Immigrazione ed ideologia

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L’ideologia a volte fa brutti scherzi. Prima la bioetica e il diritto di famiglia, oggi l’immigrazione: l’Italia è ormai abituata a non cogliere la delicatezza di fenomeni complessi. Ogni volta, entrano in scena schieramenti contrapposti, barricate, fazioni. A perdere, come sempre, è la capacità di discutere i veri termini della questione. Sta tutta qui la debolezza della polemica che ha visto contrapposti negli ultimi giorni la Chiesa e settori della Lega Nord.

 

Da una parte, il richiamo al rispetto dei diritti di ogni persona (italiana o straniera che sia), dall’altra toni beceri che chiamano in causa addirittura la minaccia di rivedere il concordato tra Stato e Chiesa. La politica, si sa, spesso segue le sue regole. Ci sono umori dell’elettorato da considerare e strategie a breve e medio termine da curare. Eppure, nullla giustifica la deriva a cui stiamo assistendo: la regola di chi urla più forte, di chi la spara più grossa, di chi specula sulla vita delle persone.

Della sfida rappresentata dall’immigrazione la politica non parla. Tutto è ridotto a questione di ordine pubblico. E chi si permette di obiettare viene subito bollato. La stessa Chiesa difesa dalla Lega quando parlava contro i Dico e le unioni civili, viene accusata oggi di ingerenza. Situazione buffa, espressione di uno strabismo politico senza fine.

E il cuore del problema chi lo considera? Sia chiaro: nessuno in tutta onestà pensa che la risposta ai barconi di disperati sia l’apertura incondizionata delle frontiere. Allo stesso tempo, chi ha un minimo di conoscenza del fenomeno, sa che i proclami da soli non bastano, che la chiave è il rispetto del diritto, la credibilità degli accordi internazionali, la capacità di integrare, il buon senso. E su questo, spiace dirlo, i risultati non si vedono.

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