Lo IOR presenta il bilancio 2013. E dà il via ad una nuova era

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L’ultima richiesta per una nuova anagrafica è partita qualche giorno fa. Forse proprio in vista della riforma che attende l’Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana”. In attesa dell’annuncio dei membri del nuovo consiglio di sovrintendenza (lasciano tutti insieme il presidente Ernst von Freyberg e i membri Carl Anderson, Ronaldo Schmitz, Manuel Soto Serrano e pure il direttore generale Rolando Marranci e il suo staff), il bilancio presentato dall’Istituto delle Opere di Religione certifica la fine di un’era. Restano, in realtà, molte questioni aperte. Si parla di una nuova fase dello IOR, in cui si dedicherà solo all’erogazione di servizi, distribuzione di stipendi, e quant’altro, lasciando da parte investimenti e gestione di assets. Se davvero non ci sarà più gestione di assets, allora l’Istituto per le Opere di Religione che funzioni avrà? Che ruolo avrà nella riforma della Curia? Tutti dubbi che dovrebbero essere sciolti dal cardinal George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, che parlerà domani in conferenza stampa e spiegherà tutte le novità. Per ora, ci sono delle cifre da commentare, per comprendere quale è stato il percorso che ha fatto l’istituto sotto la gestione di Ernst von Freyberg.

Le consulenze esterne

Chiamato a prendere in mano l’Istituto in un momento difficile, von Freyberg ha subito chiamato gli esperti del Promontory Financial Group a coadiuvarlo nelle operazioni. Operazioni di “immagine”, aveva spiegato all’inizio del suo mandato, perché in fondo lo IOR non era quel covo di illeciti e di operazioni opache di cui parlavano i media. Una conclusione cui erano arrivati anche gli esperti di MONEYVAL, che avevano messo nero su bianco nel rapporto sulla Santa Sede/Stato di Città del Vaticano del luglio 2012 che persino lo standard di segretezza dello IOR era conforme agi standard internazionali. C’erano ovviamente delle cose da migliorare. Per esempio, c’era  bisogno di aggiornare l’approccio sui livelli di rischio (comunque già presente nello IOR), perché – recitava il punto 479 del rapporto – “l’approccio corrente non prende in considerazione il rischio geografico, il rischio prodotto/servizio, il tipo e la frequenza di transazioni, le attività portate avanti, i volumi operativi, il comportamento dei clienti”. Ma si trattava di normali aggiornamenti.

È questo il lavoro che sono stati chiamati a fare gli esperti di Promontory. Il costo delle consulenze straordinarie (un dato che dovrebbe riguardare anche le consulenze per la comunicazione) ha fatto crescere – secondo il bilancio – le normali spese per le operazioni di una cifra pari a 8,3 milioni di euro. E non tiene in considerazione anche le persone provenienti da Promontory o suggerite dalla compagnia, come appunto il direttore generale Marranci, chiamate all’interno dell’Istituto a portare avanti l’operazione di aggiornamento e trasparenza.

Le cifre

Gli utili dell’Istituto sono 2,9 milioni, in consistente calo dagli 86,6 milioni di euro di utile del 2012. Un calo – si legge nel comunicato – “significativamente influenzato da oneri di natura straordinaria, da rilevanti rettifiche sul valore dei fondi di investimento gestiti da terzi negoziati nel 2012 e inizio 2013, dalla forte riduzione del valore dell’oro”. Aggiunge il comunicato che “senza tali rettifiche, il risultato di esercizio sarebbe stato circa Euro

Di quali rettifiche si tratta? Nella lista c’è una “cessione a titolo di liberalità” di titoli pari a 15,1 milioni di euro in favore di una fondazione della Santa Sede. Sono probabilmente i titoli che riguardano il finanziamento dato dallo IOR alla Lux Vide su richiesta del Cardinal Tarcisio Bertone. Si trattava dell’acquisto di obbligazioni convertibili in azioni che la Lux Vide, la società di produzione cinematografica di Ettore Bernabei, aveva emesso a scadenza. L’operazione era stata approvata dal Consiglio di Sovrintendenza dello IOR. La Commissione Cardinalizia, lo scorso dicembre, ha poi approvato la conversione delle obbligazioni in azioni, e cedute a una fondazione della Santa Sede.

