Colosseo: una Via Crucis ‘incarnata’

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Al Colosseo si è svolta la Via Crucis, presieduta da papa Francesco, con testi dell’arcivescovo di Campobasso – Bojano e presidente della Commissione della Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, mons. Giancarlo Bregantini, che nelle stazioni della Passione di Cristo ha invitato a riflettere sulle conseguenze della crisi economica, sulle storie degli immigrati, sui bambini uccisi dai tumori causati dagli incendi dei rifiuti tossici, ma soprattutto sul coraggio delle donne, che stanno ai piedi della croce irremovibili, facendo intravedere la certezza della speranza: dentro la prova, la preghiera intensa a Dio alleggerisce ogni croce personale.

Così da Cristo si apprende ad accettare le fragilità, a non scoraggiarsi per ogni fallimento: “Amabile Gesù, salisti al Golgota senza esitare, compimento d’amore, e ti lasciasti crocifiggere senza lamenti. Umile Figlio di Maria, prendesti il carico della nostra notte per mostrarci di quanta luce volevi dilatarci il cuore. Nei tuoi dolori, è la nostra redenzione, nelle tue lacrime si dipinge ‘l’Ora’ dello svelamento dell’Amore gratuito di Dio.

Sette volte perdonati, nei tuoi ultimi sospiri di Uomo tra gli uomini, ci riporti tutti al cuore del Padre, per indicarci, nelle tue ultime parole, la via della redenzione per ogni nostro dolore. Tu, il Tutto Incarnato, ti annienti sulla Croce, compreso solamente da Colei, madre, che fedelmente ‘stava’ sotto quel patibolo. La Tua sete è fonte di speranza sempre accesa, mano tesa anche per il malfattore pentito, che oggi, grazie a te, dolce Gesù, entra in paradiso”.

L’Uomo dei dolori non è lasciato solo: è aiutato da Simone di Cirene, ma soprattutto è consolato dalle donne e da sua Madre, come la donna del ‘Cantico dei Cantici’: “la morte non spezza l’amore. Perché l’amore è più forte della morte … Chi è pronto a sacrificare la sua vita per Cristo, la ritroverà. Trasfigurata, oltre la morte”.

Le donne, che in silenzio seguono il calvario di Gesù, sono come ‘fiaccole accese’, che non permettono che l’esile filo della speranza si spezzi: “Donne di fedeltà e di coraggio, che non si lasciano intimorire dalle guardie né scandalizzare dalle piaghe del Buon Maestro. Sono pronte a incontrarlo e a consolarlo. Gesù è lì davanti a loro. C’è chi lo calpesta mentre si accascia a terra sfinito.

Ma le donne sono lì, pronte a donargli quel palpito caldo che il cuore non può più frenare. Esse lo guardano prima da lontano, ma poi si fanno vicine, come fa ogni amico, ogni fratello o sorella, quando si accorge della difficoltà che vive la persona amata. Gesù è scosso dal loro pianto amaro, ma le esorta a non consumare il cuore nel vederlo martoriato, per essere donne non più piangenti, ma credenti!

Chiede un dolore condiviso e non una commiserazione sterile e piagnucolosa. Non più lamenti ma voglia di rinascere, di guardare avanti, di procedere con fede e speranza verso quel l’aurora di luce che sorgerà ancora più accecante sul capo di quanti camminano rivolti a Dio. Piangiamo su noi stessi se ancora non crediamo in quel Gesù che ci ha annunciato il Regno della salvezza. Piangiamo sui nostri peccati non confessati. E ancora, piangiamo su quegli uomini che scaricano sulle donne la violenza che hanno dentro.

Piangiamo sulle donne schiavizzate dalla paura e dallo sfruttamento. Ma non basta battersi il petto e provare compassione. Gesù è più esigente. Le donne vanno rassicurate come fece Lui, vanno amate come un dono inviolabile per tutta l’umanità. Per la crescita dei nostri figli, in dignità e speranza”. Maria e le donne che sono con lei, pur nel dolore, non perdono il coraggio di una fede che crede nella speranza e stanno ‘fisse’ ai piedi della croce, contemplando la trasfigurazione del volto ‘tumefatto’ del Figlio, credendo nel terzo giorno.

Solo loro rimangono ai piedi della croce ed, appena è data la possibilità, lavano e profumano il corpo di Gesù; solo loro sono le prime ad annunciare la Resurrezione, la vittoria della vita sulla morte; sono loro che durante il tragitto fino al Golgota con pazienza e perseveranza non hanno mai abbandonato o rinnegato davanti al ‘potere’ Chi dà la vita.

Confortato da questa presenza materna Gesù, compiendo fino in fondo la Sua missione redentrice, perdona i suoi nemici e si consegna nelle mani del Padre. In questo modo la morte in croce non è una sconfitta di Dio Padre ma diventa il trionfo dell’Amore nell’abbraccio materno di Maria:

“L’amore puro è quello duraturo. La sera è giunta. La battaglia è vinta. Ma l’amore non è stato spezzato. Chi è pronto a sacrificare la sua vita per Cristo, la ritroverà. Trasfigurata, oltre la morte… Amare fino alla fine è l’insegnamento supremo lasciatoci da Gesù e da Maria. E’ la quotidiana fraterna missione di consolazione, che ci viene consegnata in questo fedele abbraccio tra il Gesù morto e la sua Madre Addolorata”.

Solo attraverso il coraggio delle donne il sepolcro si trasforma in un nuovo giardino: “E’ questo il nuovo giardino: la croce impiantata nella terra!… Quel sepolcro rappresenta la fine dell’uomo vecchio. E come per Gesù, anche per noi Dio ha permesso che i figli di Dio non fossero castigati dalla morte definitiva. In quella morte decadono tutti i troni del male, basati sull’avidità e la durezza del cuore…

Ma il silenzio che avvolge quel giardino ci permette di ascoltare il sussurro di una brezza leggera: ‘Io sono il Vivente e sono con voi’ (Es 3,14). Il velo del tempio è squarciato. Finalmente vediamo il volto del nostro Signore. E conosciamo in pienezza il suo nome: misericordia e fedeltà, per non restare mai confusi, nemmeno davanti alla morte…”.

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