipa sempre alle riunioni anche il cardinal Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, che pure non è un ex studente di Benedetto XVI in senso stretto.

(nella foto: la Messa che Benedetto XVI ha celebrato con i suoi ex allievi lo scorso anno, il 1 settembre 2013)

 

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