I molisani al Papa: “Dio ci libera dal male con la mano di un amico”

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Forse, questi ultimi giorni, gli oltre ottantamila fedeli – che si sono recati in terra molisana per accogliere Papa Francesco – li hanno vissuti con il fiato sospeso, nella fervida speranza che il Pontefice riuscisse a compiere il suo quinto Viaggio Apostolico in Italia, nelle diocesi di Campobasso-Bojano e Isernia-Venafro. La preoccupazione nasceva da alcuni appuntamenti che Papa Francesco, recentemente, era stato costretto ad annullare a causa di improvvise indisposizioni. Poi le rassicuranti parole del Direttore della Sala Stampa Vaticana: “Gli impegni del Santo Padre – garantiva P. Lombardi – sono confermati”, e quello che è certamente più importante “non vi sono motivi di preoccupazione per la salute del Papa”. Fugato, così, ogni dubbio, l’accoglienza festosa dei molisani rivolta al Papa può iniziare.

Il Successore di Pietro viene accolto con l’emozione e la gioia di migliaia di fedeli (30mila, per l’esattezza), che già – fin dalle prime ore del mattino – hanno preso posto nell’ex Stadio Romagnoli di Campobasso. L’altare – dove Papa Francesco presiederà la Celebrazione Eucaristica –, spiega l’Arcivescovo di Campobasso-Bojano, Giancarlo Maria Bregantini, “è stato realizzato come una capanna dei pastori della transumanza e utilizza materiali quali «canne di bambù» (lavorate da un giovane del Senegal) per valorizzare fino in fondo la struttura. L’ambone, inoltre, è costruito dalla comunità «La valle» (realtà operante nel capoluogo e impegnata nel recupero dei tossicodipendenti) e contiene la raffigurazione di un uomo che cade nel baratro della droga ma viene sorretto dalla mano di Papa Francesco” (Sir). “Dio ci libera dal male con la mano di un amico”, è questo il significato principale rappresentato nell’allestimento del presbiterio, e, soprattutto, il messaggio centrale che i molisani vogliono rivolgere al Pontefice, riconoscendo in lui un preziosissimo “amico”. Lo sfondo del palco, infine, è rappresentato dal crocifisso di Pietracatella (considerato il più antico fra i crocifissi lignei del Molise, datato intorno al XIII secolo) che mostra “un particolare di dolore” perché carente di una mano, “quella stessa mano – precisa mons. Bregantini ai microfoni dell’agenzia Sir – dei giovani che cercano e non trovano lavoro”.

Nel corso della sua omelia, Papa Francesco ricorda ai fedeli che Dio non è indifferente alle sofferenze dell’uomo, “ma con la sua sapienza sta dalla parte delle persone fragili, discriminate e oppresse che si abbandonano fiduciose a Lui”. Noi siamo un popolo che serve Dio – afferma il Papa – in modo particolare “nella preghiera, nell’adorazione, nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza della carità”. L’icona principale che definisce la Chiesa è quella della Vergine Maria, la «serva del Signore», ed è necessario che la Chiesa impari “a diventare ogni giorno «serva del Signore», ad essere pronta a partire per andare incontro alle situazioni di maggiore necessità, ad essere premurosa verso i piccoli e gli esclusi”. Un servizio della carità, questo, la via maestra dell’evangelizzazione, che – ricorda il Papa – “siamo chiamati tutti a viverlo nelle realtà ordinarie, in famiglia, in parrocchia, al lavoro, con i vicini… è la carità di tutti i giorni, la carità ordinaria”. La Chiesa, in questo, è sempre stata attenta e in prima linea, Essa – prosegue Papa Francesco – è una “presenza materna e fraterna che condivide le difficoltà e le fragilità della gente. In questo modo, la comunità cristiana cerca di infondere nella società quel «supplemento d’anima» che consente di guardare oltre e di sperare”. Questa particolare attenzione ecclesiale risulta oggi indispensabile, soprattutto “di fronte alle situazioni di precarietà materiale e spirituale, specialmente di fronte alla disoccupazione, una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti. Quella del lavoro è una sfida che interpella in modo particolare la responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario”. E’ la dignità della persona umana – ricorda il Pontefice – che va salvaguardata e posta “al centro di ogni prospettiva e di ogni azione. Gli altri interessi, anche se legittimi, sono secondari. Perché la persona umana è un’immagine di Dio, e stata creata ad immagine di Dio, e tutti noi siamo immagine di Dio”.

