Dov’è tuo fratello?

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La benedizione di fecondità data da Dio nel paradiso terrestre rimane effettiva anche dopo il peccato e l’espulsione. Da Adamo ed Eva, come primo figlio dell’uomo, nasce Caino. Eva, “madre dei viventi”, considera, infatti, la sua maternità come partecipazione alla potenza creatrice di Dio. Il nome Caino, dall’etimologia popolare ebraica, qanah, “acquistare”, “ricevere”, significa: “Io ho fatto un uomo con l’aiuto di Jahvè”. Dopo Caino, Eva partorisce nuovamente e chiama l’altro figlio, Abele. Il nome segna il destino: hebel in ebraico significa “alito”, “nullità”.

Il gesto religioso verso Dio, celebrato dai due fratelli, è legato a un sacrificio, quello delle primizie. I sentimenti, però, con cui fanno l’offerta, sono in opposizione. Caino, da qualche indizio, è convinto che il suo sacrificio, contrariamente a quello del fratello, non è gradito a Dio. Il sacrificio a Dio non può essere il solo gesto che dà tranquillità di coscienza a chi vorrebbe dimostrare la propria religiosità soltanto con i sacrifici esterni e non col cuore e con l’amore verso i fratelli. Questo determina in Caino un’esasperazione enorme. Il suo comportamento consente di sviluppare un’interessante riflessione teologica e psicologica. L’accettazione o la non accettazione del sacrificio dipende dalle disposizioni interiori di chi lo offre. Geloso e ribelle, Caino uccide Abele e la voce del suo sangue, subito, grida vendetta a Jahvè. L’indifferenza e il freddo gesto omicida di Caino impressionano quasi quanto la sua gelosa invidia. Alla domanda che Dio gli rivolge: Dov’è tuo fratello? Caino risponde con una contro-domanda che contiene in sé le parole più orribili che l’umanità abbia mai udito: Sono forse io il custode di mio fratello? L’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, perde così la coscienza, la ragione e il cuore. Il gesto sacrificale diventa così gesto sacrilego. Perdere il senso della custodia del fratello significa smarrire il senso ineffabile di Dio, il significato profondo della fraternità umana e le stesse ragioni del vivere. La durezza del cuore diventa sempre più prepotenza verso il prossimo, indifferenza per le sue necessità, accanimento e, perfino, assassinio in nome della legge. Il vertice di questa durezza interiore, raggiunge il suo culmine nell’assassinio in croce del Figlio di Dio, fatto in nome della legge divina.

Il gesto, l’atteggiamento, la parola e il silenzio dell’individuo senza cuore, gridano ogni giorno: Sono forse io il custode di mio fratello? Attraverso un lungo processo di gelosia, traendo occasione dall’atto religioso sacrificale, lentamente matura nell’anima il delitto fratricida. Questi delitti, realizzati nella diversità degli avvenimenti, hanno una lunga serie di tipologie.

I tanti “Caino” dell’umanità di ogni tempo, non vogliono saperne nulla del proprio fratello. Una variante, infatti, della risposta di Caino a Dio, è quella di dire al prossimo: “Tu non m’interessi”. Un uomo non può rivolgere queste parole a un altro uomo senza commettere un’atroce crudeltà e ferire la giustizia e l’amore. La vendetta è la giustizia dell’uomo senza cuore e privo di speranza. La “vendetta” del cristiano, invece, è carità senza limiti, paziente attesa di perdono nell’alveo della gioiosa speranza d’incontrare anche il fratello che pecca.

Se essere uomini, significa accorgersi che accanto a te hai dei fratelli in umanità, l’egoismo spegne nell’uomo la dimensione umana e rende ciechi, sordi, muti, incapaci di vedere, di ascoltare, di dialogare ed entrare in relazione col proprio simile per aprirsi al mistero dell’altro. L’umanità è disprezzata con i gesti inumani dell’esclusione, del mutismo, del disinteresse e dell’allontanamento per far dimenticare e annullare chi non t’interessa. La fede ci insegna che tutti siamo ugualmente figli di Dio e per questo ogni uomo deve esser visto e accolto come fratello. L’amore del prossimo è comandamento e condizione indispensabile per la salvezza.

