Famiglie per l’accoglienza, testimonianza d’amore di Pablo ed Elisabeth

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Pablo Boccanera Rostán è presidente in Spagna dell’Associazione Famiglie per l’Accoglienza. Lui stesso insieme alla moglie Elizabeth e le due figlie grandi, è una famiglia di accoglienza per  due bambini.

Pablo è di origine italiana, di Recanati, patria del grande Leopardi, ed Elizabeth è irlandese. La vocazione all’accoglienza viene da lontano, da quando ogni domenica guidavano per chilometri per collaborare in un Cottolengo di Don Orione nella loro natia Argentina. La loro vocazione è così forte che quando decisero di sposarsi, vista l’impossibilità di spostare tutti gli amici ed interni del Cottolengo, celebrarono il matrimonio proprio lì.
– Pablo, prima di spiegarci che cos’è l’Associazione Famiglie per l’Accoglienza, spiegaci qualcosa della tua famiglia, da dove venite, quanti figli avete, cosa vi spinse ad accogliere.

Siamo sposati da ventitré anni ed abbiamo quattro figli: due figlie di 22 e 20 anni e due piccoli in accoglienza, di 8 e 6 anni. La nostra decisione di accogliere viene dalla nostra gratitudine per quanto ci è stato donato nella nostra vita, una sovrabbondanza che abbiamo ricevuto sempre e che ci ha spinto a scoprire cosa vuol dire accogliere, specialmente dopo aver visto il camino fatto da altri, persone normali che vivevano la loro vita fino in fondo, che desideravano qualcosa in più e che non erano “alieni”. Ascoltando alcune testimonianze di famiglie abbiamo sentito questa chiamata nel nostro cuore, chiamata che non potevano lasciare senza verificare nella nostra vita.
– Come vi ha cambiato l’accoglienza, come vivete la quotidianità? I vostri piccoli sono bambini con gravi handicap ma vedete un cambiamento in loro da quando sono stati accolti, da quando vivono con una famiglia che li ama e non più in un’istituzione, anche se ottima?

Il cambiamento è stato enorme. Dopo molti anni abbiamo scoperto di nuovo cose che avevamo dimenticato (pannolini, notti senza dormire, ecc.). È stata una “rinuncia” ad una tranquillità alla quale eravamo abituati, alla quale rinunciamo sempre con fatica. Il cambiamento più grande sono stati i bambini, che hanno sviluppato, dentro i loro handicap, tantissimi aspetti. Tra questi vorrei rilevare quello affettivo, che si è così evoluto da manifestarlo con chiarezza… in un modo impressionante, che non era così all’inizio. Questo è qualcosa che si sente molto chiaramente nella famiglia. Anche se nelle istituzioni sono molto ben curati, gli input e la dinamica sono molto diversi in una famiglia.  La vita quotidiana è intensa, con medicine e orari lunghi, giorni nei quali senti molto la stanchezza, ma con una ricompensa incredibile: “Avevi fame e mi hai dato da mangiare. Avevo sete e mi hai dato da bere. Ero senza vestiti e mi hai vestito, da solo e mi hai reso visita”. Possiamo dire che, senza risparmiare il sacrificio, stiamo vivendo il compimento della promessa che Cristo ci ha fatto quando ci ha detto che chi segue Lui riceverà il cento per uno qui, ed anche la vita eterna.

– Che cosa diresti a chi difende l’odierna legge dell’aborto ed il diritto a decidere delle donne, specialmente in rapporto al supposto “danno psicologico” che può avere una donna quando scopre che è incinta di un bambino disabile? Che argomento daresti ad una donna con questo presupposto affinché non abortisca?