La Chiesa è il popolo chiamato a servire il Signore e a sperimentare la sua liberazione, testimoniando e vivendo la libertà che Egli le dona, la vera libertà la dà sempre il Signore, “la libertà – sottolinea il Papa – anzitutto dal peccato, dall’egoismo in tutte le sue forme: la libertà di donarsi e di farlo con gioia, come la Vergine di Nazareth che è libera da sé stessa, non si ripiega sulla sua condizione […], ma pensa a chi in quel momento ha più bisogno”. Maria è “libera nella libertà di Dio, che si realizza nell’amore”. Questa è la libertà che, con la grazia di Dio, – ricorda il Successore di Pietro – “sperimentiamo nella comunità cristiana, quando ci mettiamo al servizio gli uni degli altri, senza gelosie, senza partiti, senza chiacchere… gli uni gli altri per servirci”.

E’ il Signore che ci libera dalle ambizioni e dalle rivalità che minacciano l’unità e la comunione della Chiesa, Egli “ci libera dalla sfiducia, dalla tristezza, dalla paura, dal vuoto interiore, dall’isolamento, dai rimpianti, dalle lamentele… questa tristezza è pericolosa perché ci butta giù”. “Anche nelle nostre comunità infatti – lo ricorda con schiettezza Papa Francesco – non mancano atteggiamenti negativi, che rendono le persone autoreferenziali, preoccupate più di difendersi che di donarsi. Ma Cristo ci libera da questo grigiore esistenziale, come abbiamo proclamato nel Salmo responsoriale: «Sei tu il mio aiuto e la mia liberazione». Per questo i discepoli del Signore, pur rimanendo sempre deboli e peccatori, sono chiamati a vivere con gioia e coraggio la propria fede, la comunione con Dio e con i fratelli, e ad affrontare con fortezza la fatiche e le prove della vita”.

Al termine della Messa è l’Arcivescovo di Campobasso-Bojano, Giancarlo Maria Bregantini, a rivolgere al Papa un indirizzo di saluto: “Lei, Santo Padre, ha scelto di visitare una terra poco visitata. Ora ha conosciuto questo popolo mite, una terra vivibile. Noi chiameremo beata questa sua visita, di generazione in generazione. Le mie brevi parole sono come un piccolo ponto tra quello che lei ci ha detto e quello che noi dobbiamo vivere. La carità che lei ci insegna è una parola fatta carna, la via maestra dell’evangelizzazione. E’ stato grande, oggi, Santo Padre, quando [durante il discorso nell’Aula Magna dell’Università degli Studi del Molise, ndr]  ci ha detto che la Domenica è lo spazio della gratuità e che bisogna mettere al centro di ogni prospettiva la dignità della persona umana e la cultura della solidarietà. Il lavoro è la grande sfida delle nostre terre; agli immigrati va la nostra vicinanza e la nostra preghiera. La vita va riempita dalla giustizia in fondo. Padre Santo non si stanchi mai di tenerci per mano, con la forza di Dio, per dire come Maria eccomi e d eccoci”.

Papa Francesco, conclude la Celebrazione Eucaristica, con la benedizione finale, e non riesce a nascondere un momento di commozione. Poi si reca, in auto, nella Cattedrale di Campobasso, e dopo un momento di adorazione davanti al Santissimo Sacramento e una sosta in preghiera sulle tombe dei Vescovi Alberto Romita (morto nel 1939) e Secondo Bologna (Arcivescovo di Campobasso dal 1940 al 1943, morto sotto il bombardamento della Città il 10 ottobre 1943), saluta una rappresentanza di ammalati. Un’irrinunciabile attenzione che il Pontefice rivolge – fin dai primi giorni del suo pontificato – a coloro che sono provati dalla malattia e dal dolore. Li saluta tutti personalmente, uno alla volta, porgendo una carezza o incoraggiandoli con una parola. In questi momenti particolari, Francesco non guarda mai l’orologio, lo considera probabilmente il tempo che la Chiesa è chiamata a dedicare ai più bisognosi, ai poveri e agli ammalati. Alle 13,00 Papa Francesco pranza con i poveri assistiti dalla Caritas nella “Casa degli Angeli”, e inaugura la nuova struttura caritativa della diocesi di Campobasso che verrà ribattezzata “Casa degli Angeli Papa Francesco”. Alle 14,30 si trasferirà in elicottero a Castelpetroso per incontrare, nel piazzale del Santuario dell’Addolorata, i giovani abruzzesi e molisani.

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