L’Africa del Sinodo e del cardinale Turkson

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C’è un pensiero fisso nella mente e nel cuore di Peter “Lunedì” Appiah Turkson: l’Africa. E’ nato di lunedì e secondo la tradizione del suo paese il primo nome è quello del giorno della nascita. Il cardinale ghanese, 61 anni compiuti l’11 ottobre durante il sinodo africano, è un uomo che conosce bene i media. E non è una notizia da poco. Soprattutto in un periodo nel quale la Chiesa è così profondamente in crisi comunicativa.

L’Assemblea Sinodale ad esempio, la seconda assemblea speciale per un continente così ricco e così violentato dai colonialismi vecchi e nuovi , è stata praticamente ignorata dai media europei, italiani specialmente. Perché? In parte per una, bisogna dirlo, debole strategia mediatica dalla Santa Sede, ma soprattutto perché non si è parlato di scandali e politica.

La miopia dei media in Italia ha del tutto dimenticato che molti degli immigrati del nostro paese sono africani e conoscere meglio la realtà da cui provengono è il modo più efficace di affrontare e risolvere i problemi di convivenza. Ad esempio il cardinale ha raccontato che nel suo Ghana, ma anche in molti altri paesi, la diversità religiosa non è mai stata un problema e addirittura nella stessa famiglia ci sono fratelli cattolici, metodisti e addirittura islamici. Che vuol dire? Per Turkson sembra chiaro che l’Islam invadente e pericoloso non è quello “classico” ma il nuovo Islam politicizzato che si diffonde e si insinua negli animi dei semplici. Un fatto che riguarda tutti, non solo i cristiani. Se poi guardiamo dentro la Chiesa si scopre che uno dei problemi più gravi in Africa è quello della formazione dei fedeli e poi dei sacerdoti. Ad esempio i catecumeni vengono preparati solo con formulette da imparare a memoria. Questo significa che la loro formazione è superficiale e spesso le vecchie credenze continuano a convivere nel cuore dei neofiti. Se poi alcuni di loro scelgono di diventare sacerdoti il rischio raddoppia.

Che fare? Per il cardinale l’idea giusta è quella di fare formazione in Africa, senza mandare prima dell’ordinazione i candidati a studiare in Europa. Bisogna rafforzare i seminari locali, studiare a fondo la antropologia e filosofia africana per arrivare ad una teologia formata e formativa. Turkson da pastore di Cape coast, invita i diaconi a vivere con lui qualche mese prima dell’ordinazione, per conoscersi meglio, e per imparare a lavorare insieme. Eppure su di lui i giornali hanno scritto solo che avrebbe permesso l’uso del preservativo per sconfiggere l’Aids e che la Chiesa è pronta ad avere un papa africano. Affermazioni riportate in modo sciatto e impreciso per troppa fretta e troppo ansia di creare scandalo. In effetti il cardinale, che forse presto sarà in Vaticano il nuovo presidente di Iustitia et Pax, ha ribadito solo l’insegnamento del papa e della Chiesa sul tema Aids. Anzi, ha aggiunto che la case farmaceutiche occidentali mandano in Africa preservativi di cattiva qualità e certe Ong invitano ad usarli come unica e sicura difesa contro il virus. Così da un lato si alimenta l’idea di una soluzione “magica” contro la malattia e dall’altra si diffonde di più per la cattiva qualità dei materiali.

Un dramma per gli africani che si ammalano sempre di più. E’ l’Occidente a volere mantenere l’Africa sotto la suola delle sue scarpe. Cosa c’è da fare? Per il cardinale del Ghana bisogna soprattutto stimolare la capacità degli africani, la loro positività, la loro ricchezza, la loro africanità. Il cardinale al Sinodo scuote i suoi confratelli. Non serve piangersi addosso, si deve agire e reagire. Il Sinodo sta per concludersi. Domani verranno presentate le poco più di 50 proposizioni finali dalle quali il papa scriverà il suo documento finale. Poi tutti a casa, qualche padre rimarrà ancora in Europa per qualche conferenza, i media cattolici scriveranno qualche ultima riga e poi? Poi forse il più giovane tra i cardinali africani tornerà in Curia per continuare la gloriosa tradizione di Bernadin Gantin e Francis Arinze. Anche di loro all’inizio si era detto che sarebbero diventati i primi pontefici neri della storia. Ma è solo un fatto di colore, perché di papi africani la storia dei primi secoli della Chiesa è piena. Ma oggi siamo pronti a far tornare l’Africa a Roma?

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