Siria: aspettando padre Dall’Oglio i cristiani scompaiono

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Martedì 29 luglio si commemora nel mondo gesuitico (Parigi, Bruxelles, Milano, Roma e Verona celebreranno le messe) l’anno del rapimento di padre Paolo Dall’Oglio, di cui non si hanno più notizie da circa due mesi. I familiari nelle scorse settimane avevano scritto una lettera ai rapitori: “Chiediamo a coloro che lo detengono di dare a Paolo la possibilità di ritornare libero e di rivedere i propri familiari. Inoltre chiediamo a tutte le Istituzioni di continuare a cercare soluzioni per la sua situazione”.

I familiari del gesuita scomparso hanno chiesto ai rapitori un gesto di umanità: “Chiediamo ai responsabili della scomparsa di un uomo buono, di un uomo di fede, di un uomo di pace, di avere la dignità di farci sapere della sua sorte. Vorremo riabbracciarlo ma siamo anche pronti a piangerlo. Domani, 29 luglio, ad un anno dalla sua scomparsa, in tanti pregheremo e saremo vicino a lui, a tutti i rapiti, agli ingiustamente imprigionati e alle tante persone che soffrono a causa di questa guerra”.

E la redazione del mensile dei Gesuiti, ‘Popoli’: così lo ricorda: “Non si sa più nulla di te, caro padre Paolo. Non si sa nemmeno, con esattezza, il giorno in cui dobbiamo celebrare l’anniversario della tua scomparsa: c’è chi dice il 27 luglio, chi il 28, ma probabilmente il giorno del rapimento è il 29. Poco importa, naturalmente. Ci importa, adesso, dirti che il pensiero e la preghiera non sono mai mancati in questi 12 mesi pieni di tristezza e di ansia.

Noi crediamo, vogliamo credere, che tu sia vivo, a combattere, per quello che ti è possibile, per la pace, a gridare per il dialogo (combattere per la pace, gridare per il dialogo sono frasi che sembrano un controsenso, ma nel tuo caso ci paiono proprio azzeccate) e vorremmo mandarti, seppure a distanza, un grazie e un abbraccio. Un grazie, perché molte cose che dicevi e scrivevi (anche su Popoli) le abbiamo capite meglio in questi mesi di assenza, in cui la distanza obbliga ad andare all’essenziale.

Come avevi ragione, ad esempio, quando avvertivi che, se ci si fa guidare dai propri fantasmi, quei fantasmi poi si materializzano, irrimediabilmente. Che la paura è la madre di tutti i fondamentalisti, in un ‘circolo ermeneutico infernale’, così lo chiamavi: le paure legittimano la repressione, che crea l’estremismo, che giustifica le paure. E come avevi ragione quando prevedevi che abbandonare al suo destino la parte sana e democratica dell’opposizione siriana ad Assad avrebbe fatto trionfare i suoi oppositori più estremisti e terribili, finendo con il favorire lo stesso dittatore.

Ti abbracciamo, dovunque tu sia. Sono tempi duri per i costruttori di ponti: in Siria, in Ucraina, in Israele e in mille altri luoghi… Ma sappiamo che non basta questa consapevolezza a scoraggiarti. ‘Io ovviamente annuncerò, fino al martirio se necessario, la Buona Novella dell’amore di Gesù!’, scrivevi in un libro di qualche anno fa (Mar Musa. Un monastero, un uomo, un deserto, Paoline 2008); parole che forse dovrebbe andarsi a rileggere soprattutto chi, prima e persino dopo il rapimento, ti ha dipinto come un cristiano all’acqua di rose, un doppiogiochista al servizio dell’Islam”.

Quindi il doppio rafforzamento di re Assad e del gruppo islamico Isis ha peggiorato la situazione per i cattolici: nella provincia centrale di Homs, i combattenti dello Stato islamico avrebbero massacrato almeno 115 persone durante la conquista di un campo petrolifero nei pressi del sito archeologico di Palmyre. E l’arcivescovo di Aleppo, mons. Jean-Clément Jean Bart, ha descritto la situazione nella zona ad una delegazione di Aiuto alla Chiesa che soffre: “Prima della guerra vi erano circa 150.000 cristiani ed Aleppo era sede di numerose chiese che servivano una comunità cristiana presente in città fin dal terzo secolo.

Circa 100.000 cristiani oggi, lottano per sopravvivere, restando. Con l’inflazione al 200%, si compra poco e la Chiesa cattolica sta fornendo alle famiglie cesti alimentari di emergenza. Con la distruzione delle industrie di Aleppo, migliaia di padri si sono trovati senza lavoro e senza un reddito per consentire la minima sopravvivenza alla propria famiglia. Abbiamo fornito un supporto di emergenza, dando una somma mensile pari alla metà di un mese di stipendio. Non è molto, ma 400 famiglie cristiane beneficiare di questo sostegno finanziario e, con l’aiuto di Dio, speriamo di continuare fino a quando i padri di famiglia non trovino un  nuovo lavoro”.

Ed il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha lanciato un appello per aprire un ‘corridoio umanitario’ ad Aleppo: “Aleppo è la terza città ‘cristiana’ del mondo arabo, dopo Il Cairo e Beirut: c’erano 300.000 cristiani!.. Si soffre la fame e la mancanza di medicinali.  C’è l’orribile ricatto dell’acqua che i gruppi jihadisti tolgono alla città. E’ una guerra terribile e la morte viene da ogni parte. Passando per tunnel sotterranei, si fanno esplodere  palazzi ‘nemici’. Come sopravvivere?

Si deve fermare una strage che dura da due anni. Occorre un intervento internazionale per liberare Aleppo dall’assedio. Ci vuole un soprassalto di responsabilità da parte dei Governi coinvolti: dalla Turchia, schierata con i ribelli, alla Russia, autorevole presso Assad. Salvare Aleppo val più che un’affermazione di parte sul campo! Si debbono predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili. E poi si deve trattare a oltranza la fine dei combattimenti. Una forza d’interposizione Onu sarebbe opportuna. Certo richiede tempo per essere realizzata e collaborazione da parte di Damasco. Intanto la gente di Aleppo muore. Bisogna imporre la pace in nome di chi soffre. Una sorta di Aleppo città aperta”.

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