La forza della morte. La “Gloria dei vinti. Pergamo, Atene, Roma”

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Dal 18 aprile al 7 settembre 2014, al Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, è aperta la mostra di scultura antica “La Gloria dei Vinti. Pergamo, Atene, Roma”. In un’ampia sala al secondo piano vi sono una decina di possenti ed emozionanti sculture marmoree. Rappresentano alcune tra le immagini più note della storia dell’arte. Non si tratta degli dei trionfanti, di imperatori o filosofi, bensì di dolenti figure di guerrieri vinti: feriti o morenti. Le forme originarie dei loro corpi scultorei sono state riprodotte in molte altre statue non solo nell’antichità, ma anche nella pittura rinascimentale e nella scultura barocca. I “vinti” sono i Galati “il popolo più potente e bellicoso che allora viveva in Asia” – scriveva Polibio – che furono sconfitti dal re greco Attalo I nel 240 a.C. La varietà dei nomi con cui le statue sono state identificate (persiani, barbari, giganti, gladiatori, schiavi …) si spiega con l’universalità del tema trattato: l’umanità prostrata e sconfitta fino all’agonia e alla morte.

La mostra “La Gloria dei Vinti. Pergamo, Atene, Roma” è stata promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e curata dall’archeologo Filippo Coarelli; un bel Catalogo che riproduce studi e disegni del curatore è stato pubblicato da Electa. L’occasione della mostra è il quinto centenario della scoperta delle sculture che componevano il cosiddetto “Piccolo Donario Pergameno” e che sono ora esposte per la prima volta insieme. Derivano da un più antico complesso scultoreo realizzato come ex-voto per le vittorie ottenute dal re di Pergamo Attalo I (269 a.C. – 197 a.C.). La versione originale – il Grande Donario Pergameno in bronzo – si trovava sull’Acropoli di Atene. Al Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, è in esposizione permanente il gruppo del “Galata suicida”.

Complessivamente di vedono in bell’allestimento al Palazzo Altemps 17 sculture incentrate sul destino dei Galati e si propongono interessanti confronti con busti e sarcofagi di epoca romana che testimoniano la profonda influenza esercitata da questi capolavori fin dall’antichità e lungo tutto il Rinascimento su Michelangelo e poi durante il manierismo. Bellissimo il sarcofago dell’età di Marco Aurelio che riprende motivi delle sculture ellenistiche adattandoli ad una scena di battaglia fra romani e barbari. Lo stesso Sigmund Freud – che era collezionista ed antiquario – conservava nella sua raccolta una riproduzione marmorea dello “Schiavo morente” di Michelangelo, simbolo dell’umanità ferita e lacerata irreparabilmente nella sua identità.

Le figure esposte sono, per lo più, riverse a terra, ferite a morte, qualcuna con la spada in mano a testimoniare la fierezza ed il valore di un popolo ricordato per il suo coraggio dagli stessi greci e romani. La bellezza delle forme plastiche, l’aspetto eroico di questa morte e la cura dei dettagli con cui sono rappresentati i Galati sconfitti rivela il profondo rispetto da parte dei vincitori, ma al tempo stesso ha lo scopo di rendere esaltare la vittoria di Attalo I. Scrisse Polibio: «Attalo non aveva, all’inizio, altro viatico fuori della ricchezza per raggiungere il regno. Per questo dobbiamo ammirare la sua grandezza d’animo, poiché si servì della ricchezza solo per acquistare il regno, ciò che è la cosa più bella da dire. Ma egli non diede inizio ai suoi progetti solo beneficando e favorendo gli amici, ma anche con le imprese militari. Avendo vinto in battaglia i Galati, il popolo più potente e bellicoso che allora viveva in Asia, realizzò il suo potere e allora per la prima volta prese il titolo di re. Fu sempre fedele agli alleati e agli amici e morì nel corso dell’impresa più bella, combattendo per la libertà dei Greci».

Le sculture romane, identificate originariamente con “gli Orazi e i Curiazi”, furono acquistate dalla famiglia Medici. Il merito della ricomposizione delle statue e delle ricerche interpretative resta del curatore della mostra che le ha ricondotte al Piccolo Donario che riproduceva una parte del più grande e articolato ex-voto. Recentemente sono stati scoperti sull’Acropoli alcuni elementi delle basi originarie, uno dei quali è presentato in mostra.

Le copie romane giunte fino a noi rappresentano solo i vinti, ma sull’Acropoli erano raffigurati anche i vincitori, insieme alle scene mitologiche della Gigantomachia, della Amazzonomachia, della Medomachia. Fatto sta che nell’intero e plurimillenario panorama storico-artistico non ci sono immagini di vinti più note di queste in quanto traboccanti di umanità e di attonita dignità nella tragedia della sconfitta e della morte.

Tra le opere esposte, la statua di Amazzone morta, quella del Gigante morto , il Galata morente seduto a terra ed il Persiano morto: tutte provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Dal Museo Archeologico Nazionale di Venezia arrivano il Galata in ginocchio, il Galata che cade e il Galata morto . Dai Musei Vaticani e dal Louvre giungono rispettivamente il Persiano ed il Galata in ginocchio. Va ricordata – oltre al Galata suicida di cui abbiamo detto – anche l’Amazzone a cavallo con due guerrieri caduti, proveniente dalla Galleria Borghese, che, attraverso la presenza del vincitore, può restituire un’idea del mirabile donario di Atene, meraviglia del mondo ellenistico.

Nella foto: “Il Galata morente”, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

 

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