Papa Francesco mette in guardia: “Rimettiamo l’uomo al centro dell’economia”

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“Succede all’uomo quello che succede al vino quando diventa grappa: passa per un alambicco organizzativo. Non è più vino, è un’altra cosa. Più utile forse, più qualificata, ma non è vino”. Così Papa Francesco, sabato, a pranzo con i partecipanti del seminario internazionale “Bene comune globale. Per un’economia sempre più inclusiva” ha descritto il riduzionismo antropologico. “Rimettere l’uomo al centro dell’economia”: è questo l’obiettivo finale di un seminario cui hanno partecipato, seduti allo stesso tavolo, agenzie ONU, multinazionali, economisti. Tutti a dire che il modello attuale di crescita e sviluppo non è stato inclusivo ed equo, che si deve fare qualcosa di nuovo.

Il seminario si è tenuto in Vaticano l’11 e 12 luglio a Casina Pio IV, nella sede della Pontificia Accademia delle Scienze, organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e dalla seconda sezione della Segreteria di Stato.

Quest’ultima, anche su spinta del Segretario di Stato, ha puntato molto sul tema. Parolin negli scorsi mesi ha incontrato anche i membri del Global Jubilee Movement, gruppi nato sulla spinta della campagna per la cancellazione del debito del terzo mondo lanciata da Giovanni Paolo II nel Giubileo che si calcola abbiano cancellato in questi anni oltre 114 miliardi di dollari di debito. A loro, e al presidente della Fondazione Jubilee degli Usa Eric LeCompte, Parolin ha dato il suo sostegno.

E glielo ha dato anche il cardinal Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, anche lui visitato dai membri della Jubilee Foundation, ma che ha avuto incontri anche con rappresentanti della World Bank, desiderosi – su spinta del presidente di World Bank, il medico coreano Kim, che pure riceve molte resistenze all’interno dell’organizzazione – di mostrarsi al fianco della Santa Sede in un rinnovato impegno per i poveri.

Ma il problema è strutturale, e il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace lo sa. Da anni batte sul tema della riforma non solo della finanza internazionale, ma di tutta la governance mondiale. Un documento del Pontificio Consiglio del 2011, che al tempo aveva suscitato un certo dibattito, parlava di una “autorità mondiale con competenze universali” per regolare i flussi dell’economia, e poneva la proposta di una tassazione dei flussi finanziari. E poi, più volte lo stesso Pontificio Consiglio aveva sottolineato che i G7, G8 e G20 non rappresentavano formalmente il mondo, erano incontri informali che  non avevano una vera e propria governance, e che si sarebbe dovuto estendere il processo di consultazione, democratizzarlo, renderlo inclusivo anche dei Paesi che forse non hanno lo stesso peso economico dei “Paesi G” ma che allo stesso tempo hanno un peso nell’economia mondiale.

Molti di quei temi sono stati ripresi nei due giorni di seminario. L’autorità mondiale con competenze universali ha lasciato il posto all’affermazione – sviscerata dal vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e della Pace, nel suo discorso introduttivo – che “un ruolo decisivo possa e debba essere svolto da forme organizzate della società civile, secondo una logica poliarchica e in attuazione del principio di sussidiarietà”.

Sono le proposte che servono a superare i tre riduzionismi alla base del “discussion paper” discusso dai partecipanti al seminario, un testo più breve del research paper preparato a cura della Segreteria di Stato, con un grande sforzo portato avanti da monsignor Neves e il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin.

I tre riduzionismi sono: vedere l’uomo come un agente economico mosso soprattutto dall’egoismo; concepire i soggetti dell’attività economica (imprese private e pubbliche) come semplici entità indirizzate a produrre beni e servizi o a massimizzare il profitto dei proprietari dei capitali; e il terzo riduzionismo si riferisce al concetto di valore in economia, un valore che spesso viene determinato sulla base del flusso dei beni e dei servizi prodotti su un territorio in una determinata unità di tempo (il Pil).

A Papa Francesco viene raccontato tutto questo al pranzo. Lui decide di concentrarsi sul primo. “L’uomo passa per questo alambicco e finisce per perdere l’umanità e diventa uno strumento del sistema, sistema sociale economico, sistema dove spadroneggiano gi squilibri. Quando l’uomo perde la sua umanità, che cosa ci aspetta? Avviene quello che a me viene di dire in un linguaggio comune: una politica, una sociologia, un atteggiamento dello scarto. Si scarta quello che non serve, perché l’uomo non è al centro”.

Il Papa ha plaudito all’iniziativa, ha sottolineato come si scartano gli anziani e ha poi messo in luce che “si scarta tutta una generazione di giovani e questo è gravissimo! Ho visto una cifra: 75 milioni di giovani, sotto i 25 anni, senza lavoro. I giovani né-né: né studiano, né lavorano. Non studiano perché non hanno la possibilità, non lavorano perché non c’è lavoro. È un altro scarto! Quale sarà il prossimo scarto? Fermiamoci in tempo per favore!”

E sulla disoccupazione giovanile ha battuto molto, durante il dibattito, Yunus, il fondatore della Grameen Bank (la banca indiana che offre microcredito ai poveri) che poer questo ha vinto il Nobel per la pace nel 2006.

Se il research paper era stato sostanzialmente lavorato da un comito scientifico italiano (gli economisti Leonardo Becchetti, Stefano Zamagni, Luigino Bruni e André Habish), poi il dibattito ha visto la partecipazione attivissima di Jeffrey Sachs (Columbia University), José Gurria (OECD), Mark Carney (Bank of England), Pascal Lamy (ex World Trade Organizaton), Sanjoy Dasgupta (Cambridge) Winnie Byanyima (OXFAM), Juan Grabois (rappresentante dei cartoneros argentini), Huguette Labelle (Transparency International) e l’attivista indiana Vandana Shiva, oltre ovviamente a Yunus. Molti dei personaggi intervenuti si sono pronunciati a favore di una lotta ai paradisi fiscali.

Il lavoro di analisi dell’OECD è stato molto apprezzato, Gurria ha lavorato moltissimo, e molti dei temi da lui sollevati sono entrati nei final statements, che sono ancora da limare e che saranno pubblicati nei prossimi giorni. In pratica, il seminario si dà l’obiettivo di stimolare il lavoro del G20 verso una riforma del sistema bancario e per l’introduzione di una tassazione internazionale della finanza; stimolare l’occupazione, e in particolare l’occupazione giovanile; promuovere degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustanaible Development Goals) che siano ambiziosi e inclusivi. E i Paesi non presenti al G20 hanno detto che, sì, va bene stimolare il consesso dei grandi della terra. Ma si deve anche promuovere una “governance” mondiale che includa tutti i Paesi. E che porti ad una economia più “umana ed inclusiva”. Un obiettivo reiterato da Papa Francesco, che da sempre è parte della Dottrina Sociale della Chiesa.

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