Altra uscita, il prestito alla diocesi di Terni, che Vincenzo Paglia, arcivescovo e ora presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha lasciato con un buco di 20 milioni di euro. Il prestito di 11 milioni alla diocesi di Terni ha subito un deprezzamento di 3,2 milioni.

E poi, si parla di “rettifiche effettuate sui fondi di investimento gestiti da terzi” per 28,5 milioni di euro, che arrivano sempre nel 2012 e all’inizio del 2013. Tra l’altro, proprio il momento in cui il pontificato di Benedetto XVI stava per terminare. E viene da pensare che ci sia stato qualcuno che abbia spinto perché si cominciasse a investire in maniera più speculativa, perché gli utili erano troppo bassi. Perché in fondo gli investimenti IOR erano sempre stati a basso tasso di rischio, come aveva spiegato anche lo stesso direttore generale Paolo Cipriani in un incontro senza precedenti con i giornalisti nel giugno del 2012.

Quale futuro per l’Istituto?

Era anche – ancora – il periodo della vacanza della presidenza del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto per le Opere di Religione. La Spencer&Stuart, società di “cacciatori di teste” tedesca aveva individuato una terna per la successione all’Istituto: Ernst von Freyberg, Joseph F. X. Zahra, Jean-Baptiste de Frannsu. La scelta, come si sa, è caduta su von Freyberg. Ma i rumor precedenti alla nomina parlavano dell’ascesa improvvisa del belga Bernard de Corte, con l’ingresso di von Freyberg in Consiglio di Sovrintendenza al posto di Rolando Schmitz. E poi, il consiglio è rimasto invariato, de Corte è uscito dai giochi, e von Freyberg è stato chiamato al difficile compito della transizione. Tra l’altro, de Frannsu – membro del Consiglio per l’Economia – è quello che sembra più accreditato di tutti alla successione di von Freyberg, mentre Zahra, già membro della Pontificia Commissione Referente sulla struttura economica amministrativa della Santa Sede e ora membro del Consiglio dell’Economia, potrebbe essere uno dei nuovi membri.

Resta da definire se ci sia un conflitto di interessi tra la loro permanenza nel Consiglio e la guida dell’Istituto, o se questi saranno legati a doppio filo. Ma il Consiglio per l’Economia deve ancora scrivere i suoi statuti, e così deve fare la Segreteria per l’Economia, che già diffonde un bollettino interno.

Certo, la riforma dell’Istituto riguarda in maniera globale tutte le finanze vaticane. E così si dovrebbero centralizzare – almeno così dicono i rumors – tutti gli investimenti in un unico organo, un Vatican Asset Management. Si dovrebbe scorporare l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, passando la sezione ordinaria nelle competenze della Segreteria per l’Economia e quella speciale in quelle del Consiglio per l’Economia, e il patrimonio immobiliare sempre nella gestione di questo Vatican Asset Management. E allo stesso modo, anche il patrimonio della Congregazione per la Dottrina della Fede dovrebbe essere gestito dal Vatican Asset Management. Più che un ministero delle Finanze, sembra si vada sempre più verso un fondo di investimento centralizzato, che dovrebbe – nelle intenzioni del cardinal Pell – semplificare le operazioni. Resta da vedere che impatto avrà nelle relazioni internazionali, e sulla sovranità della Santa Sede, la più grande garanzia di indipendenza e finanziamento sicuro per le missioni.

Ma in conferenza stampa si chiariranno anche meglio le funzioni dell’Istituto, anche in riferimento alla Banca Centrale (ruolo che sarà preso dall’APSA) che non è ancora attiva.

Sono indiscrezioni che servono a comprendere come intorno allo IOR non c’è stata solo una lotta di interessi, ma di diverse visioni. Quella più speculativa, che voleva farne una vera e propria banca; quella istituzionale, che voleva mantenerne la struttura e portare avanti un percorso di trasparenza già avviato, e plaudito dallo stesso MONEYVAL; quella invece che puntava direttamente a dismettere lo IOR, e a fare un nuovo istituto.

