Padre Giuseppe Girotti: il beato di Dachau

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Padre Giuseppe Girotti, domenicano, morto martire in ‘odium fidei’ a Dachau il 1 aprile 1945, a 39 anni, è  stato beatificato sabato 26 aprile, ad Alba dal card. Severino Poletto, arcivescovo emerito della diocesi di Torino. Il vescovo di Alba, mons. Giacomo Lanzetti, ha tratteggiato la figura: “La virtù di Padre Girotti non ha potuto improvvisarsi eroica nei sei mesi di internamento a Dachau: essa era stata preparata e forgiata fin dagli anni dell’adolescenza e della giovinezza, nei quali si affinava il suo desiderio di conoscere la Bibbia, insieme all’edificazione di un equilibrio umano non scevro di contrasti con superiori forse più attenti alla ‘lettera’ che allo ‘spirito’.

Certo con il suo spirito egli percorreva già negli anni giovanili itinerari di conformazione al Vangelo che rinveniva nel comandamento della carità la palestra privilegiata in cui declinarsi in tempi difficili e confusi… Padre Girotti non si è tirato indietro di fronte agli immani problemi e alle drammatiche sfide del suo tempo, né ha considerato il male imperante come destinato a vincere per sempre. Pur consapevole della piccolezza della sua persona e dell’impari confronto tra il bene che gli era possibile e le atrocità del campo di Dachau, non ha esitato a fare la sua parte di evangelico bene.

Come d’altronde in precedenza, all’inizio della persecuzione contro gli ebrei, non aveva avuto dubbi sulla parte dalla quale schierarsi, pur consapevole dei rischi cui sarebbe andato incontro; né da giovane frate aveva ritenuto indegno di un intellettuale votato allo studio e all’insegnamento della Sacra Scrittura mescolarsi con i ‘poveri vecchi’ di Torino, ai quali portare il suo buonumore ed un servizio tanto modesto quanto sincero”.

Il beato Giuseppe Girotti iniziò il suo percorso in convento sulle orme di san Domenico di Guzman, fondatore dei Domenicani. Divenuto professore di Sacra Scrittura, fu sospeso dall’insegnamento per motivi disciplinari, sotto il fascismo. Dopo l’8 settembre del 1943 aiutò gli ebrei a salvarsi. Per una delazione fu consegnato alla Gestapo, il 29 agosto del 1944. Nel registro del campo di concentramento di Dachau si legge: ‘Ragione dell’arresto: aiutò gli Ebrei’. Sulla sua casacca da internato fu messo il triangolo rosso, quello riservato ai prigionieri politici. Il giorno 11 aprile 1995, a 50 anni dalla sua della morte, Israele lo ha dichiarato ‘giusto fra le nazioni’.

Nell’incipit del libro ‘La carità segreta’, scritta dal promotore delle cause dei Santi e Beati Domenicani della Provincia San Domenico in Italia, padre Massimo Negrelli, è scritto: “Dachau. Germania. 1° aprile 1945. Nell’infermeria del campo di sterminio si spegneva Giuseppe Girotti, frate domenicano. Era il giorno di Pasqua. Aveva 39 anni di età. La notizia si diffonde. Sulla sponda del suo giaciglio, una mano anonima scrive: ‘San Giuseppe Girotti’”.

Il maestro dell’Ordine dei Predicatori, p. Bruno Cadorè, nell’introduzione del libro ha scritto: “Solo la carità poteva levarsi contro la forza cieca e malefica che faceva illudere che un uomo potesse decidere dell’umanità degli altri… Offrire la propria vita e non lasciare a nessuno il potere di farsene padrone, perché in questa offerta si pone così il gesto di mendicare presso Dio la grazia di donarci la sua propria vita, resuscitata, e perciò capace di capovolgere le tenebre del male e della morte”.

Il card, Poletto ha sottolineato nell’omelia la tensione del beato all’unità dei cristiani: “La divisione dei discepoli di Gesù che si è consumata in varie epoche della storia era chiaramente rappresentata anche nella baracca 26 del campo di concentramento di Dachau, dove insieme erano prigionieri cattolici, ortodossi, protestanti e membri di altre confessioni religiose”. In quella baracca il dialogo ecumenico ‘si realizzava in modo del tutto singolare’. Infatti l’ultimo scritto del beato padre Giuseppe Girotti, recante la data del 2 gennaio 1944, è un’omelia per l’ottavario dell’Unità delle Chiese, tenuto ai sacerdoti del campo di Dachau:

“Ora incomincio ad essere discepolo di Cristo, nulla più desiderando del mondo, per trovare Gesù Cristo. Il rogo, la croce, le belve, lo spezzamento delle ossa, la dilacerazione delle membra e il maciullamento del corpo, tutto si abbatta su di me; purché fruisca il Cristo… La Chiesa di Cristo fu, è e sarà per sempre l’unico rifugio dell’umana bontà, dell’affetto, della misericordia, rifugio della verità, dei principi della sana ragione, della civiltà e della cultura, l’unico istituto che riflette perfettamente nel regno di Cristo la legge eterna…

Che cosa dobbiamo fare noi cattolici per l’unione della Chiesa? Anzitutto, pregare. Il Padre dei cieli rimetta a noi i debiti nostri, la tiepidezza nello zelare la fede, i difetti della carità che rendono fredda la fede stessa, ogni forma di fariseismo che molto si gloria delle formule ortodosse della fede, ma nella pratica molto dista dallo spirito, dai desideri, dall’imitazione del Salvatore nostro…

Dobbiamo poi con l’esempio e con la parola persuadere il popolo della verità che tutta quanta la speranza della nostra redenzione si fonda sulla grazia di Gesù Cristo, Nostro Signore, unico Mediatore e unico Salvatore del genere umano, tenendo sempre presente agli occhi della mente la figura del Redentore sulla Croce, immolato per noi…

E infine manifesto che noi ecclesiastici dobbiamo di giorno e di notte applicarci allo studio della storia ecclesiastica e della teologia… Con la preghiera dunque, con una vita vissuta santamente, con lo studio della verità si compia il nostro terreno cammino sacerdotale.

Infatti se saremo attenti ascoltatori della parola del Vangelo e ubbidienti ai precetti della Chiesa, cioè se diamo forza a quello che è debole, consolidiamo quello che è spezzato, guariamo le divisioni e dispensiamo il cibo di vita in cibo di eternità per nutrire i credenti, conseguiremo la gloria dal Signore, cioè saremo collocati nella gloria di Dio, al di sopra della quale nulla ci può essere di meglio”.

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