Finale mondiale, derby papale. Chi vincerà?

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La Germania vince sull’Argentina 2 a 1. Perché sono due le squadre tedesche che possono annoverare un Papa tra i soci onorari (Giovanni Paolo II ricevette la tessera onoraria di Schalke 04 di Gelsenkirchen e il Borussia Dortmund), mentre una sola la squadra argentina che ha un Papa tra i soci onorari, quel San Lorenzo de Almagro che ha regalato la tessera onoraria a Papa Francesco. Il quale tra l’altro non ne aveva bisogno, perché già figurava nell’albo dei tifosi soci del San Lorenzo. Chi vincerà sul campo di gioco, è tutto da vedere.

I due Papi non vedranno la partita insieme in televisione. O perlomeno è “altamente improbabile”, secondo padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Papa Francesco non ha visto la semifinale Argentina-Olanda, ma si è informato del risultato. Benedetto XVI, che si sappia, non ha seguito assiduamente la fase finale di questo mondiale. Probabilmente Papa Francesco sosterà un po’ di più sveglio, e aspetterà la fine della finale. Forse, al Mater Ecclesiae, la televisione sarà sintonizzata sulla finale, ma a vederla con occhi di tifoso e appassionato sarà soprattutto Georg Gaenswein, il segretario particolare di Benedetto XVI che già nel 2006 – raccontano convinceva il Papa a fermare il lavoro per un paio d’ore, il tempo di vedere le partite della Germania insieme.

Nel 2006 , la Germania giocava in casa, ma l’Italia vinse il Mondiale. E Benedetto XVI sottolineò che “il terzo posto è un buon risultato”, e che comunque “l’Italia è il Paese che lo ospita da tanto tempo”. Tanta sportività e diplomazia non c’è da aspettarsela da Papa Francesco, che anzi è un tifoso accanito. Tanto accanito che ha tenuto sulla sua scrivania a Buenos Aires per anni un pezzo di legno che lui aveva preso dal vecchio stadio del San Lorenzo, ora smantellato. E così tifoso che la sua amicizia con il rabbino Abraham Skorka iniziò proprio con uno sfottò calcistico.

Lo ha raccontato lo stesso rabbino in una lunga intervista ad Antonio Spadaro, direttore della rivista Civiltà Cattolica, pubblicata alla vigilia del viaggio del Papa in Terrasanta. Il 25 maggio 1999, al termine del Te Deum che autorità religiose e civili celebrano ogni anno per l’indipendenza argentina, Skorka aggirò il protocollo, per dirgli una sua impressione su un passo citato da Bergoglio in omelia. Non appena conclusi le mie osservazioni, il futuro Papa mi guardò profondamente negli occhi e mi disse: ‘Mi sa che quest’anno mangeremo zuppa di galline’”.

“Impiegai qualche decimo di secondo a rendermi conto del doloroso affronto, e a replicare virilmente: ‘Ma lei vuole la guerra!’”, confida il rabbino che descrive anche lo sconcerto del nunzio apostolico, presente all’incontro in Cattedrale. Il nunzio “stupefatto, intervenne: ‘Questa parola non può essere pronunciata in questo luogo santo’. Insistetti dicendo: ‘Vuole la guerra’. Intervenne Bergoglio, rivolto al nunzio: ‘Stiamo parlando di calcio'”. Perché il River Plate, squadra di cui era tifoso Skorka, stava facendo una pessima stagione, mentre il San Lorenzo andava alla grande. E si deve sapere che i tifosi del River Plate sono chiamati spesso “galline “ da quelli delle altre squadre argentine perché – spiegava Skorka – “per ben 18 anni, dal 1958 al 1975, hanno avuto le migliori opportunità di vincere il campionato e l’hanno sempre perso proprio alla fine”.

