Il papa chiude il sinodo per l’Africa e già prepara quello per le Chiese d’Oriente

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Si chiude un Sinodo e già il papa ha in programma il prossimo. Dall’ Africa al Medio Oriente passando per Cipro. Questa mattina nella basilica vaticana ancora una messa segnata dai canti della Nigeria e dell’ Etiopia, quasi a sottolineare il passaggio di testimone. “Alzati, Chiesa in Africa, famiglia di Dio…Coraggio! Alzati, Continente africano”. Il papa ha rilanciato il grido che emerge dal Messaggio del Sinodo e dalle proposizioni che gli sono state presentate. Un grido di aiuto di chi sta per affogare e non può far altro che gridare. L’ Africa viene ogni giorno soffocata da un Occidente che la invade con un colonialismo fatto di secolarizzazione e sfruttamento. Nella omelia, il Santo Padre ha lanciato un appello alla riconciliazione e ha ribadito l’impegno della Chiesa nella lotta alla fame e nella promozione umana. Con il papa hanno concelebrato i padri Sinodali, che indossavano la casula verde donata loro dallo stesso pontefice.

La riflessione del papa ha preso spunto dalle Scritture della liturgia di oggi, dal Vangelo che racconta la storia del cieco Bartimeo che Gesù guarisce. “Il disegno di Dio non muta. Attraverso i secoli e i rivolgimenti della storia, Egli punta sempre alla stessa meta: il Regno della libertà e della pace per tutti. E ciò implica la sua predilezione per quanti di libertà e di pace sono privi, per quanti sono violati nella propria dignità di persone umane. Pensiamo in particolare ai fratelli e alle sorelle che in Africa soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate. Questi figli prediletti del Padre celeste sono come il cieco del Vangelo, Bartimeo, che “sedeva lungo la strada a mendicare” (Mc 10,46), alle porte di Gerico.” E ancora il papa ha proseguito “Dio sa, ma chiede; vuole che sia l’uomo a parlare. Vuole che l’uomo si alzi in piedi, che ritrovi il coraggio di domandare ciò che gli spetta per la sua dignità.” E come Bartimeo diventa testimone di Cristo così “questo è la Chiesa nel mondo: comunità di persone riconciliate, operatrici di giustizia e di pace; “sale e luce” in mezzo alla società degli uomini e delle nazioni. Perciò il Sinodo ha ribadito con forza – e lo ha manifestato – che la Chiesa è Famiglia di Dio, nella quale non possono sussistere divisioni su base etnica, linguistica o culturale.” Quello di Gesù e della Chies è un messggio di salvezza trasmesso “coniugando sempre l’evangelizzazione e la promozione umana.” L’ esempio è dato dalla Populorum progressio di Paolo VI . “I missionari l’hanno realizzato e continuano a realizzarlo sul campo, promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente, secondo una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie.” Insomma, spiega il papa “La globalizzazione è una realtà umana e come tale è modificabile secondo l’una o l’altra impostazione culturale.”

E la Chiesa agisce attraverso la evangelizzazione con un appello pressante alla riconciliazione, “condizione indispensabile per instaurare in Africa rapporti di giustizia tra gli uomini e per costruire una pace equa e duratura nel rispetto di ogni individuo e di ogni popolo; una pace che ha bisogno e si apre all’apporto di tutte le persone di buona volontà al di là delle rispettive appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali.” Pane e Vangelo quindi per far rinascere un popolo che è fin troppo umiliato. “Mentre offre il pane della Parola e dell’Eucaristia, la Chiesa si impegna anche ad operare, con ogni mezzo disponibile, perché a nessun africano manchi il pane quotidiano. Per questo, insieme all’opera di primaria urgenza dell’evangelizzazione, i cristiani sono attivi negli interventi di promozione umana.”

Al termine della messa il papa all’ Angelus ha ripreso il tema del Sinodo soffermandosi sulla famiglia “che anche in Africa costituisce la cellula primaria della società, ma che oggi viene minacciata da correnti ideologiche provenienti anche dall’esterno.” E poi ha aggiunto: “ E’ un Messaggio che parte da Roma, sede del Successore di Pietro, che presiede alla comunione universale, ma si può dire, in un senso non meno vero, che esso ha origine nell’Africa, di cui raccoglie le esperienze, le attese, i progetti, e adesso ritorna all’Africa, portando la ricchezza di un evento di profonda comunione nello Spirito Santo.” Poi il papa ha annunciato che “in occasione della mia Visita a Cipro, avrò il piacere di consegnare l’Instrumentum laboris di tale assise.”

Ieri nel pranzo con tutti i padri sinodali il papa aveva ringraziato tutti per il buon lavoro svolto visto che il tema “era una sfida non facile, con due pericoli, direi. Il tema “Riconciliazione, giustizia e pace” implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metanoia, senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra. L’altro pericolo è stato – proprio per fuggire da questa tentazione – quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico.

Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta, da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale. Era questo il grande problema del Sinodo e mi sembra che, grazie a Dio, siamo riusciti a risolverlo, e per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l’elaborazione del documento post-sinodale.”

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