La Santa Sede continua la strada verso la trasparenza finanziaria. Coerentemente con la sua missione

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È un percorso “coerente con la sua natura  e la sua personalità internazionale”, così come “della sua missione religiosa e morale” quello che ha portato la Santa Sede a chiedere di essere sottoposta a un processo di valutazione consensuale di MONEYVAL. Un percorso avviato sotto la guida morale di Benedetto XVI, che non a caso ha inserito la normativa antiriciclaggio del Vaticano all’interno di un più ampio motu proprio, in cui la Santa Sede condivide l’impegno portato avanti dalla comunità internazionale per sviluppare e implementare gli standard globali per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio del finanziamento al terrorismo. E – dando una prima lettura del rapporto di MONEYVAL – la Santa Sede ha portato avanti un lavoro imponente, apprezzato dagli stessi valutatori. I quali hanno notato che le procedure dello IOR erano già più avanti degli stessi parametri internazionali, nonché più avanti della prima versione della legge 127 e della nuova legge antiriciclaggio. Hanno sottolineato come la nuova legge antiriciclaggio (entrata in vigore a gennaio già con il decreto n. 159, e poi convertita in legge) abbia aderito a tutte le osservazioni dei valutatori di MONEYVAL al termine della loro prima on site visit in Vaticano a novembre. E, cosa non di poco conto, hanno considerato “largamente conforme” agli standard internazionali sia le norme vaticane in materia di segreto, sia quelle sulla cooperazione internazionale.

Vengono così sfatati il mito della segretezza vaticana, e allo stesso tempo la retorica della Santa Sede che non collabora con gli altri Stati e non risponde alle rogatorie. E a farlo è un’autorevole valutazione internazionale. Si chiamano mutual evaluation procedures, e la Santa Sede stessa ha chiesto, a febbraio dello scorso anno, di sottoporvisi. I risultati sono in un rapporto e in un executive summary che MONEYVAL – l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza delle legislazioni degli Stati membri agli standard internazionali di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo – ha divulgato alle nove e mezza di stamattina. La Santa Sede ha potuto aggiungere osservazioni al rapporto, e ha deciso di sottolineare la scelta “morale” e in aderenza alla sua “missione” di aderire agli standard internazionali. E’ un percorso di lungo periodo. E non è ovviamente un percorso semplice.

Al di là di ogni trionfalismo, ci sono ancora delle questioni da risolvere, e lo stanno a ricordare i sette punti su sedici “key and core” (cruciali) delle raccomandazioni GAFI sui cui la Santa Sede è stata valutata “non conforme” o “parzialmente conforme” (anche se è comunque da notare che nessuno Stato è mai stato trovato subito perfettamente conforme a tutti i parametri: l’Italia, ad esempio, aveva inizialmente 5 valutazioni negative). Tra questi, quello sulla customer due diligence, ovvero il controllo della clientela: la nuova legge ha colmato molti punti critici, ma restano comunque delle lacune su un punto essenziale. Da notare, però, che la Santa Sede è entrata solo da un anno in MONEYVAL, ed è stata direttamente ammessa al terzo round di valutazioni. E anche gli Stati Uniti, al terzo round di valutazioni, hanno avuto un giudizio negativo sulla customer due diligence. In totale, ricorda il comunicato stampa di Moneyval – che mette in luce le criticità, ma anche i punti di forza – sono 23 i parametri GAFI in cui la Santa Sede è stata trovata non conforme o parzialmente conforme.

Ma delineare il rapporto a partire dalle sette valutazioni “key and core” negative sarebbe comunque fuorviante. Quando si fanno delle analisi, conta il risultato globale, non i dati particolari. E il risultato globale dice che – si legge nel rapporto – “i cambiamenti occorsi con la legge hanno soddisfatto un considerevole numero di mancanze identificate nella prima legge. Le lacune che restano riguardano principalmente le richieste per un appropriato monitoraggio e verifica di relazioni d’affari e transazioni e l’implementazione del risk based approach stabilito dalla legge”.

Sono parole che spazzano via anche le polemiche interne riguardo la nuova legge, definita “un passo indietro” in un memo del cardinal Attilio Nicora, diffuso dalla stampa. Invece, il rapporto in più occasioni apprezza gli sforzi fatti dalla Santa Sede nel rivedere la 127, prendendo in considerazione tutti gli “emerging findings” del primo rapporto dei valutatori MONEYVAL dopo la visita di novembre. E’ la nuova legge che ha permesso alla Santa Sede di avere una valutazione globalmente positiva.

Il cardinal Nicora è indirettamente citato in un passaggio del rapporto. Al punto 797 si parla di un “serio conflitto di interessi” di un cardinale che è membro della commissione cardinalizia dello IOR e allo stesso tempo presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria. Evidentemente dal tenore delle osservazioni non è in discussione la persona del cardinal Nicora, ma l’incompatibilità dei due uffici.

Come sono praticamente incompatibili le due funzioni dell’Aif, allo stesso tempo FIU (Financial Intelligence Unit, unità di intelligence destinate allo scambio di informazioni interne sulle transazioni finanziarie) e organismo di vigilanza delle finanze vaticane. Se per la seconda funzione la valutazione è “non conforme”, viene invece considerata “largamente conforme” la funzione di FIU dell’Aif (raccomandazione GAFI 26). Nonostante qualche strascico polemico riguardante proprio l’Autorità di Informazione Finanziaria,  sostanzialmente i valutatori hanno reputato che la riforma non impedisce all’Aif di scambiare informazioni. Anche la questione riguardante la “retroattività” dello scambio di informazioni (l’Aif può dare informazioni solo a partire dall’entrata in vigore della legge 127 o può dare informazioni anche su questioni precedenti?) viene superata dal paragrafo 1074 del rapporto, in cui si spiega che non c’è problema da parte dell’Aif di avere accesso alle informazioni precedenti la legge e quindi di scambiarle. C’è una riforma in vista per l’Autorità di Informazione Finanziaria?

Infine, il capitolo IOR. Il rapporto è molto chiaro sin dall’inizio: non è stata una investigazione, il rapporto non guardava al passato ma al futuro e a quanto è stato fatto nel presente (il rapporto tra l’altro è praticamente una “fotografia” quanto più possibile autorevole che però non tiene conto ovviamente delle novità più recenti), e la stessa valutazione non concerne un sola e particolare istituto finanziario. Parole forse inusuali in un rapporto, ma che servono a smontare la retorica che l’aderenza agli standard internazionali si misurasse solo sullo IOR, e allo stesso tempo superano la retorica delle ispezioni subite dalla Santa Sede. Detto questo, lo IOR non solo è largamente conforme, ma – si legge al paragrafo 39 dell’executive summary – “gli ufficiali dello IOR hanno dimostrato un chiaro impegno e grande consapevolezza per quanto riguarda l’accurata implementazione degli obblighi sotto la legge antiriciclaggio. I valutatori sono stati compiaciuti di notare che le procedure interne stabilite dallo IOR sono andate, in qualche caso, oltre le richieste della legge prima degli emendamenti e delle modifiche introdotte a gennaio 2012. Le loro procedure contenevano parzialmente delle richieste che mancavano o non erano chiare nella precedente legge”. Parole che confermano quanto detto da Paolo Cipriani, direttore generale dello IOR, nel suo incontro con i giornalisti del 28 giugno scorso.

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