Marco Roncalli ci racconta un Santo di famiglia

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Domenica 27 aprile saranno proclamati santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Da qualche settimana è in libreria il libro ‘Papa Giovanni, il santo’, scritto dal nipote del ‘Papa buono’, Marco Roncalli, saggista e presidente della ‘Fondazione Papa Giovanni XXIII’, con la postfazione del card. Loris Francesco Capovilla, segretario particolare del pontefice.

Continuando nel dialogo l’autore ci spiega le ragioni per cui papa Francesco ha firmato il decreto per la canonizzazione prescindendo dai risultati del processo indetto dalla Congregazione per le cause dei santi per la veridicità di un secondo miracolo:“Senza bisogno di certificare il ‘secondo miracolo’, così si è ripetuto, anche se, ad essere più precisi, il cardinale Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi ha dichiarato ‘non sono stati fatti sconti, né tantomeno Papa Francesco ha esentato dal miracolo’, in realtà il papa ‘ha solo ridotto i tempi per la grande opportunità per la Chiesa intera di celebrare nel 2014 con Giovanni XXIII, l’iniziatore del concilio Vaticano II, e con Giovanni Paolo II, il realizzatore dei fermenti pastorali, spirituali e dottrinali dei documenti conciliari’ (e del resto, a detta del cardinale Amato, segnalazioni di grande interesse, accompagnate da abbondante documentazione medica, sono sempre affluite alla ‘fabbrica dei santi’)….

In ogni caso, dietro la decisione, anche questa volta c’è la volontà papale e il ricorso ad un’accoppiata. Ad ogni buon conto le ragioni papa Francesco le ha spiegate ancor prima di annunciare la canonizzazione. Già il 3 giugno scorso, ricordando la morte di Giovanni XXIII aveva detto di lui: ‘Era un uomo di governo, era un conduttore. Ma un conduttore condotto, dallo Spirito Santo, per obbedienza. Ancor più profondamente, mediante questo abbandono quotidiano alla volontà di Dio, il futuro Papa Giovanni ha vissuto una purificazione, che gli ha permesso di distaccarsi completamente da se stesso e di aderire a Cristo, lasciando così emergere quella santità che la Chiesa ha poi ufficialmente riconosciuto…

Qui sta la vera sorgente della bontà di Papa Giovanni, della pace che ha diffuso nel mondo, qui si trova la radice della sua santità in questa sua obbedienza evangelica’. Difficile all’alba del terzo millennio capire cosa possa sopravvivere davvero fra tutte le antiche ‘regole’ della ‘fabbrica dei santi’. Le tappe, l’apertura della causa, l’eroicità delle virtù, il primo miracolo, il secondo miracolo, i teologi, i medici… Già.

Difficile anche, soprattutto oggi, misurare la santità. Figuriamoci quella dei papi dell’età contemporanea (oggetto di numerosi studi), e tuttavia lasciamo affacciare la domanda: quella di papa Roncalli era grande? Una risposta affiora in una lettera del 27 marzo 1964, scritta da don Divo Barsotti: ‘Provo invidia di tanta grandezza, che è grandezza soltanto di santità. Di lui non rimarrà forse che la santità, lui stesso. Mai la Chiesa cattolica aveva dato una testimonianza così alta e così pura; forse aveva avuto altri grandi santi come lui, ma nessuno che con tanta santità la impersonasse…’.

Per poterlo fare Roncalli non è stato solo ‘santo per sé’, santo di una ‘santità solitaria’ coltivata in un segreto rapporto con Dio; o meglio, non solo questo. La sua è stata soprattutto una ‘santità pubblica’, spesa a far capire agli uomini ciò che vale nella vita e giova alla salvezza. E questo dato rivela come il riconoscimento tributatogli da Francesco non serva a lui, ma a noi invitati a vivere la meta di una santità raggiungibile, consapevoli pure che se le virtù sono esercizi umani, la santità, quella di Roncalli compresa, si deve a Dio.

Resta da interrogarsi piuttosto sul senso di questa canonizzazione, cioè insegnarci a leggere con occhi nuovi il vangelo e a calarlo nella storia. Insegnarci a farlo come lui l’ha fatto : con grande determinazione, in modo per nulla ingenuo come qualcuno sino a poco fa continuava a rinfacciare a Roncalli e alla sua capacità di cercare incontri, di vivere l’arte dell’incontro….

Come del resto lui ha fatto in tutta la sua vita,non solo da papa, prima aveva fatto nella Bulgaria ortodossa, nella Turchia caratterizzata da un contesto postislamico, quella di Ataturk, corridoio di fuga degli ebrei dalla persecuzione, nella Francia laica del dopoguerra, a Venezia o in Vaticano quando il mondo era ancora spaccato in due. Credo poi ci sia grande sintonia fra papa Francesco e Giovanni XXIIII nell’idea di Chiesa, agli occhi dell’uno e dell’altro non un museo ma un giardino”.

Il metropolita Nikodim lo ha definito ‘uno scomodo ottimista’: per quale motivo?
“Quello fu il titolo con cui le Paoline diedero il titolo alla traduzione nel 1978 al libro del metropolita Nikodim, punto di riferimento anche dell’attuale patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Un amico ortodosso che vive in Germania ha preparato una nuova edizione in russo per la canonizzazione a partire dall’edizione del 1978. In un messaggio mesi fa mi ha scritto: ‘Spero e prego che questo libro unico un giorno possa aprire i cuori dei nostri fratelli ortodossi, per la grande eredità spirituale di Papa Giovanni XXXII’. Mi pare offra la spiegazione alla sua domanda. Aggiungerei che quel libro di Nikodim è stato oggetto di attenzione in diversi colloqui recenti fra il patriarca Kirill e diversi porporati e vescovi”.

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