Le grandi religioni a Cracovia. Sant’Egidio chiede un registro sul razzismo

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Seconda giornata di lavori oggi per l’incontro interreligioso ‘Lo spirito di Assisi a Cracovia’, promosso dalla Comunità di S.Egidio e dall’arcivescovo della città polacca, card. Stanislaw Dziwisz. La città di Giovanni Paolo II è la tappa scelta per la giornata di dialogo che si svolge ogni anno dal 1987. Leader delle grandi religioni sono chiamati a confrontarsi e lo fanno in anniversario importante, a 70 anni dall’inizio della seconda guerra mondiale. Confronto, ma anche gesti come il pellegrinaggio di martedì nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Dai laboratori sono arrivate alcune proposte, come quella di istituire un registro europeo sul razzismo. Un’idea che nasce dalla constatazione che in molti paesi dell’Europa a 27, tra cui Italia, Malta, Gracia, Portogallo e Spagna, non viene tenuto un conteggio degli episodi di razzismo. Dove un simile registro esiste, come in Gran Bretagna, si è scoperto che, solo nel 2007, ci sono stati 65.736 incidenti e delitti di matrice razzista. ”E’ la variante tribale europea – ha detto Mario Marazziti di Sant’Egidio – Per fortuna esistono consolidati anticorpi culturali per riconoscere il rischio di antisemitismo rinascente, ma non esistono ancora gli anticorpi di fronte all’antigitanismo e al razzismo”, mentre ”crescono le spinte contro l’immigrazione e il richiamo a purificazioni linguistiche e a omogeneita’ impossibili nella vita delle citta’ europee”. Marazziti ha anche ricordato che ”un berlinese su sette non ha passaporto tedesco, 473.000 persone. A Francoforte uno su quattro: il 24,3% della popolazione, 164.000 persone. A Londra il 27% della popolazione e’ nata fuori dal Regno Unito, il 22% sono extracomunitari. A Barcellona il 22,7%. A Roma uno su 10, il 14,5 % a Milano. Il pluralismo e’ un fatto. La sfida e’ l’integrazione sociale. Trattare come nemici queste persone e’ autolesionismo e favorisce l’insicurezza”. ”Il meticciato – ha osservato poi il card. Sistach – e’ un fatto e lo sara’ sempre di piu’. Ma dobbiamo viverlo facendo in modo che la nostra grande cultura storica e di origine, diventi una ricchezza per tutti. E’ sbagliato negare il problema e non governare questo processo”.

L’idea, avanzata dalla Comunita’ di Sant’Egidio, prevede che ognuno dei 27 Paesi europei incarichi il proprio ufficio nazionale di statistica di raccogliere i dati sugli episodi di razzismo nel proprio Paese, da inviare poi all’Unione europea. In base a questa raccolta dati unitaria, Bruxelles deve quindi redigere un rapporto annuale complessivo, attorno al quale discutere le politiche – anche culturali – da attuare per arginare il fenomeno. ”Oggi i Paesi mediterranei, dove c’e’ sempre stata una grande tradizione di accoglienza, paradossalmente sono i piu’ lenti ad identificare gli episodi di intolleranza come tali, catalogarli come tali e affrontarli come tali”, ha detto ancora Marazziti, sottolineando come in Italia non esista un registro ufficiale. Anzi, ”spesso la reazione dei responsabili politico-istituzionali davanti a tristi episodi di cronaca e’ quella di affrettarsi a dire: ‘non si tratta di razzismo, ma di violenza generica’ ”, ha aggiunto Daniela Pompei, responsabile del settore Immigrazione e Integrazione della Comunita’ di Sant’Egidio.

L’APERTURA. Con un lungo applauso, gli oltre 500 fra rappresentanti di varie religioni, Stati, istituzioni e associazioni hanno accolto domenica 6 settembre a Cracovia il messaggio di papa Benedetto XVI, inviato al Meeting. Ad accogliere i partecipanti, Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio che ha dato il benvenuto a “tutti coloro che dalla Polonia e da tanti paesi europei, dell’Africa, delle Americhe e dell’Asia sono qui a Cracovia per pregare insieme per la pace” e ricordando le parole pronunciate nel 1986 ad Assisi da Giovanni Paolo II “la pace è un cantiere aperto a tutti” ha rilevato che senza il papa polacco “senza la sua profezia, senza la sua iniziativa oggi non saremmo qui, il cammino della pace, del dialogo e dell’unità dei cristiani e degli uomini e delle donne delle grandi religioni mondiali, non sarebbe a un livello così profondo”. Durante gli incontri Michael Schudrich, Rabbino Capo di Polonia, intervenendo alla tavola rotonda dedicata al tema “Auschwitz: non si può dimenticare”, ha detto: “Ogni volta che noi ‘zachor’, ricordiamo, allontaniamo un po’ il mondo dalla possibilità di ripetere gli orrori di Auschwitz… Perché dobbiamo ancora ricordare?. Perché ogni volta che anche un solo individuo ricorda il genocidio nazista e parla dell’Olocausto o rievoca l’assassinio di ebrei, polacchi, rom e altri, ogni volta che lo facciamo allontaniamo un po’ il rischio che ciò possa avvenire di nuovo. Ogni preghiera, ogni conferenza, ogni parola pronunciata contro ciò che è accaduto qui ad Auschwitz”, rendono “meno possibile l’eventualità che ciò accada di nuovo”. Quindi c’è bisogno di una missione per l’Europa: “edificare un nuovo umanesimo” affinché “le promesse di rinnovamento siano più forti dei germi di morte”. E’ la proposta lanciata dal card. Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura CHE intervenendo a Cracovia questa mattina alla tavola rotonda promossa “A venti anni dal 1989: quale missione dell’Europa nel mondo?”, ha evocato la crisi culturale in atto in Europa. “Quali obiettivi perseguire – ha detto il cardinale – se non sappiamo più cos’è l’uomo? Poiché è lui, e lui solo, che può aprire le vie dell’avvenire e invitarci verso un orizzonte senza frontiere, uno sguardo senza paraocchi e un amore senza barriere”. Il cardinale ha parlato di una cultura “divenuta incerta dei suoi valori” e che “inizia anche a dubitare delle sue ragioni di vivere e di sperare, senza le quali non c’è più esistenza che valga la pena di essere vissuta”. Ed ha aggiunto: “Una tale missione per l’Europa, assunta con intelligenza e coraggio in un fecondo dialogo interculturale e interreligioso, traduce una volontà di vivere solidale nella quale le promesse di rinnovamento sono più forti dei germi di morte. A venti anni di distanza, dopo tante delusioni e frustrazioni, siamo chiamati ad operare insieme per edificare un nuovo umanesimo

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