L’Ucraina unita contro un nemico comune

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«Ora a Maidan è tutto tranquillo, ma restano i segni della battaglia», così don Oleksandr Khalaym descrive ad Aiuto alla Chiesa che Soffre il clima nella piazza divenuta il simbolo della protesta ucraina. La situazione è molto diversa rispetto a due mesi fa, a quella terribile notte tra il 20 e il 21 febbraio durante la quale sono morti più di cento manifestanti. «A tener vivo il ricordo delle vittime sono state poste delle loro fotografie in diversi angoli della piazza», continua don Oleksandr al telefono da Kiev.

La cattedrale di Sant’Alessandro, che nei giorni degli scontri si era trasformata in una sorta di ospedale da campo per accogliere i feriti, è tornata alle sole funzioni liturgiche. I sacerdoti continuano ad officiare nel tendone-cappella allestito nei giorni delle proteste, ma l’atmosfera ora è più serena e la piazza più ordinata. Restano le carcasse delle auto incendiate, assieme alla paura e alla tristezza nel cuore della popolazione. «Il 24 aprile abbiamo temuto un’invasione dell’esercito russo – riferisce don Oleksandr – Alcune città, tra cui Slovyansk e Kramatorsk, sono state prese d’assedio da uomini armati, autoproclamatisi “difensori della Repubblica”, che si sono poi barricati negli asili impedendo ai bambini di tornare a casa dai loro genitori». Il sacerdote racconta che le autorità locali hanno distribuito dei volantini invitando la popolazione a non abbandonare le proprie abitazioni. «Purtroppo il governo ucraino non può intervenire perché una qualsiasi azione sarebbe interpretata come un attacco ai cittadini russofoni residenti in queste città. Anche se, a dire il vero, gli unici russi presenti sono quelli che imbracciano le armi e si servono dei civili come scudi».

«Abbiamo paura e non sappiamo quale futuro ci attende», dichiara ad ACS Suor Sofia al telefono da Kiev. La religiosa, appartenente alle Figlie del Cuore Purissimo di Maria, invita a pregare in vista delle elezioni del prossimo 25 maggio. Intanto nel centro informativo di Maidan, centinaia di giovani continuano a lasciare il proprio nome per poter servire il paese in caso di conflitto. Il centro è stato creato tre mesi fa e da qui si risponde anche alle telefonate dei cittadini in difficoltà. «Prima ad esempio – spiega don Oleksandr – hanno chiamato da una città distante 200 chilometri da Kiev per sapere come denunciare casi di corruzione». Uno dei 37 operatori del centro, ricorda i tristi giorni passati quando «abbiamo visto morire molti innocenti disarmati».
Tuttavia il dolore ha unito il paese e spinto sempre più ucraini a desiderare il cambiamento. «Se prima soltanto metà della popolazione era favorevole al movimento Maidan, ora lo è almeno il 90% – aggiunge l’uomo – La paura di una possibile invasione russa ci ha permesso di superare le nostre diverse appartenenze religiose. L’Ucraina è unita per combattere contro un comune nemico».

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