Nel giardino della Resurrezione

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La luce della Risurrezione è riservata a chi ha fede ed è offerta soltanto a chi sa amare d’amore grande. Crede alla Risurrezione chi partecipa al Banchetto dell’Amore. Maria di Magdala, la peccatrice alla quale è stato molto perdonato perché ha molto amato, è la prima nella fede perché è la prima nell’amore e per prima partecipa all’infinita gioia del suo ritrovato, posseduto e risorto Bene.

La ricerca

Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato ma non l’ho trovato. Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città: “Avete visto l’amore dell’anima mia?” (Ct 3,1-3).

All’alba della prima domenica, Maria di Magdala, consumata d’amore, corre ansimante al sepolcro, tomba della sua speranza. Col cuore gonfio di pianto, con le mani ricolme d’amore, vuole “imbalsamare” l’amato, quasi per preservarlo dalla corruzione della morte e potergli donare l’incorruttibilità sepolcrale. Il sepolcro è il luogo dove nessuno vorrebbe andare, soprattutto nei giorni di festa. Andare al sepolcro è la prima tappa che bisogna compiere per l’incontro con la Risurrezione. Maria corre verso il sepolcro con le mani vuote ma con il cuore ricolmo d’amore. Essa piange come ogni persona colpita dal lutto. Corre verso la triste oscurità della tomba ed è investita dalla luce radiosa di angeli in candide vesti che le chiedono il perché di quelle lacrime. Lacerata dal dolore, risponde: Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto (Gv 20,13). Finché non lo incontra Risorto, il suo pianto sa ancora di passione mortale e d’amore sensibile secondo la carne.

 

L’incontro

Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline…Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate. Ora l’amato mio prende a dirmi: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico sta maturando i primi frutti e le viti spandono profumo. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!…Mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso incantevole (Ct 2, 8-14).

Maria si volta, lo vede, ma non lo riconosce. Come può riconoscerlo vivo se ancora lo piange come morto? Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro”!  (Gv  20,15-16). “Maria!” è la prima parola che il Risorto rivolge a creatura umana. Pronunzia quel nome pieno di grazia che evoca il nome della Madre sua. Lei, la Vergine, lo aveva subito riconosciuto. La risurrezione del Figlio è già il compimento della sua Parola. Gesù, infatti, l’aveva predetto con chiarezza e con fermezza. Annunziando che il Figlio dell’Uomo doveva soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, aggiungeva che sarebbe morto, ma il terzo giorno, dalla morte sarebbe esplosa la risurrezione. La predizione di Gesù, se non era penetrata nello spirito di Maria di Magdala, era stata assimilata e vissuta nel cuore materno della Vergine Madre Maria. Lei, che per prima si era immersa nell’itinerario della fede, non aveva mai dimenticato tale predizione. Maria di Nazareth crede fermamente alle parole del Figlio e come aveva avuto piena fiducia nelle parole dell’Angelo Gabriele, così continua a credere nell’Angelo della Risurrezione. Configurata pienamente al Figlio, la piena di grazia diventa la piena di gloria.

La Maddalena ha la percezione del Risorto solo quando la sua presenza gloriosa diviene appello personale: “Maria!”. Folgorata dalla luce pasquale, il suo cuore sobbalza come sul punto d’infrangersi e, ferita d’amore, grida: “Maestro mio!”. E’ grido di riconoscimento che armonizza fede e amore. Il Signore risorto è ormai il suo cuore.

Maria e Rabbunì: due parole che riassumono l’itinerario tra il cercare e il trovare. Maria cerca il suo Signore, seriamente e appassionatamente, ma non come Risorto e lo riconosce solo quando il Maestro la chiama per nome. Cristo continua sempre a chiamare per nome chi lo ascolta con gli sguardi penetranti del cuore. Ora l’amato si rivela come il Signore glorioso nella pienezza del possesso della vita eterna. L’appassionato duetto d’amore si attua non più nel pianto angoscioso dinanzi alla tomba vuota, ma nella gioia incontenibile dello spazio luminoso della gloria: immagine della Chiesa che incontra il suo Signore! Aldilà delle prove della vita e dopo l’amara esperienza delle lacrime, la Chiesa, secondo la promessa di Gesù, giungerà al possesso della gioia piena nella gloria eterna: In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia (Gv 16,20).

