La vita di gloria che verrà

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La vita di gloria che l’uomo desidera, senza conoscerla, è quella che era “in principio” senza ombra e dramma di morte: essa è Dio. Volendo usare un’espressione di Bonhoeffer, potremmo dire che la gloria è “un al-di-là dell’al-di-qua”, cioè pienezza di vita in Dio alla quale si accede con l’obbedienza della fede. L’ingresso nella gloria non è solo data al Figlio, essa sarà un evento che riguarderà tutti. Con la morte di Gesù, la gloria del Padre, santità vivificante e inaccessibile, rimasta nascosta dietro il dramma della creazione disobbediente, dimora in tutti quelli che vivono la fede. Gesù risorto e asceso al cielo è nella casa del Padre, dove vi sono molte dimore e dove è andato a prepararci un posto: Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via (Gv 14,3). L’escatologia definitiva: “io lo risusciterò nell’ultimo giorno” e quella attualizzata: “ha la vita eterna” sono in perfetta armonia con il “già” e il “non ancora” (cf Gv 6,54).

Il brano di Giovanni 14,1-12, fa parte del discorso di congedo di Gesù dai suoi discepoli. Il contesto storico e profetico è quello dell’ultima cena, della lavanda dei piedi, dell’istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio. È il discorso in cui predice la sua passione, morte e risurrezione, in cui parla del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro.

Il turbamento degli apostoli

Continuando a esortare gli apostoli che sono in stato di turbamento, Gesù li invita a credere in lui: Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me (Gv 14,1). Si tratta di un’unica fede che ha per oggetto il Padre e il Figlio. I verbi “conoscere” e “vedere” che Gesù usa, sono quelli dell’esperienza intima d’amore: Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio (v. 7); e a Filippo risponde: Chi ha visto me, ha visto il Padre (v. 9). Il Figlio è “della stessa sostanza del Padre”. La fede consiste fondamentalmente nell’affidarsi al Padre e al Figlio. Fede e fedeltà riusciranno a far superare il trauma che li sconvolgerà. Come gli apostoli, altrettanto devono fare i discepoli di tutti i tempi. L’umanità ha avuto l’amara esperienza di avere conosciuto tanti falsi profeti dalle mirabolanti promesse, ma tutti si sono dissolti nel nulla. La tentazione di ricorrere ad altri profeti che seminano confusione e incertezza è sempre ricorrente. Solo Gesù è l’unico mediatore tra l’uomo e il Padre suo, tutti gli altri sono “ladri e briganti” (cf Gv 10,1).

Lo smarrimento di Tommaso

Tommaso gli disse: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (v. 5-6). Solo Gesù è il mediatore unico per andare al Padre. Lui solo è la Via della Verità che dona la Vita. San Paolo lo scrive a Timoteo: Uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù (1Tm 2,5). Sant’Agostino, con acuta riflessione, afferma: «In quanto uomo, Cristo è la tua via; in quanto Dio, Cristo è la tua patria. La nostra patria è verità e vita, la nostra via è il Verbo fatto carne che ha abitato fra noi» (Sermones  95,5). L’uomo, sviato dalla verità, in preda al peccato è privo di vita. Solo la conoscenza di Cristo è la via che conduce alla sublime verità che dona la vera vita. Si tratta della verità che non si riduce a puro fatto intellettuale, ma è conoscenza teologale che è ardente desiderio e piena contemplazione di Dio. Senza di lui, il cuore sprofonda nel turbamento e nelle tenebre.

L’invocazione di Filippo

Anche Filippo invoca Gesù e gli dice: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Al desiderio implorante, Gesù rispose: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre?” Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? (Gv 14,8-9).

La ricerca di Dio rischia di essere un pellegrinaggio fuorviante quando trattiamo Dio come oggetto e, attorno a una vuota immagine di lui, costruiamo un Dio che non esiste. Le immagini che Gesù usa per rivelare il mistero della vita eterna non sono sconvolgenti visioni apocalittiche o ricerche affannose di vaga trascendenza; il luogo della visione eterna della gloria non sarà luogo extracosmico alla maniera platonica, ma il cuore della Trinità. I discepoli hanno visto il Padre perché Gesù è nel Padre e il Padre è in Lui (cf Gv 5-11). Dio non è lì dove noi vogliamo che sia. Dio sta lì, dove ha voluto e vuole essere: nel roveto ardente e nell’umanità di Gesù; e, dopo la gloriosa ascensione, nella sua Parola, nell’Eucaristia all’interno della Chiesa sacramentale, suo Corpo, sua Sposa. È Cristo la vera immagine del Padre. L’umanità di Cristo è segno del Padre perché è indissolubilmente congiunta con la divinità. Cristo è il sacramento che manifesta il Padre con la sua persona, le sue opere e le sue parole. Per mezzo di Cristo, l’umanità entra in comunione con la Trinità. Cristo è la sintesi totale tra lo sconfinato cosmo visibile e lo splendore della gloria invisibile, tra il mondo inquieto e magmatico dell’uomo e il regno di Dio: regno di giustizia, di amore e di pace.

 

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