Vengono da queste opposte visioni le indiscrezioni sulla “banca vaticana”, persino i leaks con le anticipazioni sul bilancio. Nonostante l’utile basso, lo IOR fa uno sforzo, e “si rende disponibile a contribuire per euro 54 milioni al budget della Santa Sede”.

Lo screening dei conti

Certo, il lavoro portato avanti da von Freyberg è stato titanico. Trovatosi nel mezzo di un ciclone mediatico in cui tutta l’opinione pubblica sembrava andare contro l’Istituto, ha dovuto anche fronteggiare nel mezzo la tempesta mediatica legata al caso di Nunzio Scarano, il dipendente dell’Apsa accusato di riciclaggio di denaro sporco. Un caso soprattutto italiano (il denaro era stato intercettato al confine tra Svizzera e Italia) che aveva comunque arrecato un danno di immagine e portato a un rafforzamento del peso di von Freyberg nell’Istituto ,che ne aveva assunto la direzione generale e creato un nuovo staff anche per dare un segno di discontinuità, mentre la vecchia direzione si dimetteva per lasciare mani libere all’Istituto.

Secondo il comunicato del bilancio, la fase 1 del processo di riforma si è fondata su tre pilastri: la compliance, il focus sui clienti della Chiesa e la trasparenza.

Si legge nel comunicato che “ad oggi, lo IOR ha bloccato i conti di 1329 clienti individuali e di 762 clienti istituzionali in attesa che vengano forniti tutti i dati richiesti”. Sono circa 3000 i clienti con cui lo IOR ha chiuso i rapporti, e tra questi ci sono “circa 2600 clienti con conti da tempo non operativi e sui quali sono stati riscontrati saldi di minima entità (‘conti dormienti’)”. È la razionalizzazione delle posizioni, sotto le quali lo stesso istituto religioso magari apriva diversi conti correnti, non utilizzandoli tutti. “Inoltre, sono cessati i rapporti con 396 clienti a seguito della decisione del Consiglio di Sovrintendenza del 4 luglio di restringere le categorie di clienti dell’Istituto”. Una chiusura di conti che ha portato a un deflusso di fondi di circa 44 milioni. Ci sono poi altri 359 rapporti in eventuale chiuse

Le categorie ammesse ad operare nell’Istituto sono “solo istituzioni cattoliche, ecclesiastici, dipendenti o ex dipendenti del Vaticano, titolari di conti per stipendi e pensioni, nonché ambasciate e diplomatici accreditati presso la Santa Sede”.

Poi, c’è la questione degli investimenti, che hanno “reso necessaria una svalutazione prudenziale e straordinaria nell’esercizio del 2013. “All’inizio del mio mandato – dice von Freyberg – ho ribadito più volte che avrei perseguito con tolleranza zero ogni attività sospetta. Abbiamo attuato le nostre riforme con questo spirito e non solo abbiamo migliorato notevolmente le procedure per rendere l’istituto più sicuro e trasparente, ma abbiamo messo il suo proprietario in condizione di agire sulla base di fatti”.

Il futuro dello IOR

Ora la palla passa al cardinal Pell, che ha già stabilito un piano per il futuro dello IOR, a seguito della conferma della missione dello IOR espressa del Santo Padre. Un piano che prevede una razionalizzazione dell’Istituto, anche in vista della spending review cui è chiamata la Curia, data una carenza di fondi e la necessità di dare un nuovo assetto alle cose.

Da considerare che la riforma dello IOR si inserisce nel quadro di una riforma finanziaria molto più ampia della Santa Sede, iniziata da Benedetto XVI e portata avanti da Papa Francesco, che ha continuato senza strappi quanto fatto nella gestione precedente. La legge XVIII di ottobre hanno certificato che la Santa Sede ha preso con forza la strada della trasparenza finanziaria, e dell’aderenza agli standard internazionali. E il progress report di MONEYVAL del 2013 ha certificato la bontà della scelta. Ora si va avanti su quella strada.

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