 

Il possesso

Il mio amato è mio, e io sono sua (Ct 2,16). Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo (Ct 8, 6-7).

Maria vuole trattenere Gesù per gustare la presenza visibile dell’amato risorto, fonte della sua gioia e della sua rinata speranza. Gesù le dice: Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre (Gv 20,17a). Cristo deve ascendere al Padre confermando così che d’ora in poi la sua presenza permanente tra gli uomini non sarà data da occasionali apparizioni, ma dalla presenza stabile e duratura nel dono dello Spirito che può essere inviato soltanto dopo che Egli ascende al Padre. La gloria della Risurrezione-Ascensione-Dono dello Spirito è la nuova relazione di Gesù con gli uomini. Il Cristo del mistero pasquale trasforma noi uomini in suoi fratelli e, nello Spirito, il Padre suo sarà anche il “Padre nostro”: La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo (1Gv  1,3b). Riconoscere e possedere il Cristo glorificato, significa vivere in questo rapporto nuziale teandrico per essere consumati dal fuoco d’amore dello Spirito nell’unità della Trinità.

La missione

Un rumore! La voce del mio amato che bussa: “Aprimi sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto; perché il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne”…Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra; fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello. Ho aperto allora all’amato mio, ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa; L’ho cercato, ma non l’ho trovato, l’ho chiamato, ma non mi ha risposto… Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate l’amato mio che cosa gli raccontate? Che sono malata d’amore! (Ct 5, 2.5-6.8).

Dov’è andato il tuo amato, tu che sei bellissima fra le donne? Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato, perché lo cerchiamo con te? (Ct 6,1).

L’amato mio è sceso nel suo giardino fra le aiuole di balsamo, a pascolare nei giardini e a cogliere gigli. Io sono del mio amato e il mio amato è mio; egli pascola tra i gigli (Ct 6, 2,3). 

Maria di Magdala, vivendo in pienezza d’amore il passaggio dalla vita secondo la carne, ”amor carnalis”, di cui parla Tommaso d’Aquino, alla vita secondo lo Spirito, diviene la prima testimone della Pasqua. Da Gesù riceve l’ordine di andare a preparare i discepoli per quella venuta del Risorto durante la quale lo Spirito verrà donato loro per restare con gli uomini sino alla fine del mondo. L’apparizione a Maria termina quando lei si reca dai discepoli ad annunziare l’evento: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto (Gv 20,18). Maria, da peccatrice, diviene evangelizzatrice: “apostola degli apostoli”. La rivelazione sfocia nella missione che annuncia l’opera di Gesù: fare che gli uomini siano figli di Dio.

Con gli apostoli, anche noi continuiamo a chiederle: «Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via?». E lei ci racconterà che ha visto: «il sepolcro di Cristo vivente, la gloria di Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti». E poi griderà ancora in entusiasmo il suo atto di fede nel grido d’amore: «Cristo, mia speranza, è risorto; vi precede in Galilea». Insieme alla Chiesa apostolica, testimone ufficiale della certezza della Risurrezione, tra vibrazioni di Exsultet e giubili di Alleluia, noi continuiamo ad annunciare al mondo: «Sì, ne siamo certi, Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza» (Sequenza di Pasqua).

Il primo fiore della vita non è la nascita ma la Risurrezione. Solo chi risorge può dire di essere vivente. La scena della vita, infatti, non si chiude nello spazio di un sepolcro e nel tempo della storia, ma nell’eternità gloriosa e beata.

 

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