– Possiamo dire che questi bambini sono una testimonianza per tutta la società che oggi valuta così poco la vita umana. Quando la gente viene a sapere che abbiamo accolto questi bambini, la prima cosa che ci dice è: “Hanno guadagnato il Cielo”, come qualcosa di futuro. E noi rispondiamo che è vero, ma che lo abbiamo guadagnato qui perché averli con noi è avere un pezzo di Cielo in casa. Tempo fa, due amiche di nostra figlia di vent’anni che conoscono i bambini e che hanno un bellissimo rapporto con loro – vengono spesso a casa e li prendono in braccio, e loro ridono con queste ragazze -, dimenticando per un attimo di essere con i piccoli cercano di giustificare l’aborto nei casi di bambini disabili e dicono, “che senso ha la vita di un essere umano che non si rende conto di nulla?”. Mia figlia rispose: “Ah, come i miei fratelli!”. Rimasero senza parole. Proseguì: “La cosa migliore è dar loro la vita e se le madri non li vogliono, possono darli in adozione o accoglimento come hanno fatto le madri dei miei fratelli, che ci hanno reso molto felici”. Pochi giorni dopo una di queste ragazze confessò a nostra figlia che dopo questa conversazione aveva preso coscienza che fino a conoscere i nostri figli piccoli difendeva l’aborto, ma che adesso doveva cambiare opinione. È vero che davanti ad una realtà che s’impone, c’è bisogno soltanto di aprire gli occhi ed il cuore.

Parliamo dell’Associazione. Che cos’è l’Associazione Famiglie per l’Accoglienza, chi e è membro, chi può partecipare ad essa? Quanti soci avete, collaborate con gli enti pubblici, vi sentiti rifiutati per il fatto di essere un’associazione cattolica o, il contrario, una maggiore accettazione?
– Famiglie per l’Accoglienza è un’associazione di famiglie nata nel 1982 in Italia, presente in Spagna del 2000 a Madrid, Barcellona, Valencia e Tenerife che hanno aperto la loro casa a persone sconosciute ed in difficoltà, per condividere con loro i suoi bisogni. Sentirsi accolti ed amati è un esperienza indispensabile per la crescita integrale di una persona, e la famiglia è il primo ambito naturale di accoglienza. Una certa cultura già presente in tutta la società occidentale considera che l’esperienza familiare sia un fatto privato che si vive in un modo rinchiuso in se stesso, influendo nella sua struttura proponendo modelli individuali molto diversi a quelli che appartengono tradizionalmente ai popoli.

L’associazione vuole aiutare le persone e le famiglie a vivere in maniera concreta il valore della famiglia come luogo fondamentale di crescita e di accoglienza della persona, approfondendo il suo significato culturale e diffondendo la sua rilevanza sociale costituendo, di fatto, una rete di famiglie. Lavoriamo in collaborazione con gli enti pubblici ed altre istituzioni. Abbiamo molti soci, che sono la nostra unica sorgente di sostentamento, che fortunatamente con i loro contributi dimostrano la loro immensa gratuità. La nostra identità cristiana non e un impedimento per entrare in rapporto con le persone, anzi, è il fattore che ci permette di riconoscerci mutuamente con tutte le persone che si avvicinano a noi, uniti da Qualcuno più grande.
– Che progetti avete nel futuro dell’Associazione?

Veramente, ne abbiamo parecchi in cantiere. Il primo, che è anche un metodo di lavoro dell’Associazione, sono gli incontri tra famiglie, raggruppate per realtà (accoglimento, adozione e handicap) e con obiettivi molto concreti riguardanti ognuna di queste realtà. Il secondo: stiamo portando avanti un progetto chiamato “Questa è la tua casa”, che è stato premiato e sovvenzionato integramente dalla Fondazione Vodafone Spagna, il cui obiettivo principale è utilizzare le nuove tecnologie per promuovere l’accoglimento familiare e l’adozione, facendo che sia sempre più conosciuto e valutato socialmente, così come offrire i nuovi canali di formazione e/o accompagnamento alle famiglie che accolgono e/o adottano a livello nazionale.
Più informazione sul sito: www.familias-acogida.es

 

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