Benedetto XVI invece tiene per il Bayern Monaco. Quando vinse lo scudetto nel 1979-80 (Ratzinger era arcivescovo a Monaco) scrisse una lettera pastorale sul tifo calcistico paragonandolo all’amore per Dio “perché è gratuito e disinteressato”. Lo stesso Benedetto XVI riconobbe la sua passione di fronte all’attaccante della nazionale tedesca Miroslav Klose, attaccante della nazionale tedesca che ha stabilito proprio in questo mondiale il record di marcature nelle fasi finali, quando questi andò in visita da lui nel 2012, quando ancora era in forza alla squadra bavarese.

Sono due spiriti diversi che si scontrano. Sul campetto dell’oratorio, Papa Francesco ha palleggiato con Alfredo Di Stefano, la stella del Real Madrid degli anni Cinquanta e Sessanta che è scomparso proprio durante questi mondiali. Le sue memorie calcistiche riguardano le spedizioni domenicali allo stadio con la famiglia, i gol del centravanti Pontoni, la passione di “cuervo”, corvo, come vengono appunti chiamati i sanlorecisti, i tifosi del San Lorenzo.

Non sorprende che, quando il vicepresidente del San Lorenzo Marcelo Tinelli consegnò personalmente in Vaticano la rinnovata tessera di socio del club (la n. 88235), il Papa l’abbia passata al suo assistente: “Questa tienila da conto che è sacra”.

Anche il Bayern Monaco voleva dare a Benedetto XVI la tessera di socio onorario. E tra l’altro, San Lorenzo e Bayern Monaco sono accomunati dai colori sociali, il rosso e il blu, che per il San Lorenzo, squadra fondata da un salesiano, rappresentano i colori del manto di Maria Ausiliatrice.

Ma qui si parla di squadre di club, mentre la finale mondiale riguarda le nazionali. E sono due spiriti nazionali diversissimi a contrapporsi stasera. Tanto è metodica la Germania, con un sistema di gioco organizzato, tanto l’Argentina ha avuto uno spirito più anarchico, più basato sull’estro dei singoli che su una organizzazione strutturata. Spiriti nazionali che forse si possono notare anche nell’approccio al lavoro dei due Papi: Benedetto XVI precisissimo anche nel calcolare i tempi delle interviste (Peter Seewald racconta che dopo l’ora di colloquio stabilita, mentre scrivevano il libro intervista “Luce del mondo”, Benedetto XVI si fermava subito, senza andare oltre, perché era finito il tempo a disposizione), il secondo che ammette spesso di essere confusionario e una volta ha plaudito il Cardinal Maradiaga, coordinatore del Consiglio dei Cardinali, di essere “organizzatissimo”.

Eppure la nazionale argentina per raggiungere la finale ha dovuto darsi una organizzazione di gioco, si è inquadrata, nella semifinale ha giocato una partita a scacchi, per lunghi tratti brutta, cercando di contenere gli avversari piuttosto che fare spettacolo. E ora, in finale, sarà fedele al suo spirito nazionale o cercherà lo spettacolo rischiando la sconfitta?

Tutto da vedere. Chiamato a commentare i mondiali alla Radio Bavarese nel 1978 (anno in cui l’Argentina vinse la sua prima Coppa del Mondo), Ratzinger aveva sottolineato che il fascino del calcio consiste nel fatto che “esso costringe l’uomo in primo luogo a darsi un’autodisci-plina”, cosicché attraverso l’allenamento ottiene la padronanza di sé, e attraverso la padronanza di sé la superiorità e attraverso la superiorità la libertà. Il calcio insegna, inoltre, un essere insieme disciplinato e, come gioco di gruppo, costringe il singolo a inserirsi nel tutto. Il calcio unisce tutti i giocatori tramite la meta comune, e il successo e l’insuccesso di ognuno coincidono con il successo e l’insuccesso di tutti”.

È l’autodisciplina che si sono dati gli argentini per arrivare in finale, e la stessa autodisciplina che non hanno avuto i padroni di casa del Brasile, che alla fine sono arrivati quarti.

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