Dinanzi a Dio, il ricco epulone è “innominato” perché rimane “non uomo”. Lazzaro ha un nome ricco di significato: Eleazar, che in ebraico significa “Dio aiuta”. Il ricco, rivestito di porpora e di bisso, è vuoto di umanità e colmo di ostentata ricchezza e pomposa apparenza. Il ricco senza nome e il povero Lazzaro sono separati dal muro della vergogna, della sconoscenza e dell’indifferenza: Tu non sei dei “miei”, tu non m’“appartieni”, tu non “m’interessi”, perciò “ tu per me non esisti”.

Nell’uomo esiste, purtroppo, il grave pericolo della schizofrenia che è atteggiamento caratterizzato dalla frattura tra ciò che si pensa, ciò che si dice e ciò che si vive. Schizofrenia da autorità o da presunta autorità. Schizofrenia da autoesaltazione con comportamento ambiguo, distante e distinto nel rapporto umano. Schizofrenia da presunzione di sapere tutto, dismettendo la veste evangelica del discepolato.

Crediamo fermamente che la sostanza del primo comandamento è l’amore, non centrale, ma totale e concreto, verso Dio. Il primato dell’amore di Dio non mortifica l’uomo che è immagine vivente di Dio, non rende sterile il cuore, spegnendovi la capacità di far fiorire l’amore umano.  Il cuore, che è la profondità personale dell’uomo e della sua esistenza, è legato a Dio come unico e assoluto e si rivela allo stesso modo aperto al prossimo. La “gelosia” divina non ammette inframmettenze né concorrenze, non blocca e non spegne l’amore verso i fratelli, anzi, lo rinvia a lui. L’amore divino non chiude il cuore né lo ripiega nell’egoismo che è la morte dell’amore. Il fratello va amato con l’attenzione, l’urgenza, la concretezza con la quale è amata la nostra stessa persona. Gesù è il modello: la croce è epifania dell’amore di Cristo per il Padre e per l’umanità. L’obbedienza al volere del Padre ha consegnato Gesù agli uomini generando la fraternità. Amare il prossimo come se stessi vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici (cf Mc 12, 28-34). Un sacrificio vero non ha valore se intende esaurire la dedizione nel gesto rappresentativo. Un simile atto di culto lascerebbe il cuore nel proprio egoismo e nell’auto compiacenza di aver partecipato a una scena sacra. L’atto di culto dev’essere espressione dell’atto di amore fraterno altrimenti è menzogna.

Adesso non ci sono più “ olocausti e sacrifici”, c’è soltanto il sacrificio di Cristo sulla croce: vera immolazione che è adorazione del Padre e carità per l’uomo. Il cuore del culto è l’Eucaristia, sacramento e, per ciò, segno efficace e reale dell’irrepetibile offerta sulla croce. Culto nuovo è la carità di Cristo al Padre, da cui fluisce quella ai fratelli, espressa nella donazione di sé. Quando nel celebrare il “culto gradito a Dio”, manca la comunione con lo spirito del Signore, anche l’Eucaristia, invece di significare la traditio di Gesù ed essere offerta pura e santa, può diventare, per chi la celebra senz’amore, “offertorio” alla maniera di Caino e può arrivare persino non solo al disinteresse, ma anche alla distruzione del fratello. Nessuno ha il diritto di calpestare o distruggere l’immagine che Dio ha impresso, con segni indelebili, nella persona umana, senza commettere un delitto fratricida. Il comandamento nuovo che ci ha donato Cristo e che a Lui ci configura e ci identifica come veri cristiani, sta in quell’imperativo sconvolgente e deificante: Amatevi come io ho amato voi.

 

 

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