Anno A, XIV domenica del Tempo Ordinario

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In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Che cosa lega il Padre al Figlio e il Figlio al Padre se non lo Spirito Santo? E’ questo misterioso soffio che permette al Padre di dare al Figlio tutto se stesso. Così come è sempre lo Spirito Santo che “permette” al Padre di conoscere il Figlio e al Figlio di conoscere il Padre.

Sembra un gioco di parole e, invece, è il modo più efficace per farci capire il ruolo dello Spirito Santo in questo dialogo profondo, intimo e personale che svela il cuore dell’uno al cuore dell’altro e viceversa.

Questa relazione costruita attraverso il comune desiderio di svelarsi e rivelarsi costituisce l’essenza di ogni relazione che aspira ad essere vera e autentica. Siamo di fronte ad una relazione che ogni cristiano deve saper imitare mettendo a frutto la libertà che ci è stata concessa e che costituisce la nostra responsabilità.

Ma, per comprendere tutto questo, non occorre essere ne dotti, ne sapienti ma basta essere piccoli e scrupolosi ascoltatori del cuore di Dio. Il Padre, infatti, pur donando a tutti gli uomini la stessa opportunità noterà che le reazioni dell’uomo sono assolutamente diverse. C’è chi crede, infatti, che con la sua intelligenza, il suo conoscere, il suo sapere, il suo orgoglio di primo della classe di poter capire tutto, di essere in grado di fare tutto e, quindi, di bastare a se stesso e chi, invece, riconoscendosi piccolo, minimo e bisognoso di tutto si fa silenzioso ascoltatore della voce del Padre.

Questa voce è presente e parla nel cuore di ogni uomo ma può essere percepita solo e solo se si riesce a far tacere in se stessi quella autosufficienza che, purtroppo, caratterizza sempre di più lo stile dell’uomo di questo tempo.

L’uomo, infatti, ha creduto e crede di poter fare a meno di Dio, crede che con la sua intelligenza, il suo sapere possa conquistare ogni cosa. La realtà lo smentisce continuamente, basti pensare alle tragedie di ogni tipo che si ripetono in ogni angolo del mondo sia per cause naturali sia, purtroppo, per il comportamento scellerato di chi vuole dominare gli altri ad ogni costo.

Qui, però, interviene di nuovo Gesù e ci chiama ad andare da Lui e a farlo proprio quando siamo “stanchi e oppressi”. Gesù vuole accoglierci e darci ristoro e ci offre l’esempio. Lui, proprio Lui che si è abbassato incarnandosi; Lui che si è fatto piccolo, umile e povero è il modello da seguire.

Nella sua mitezza c’è tutto il programma di una vita che aspira a trovare ristoro all’ombra delle sue ali. Il suo, quindi, è anche un invito ad imitarlo nella concretezza della nostra esistenza abbracciandolo nei fratelli. In questo modo le cose complicate diventano semplici, le cose pesanti si fanno leggere e le amarezze della vita si fanno più dolci del miele.

Provare per credere.

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