Papa Wojtyla, conpartecipe del rinnovamento della Chiesa

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Che molte altre cose, dopo il Concilio Vaticano II, stavano iniziando a cambiare nella Chiesa lo si comprese nei giorni immediatamente successivi all’elezione a Sommo Pontefice di Giovanni Paolo II. Il nuovo Vescovo di Roma – dopo aver rotto l’antico protocollo, che richiedeva al Papa, appena eletto, di benedire la folla radunata a Piazza San Pietro “senza aggiungere altre parole” – continuò a muoversi tra le mura leonine con la stessa disinvoltura e la semplicità vissuta da Vescovo di Cracovia. Il 23 ottobre del 1978, per esempio, – il giorno dopo l’inaugurazione ufficiale del suo pontificato – Karol Wojtyla ricevette in udienza quattromila polacchi venuti da ogni parte del mondo. Fu in quell’occasione che avvenne lo storico abbraccio tra Giovanni Paolo II e il card. Wyszyński, Primate di Polonia e amico di Wojtyla… in ginocchio, l’uno di fronte all’altro, tra gli applausi della folla. Prima che iniziasse l’udienza, Giovanni Paolo II – non senza destare stupore tra i collaboratori del nuovo papa – chiese di prendere parte alla grande colazione organizzata nel refettorio della Casa di Santa Marta per i vescovi, i sacerdoti e i laici polacchi (circa settanta persone) venuti a salutarlo. Spostò con le sue mani il tronetto preparato per il papa, decidendo di sedersi su una sedia comune.

Questi, insieme a tanti altri, – già dal ’58 con Giovanni XXIII fino ai giorni nostri con Francesco – sono i dettagli di un ministero petrino deciso ad entrare nell’esperienza di vita quotidiana di ogni fedele, superando le rigidità del protocollo pontificio (imposto – come accade per ogni aspetto della realtà sociale – dalla storia e non da una precisa volontà gerarchica) per incontrare il cristiano nel mondo.

Quando Wojtyla entrò per la prima volta nel suo nuovo appartamento, portava con sé una valigia in similpelle e una sacca di tela grezza. Si racconta anche (cf. “Il pastore venuto da lontano”, Stefano De Andreis – Marcella Leone) che “dopo l’elezione, da Cracovia gli arrivò un piccolo ritratto in argento della Madonna Nera di Czestochowa, la patrona della Polonia, che teneva già nella sua cameretta all’arcivescovado. Con un chiodo scovato chissà dove, cercò di appenderla al muro, battendo con un pesante fermacarte di bronzo che sta, forse, da secoli, sul tavolo dello studio privato del Papa, accanto alla stanza da letto. Ma fu scoperto da padre Magee, che gli strappò letteralmente di mano l’immagine, facendogliela poi ritrovare poche ore dopo appesa in una elegante teca di velluto rosso”.

Con Giovanni Paolo II, oltre alla sedia gestatoria scomparve anche il plurale majestatis – usato dalle autorità civili o religiose in veste ufficiale o in contesti istituzionali – proseguendo così su quel cammino di riavvicinamento al popolo già avviato da Papa Luciani, che il giorno dopo la sua elezione, il 27 agosto del 1978, durante l’Angelus, si rivolgeva ai fedeli utilizzando la prima persona singolare: “Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere…”.

Si potrebbero raccontare centinaia di episodi legati non solo alla figura di Giovanni Paolo II ma a quella dei sette pontefici che da Papa Roncalli a Bergoglio hanno contribuito al rinnovamento della Chiesa Cattolica. Punto fermo di tale rinnovamento (per cui abbiamo ricordato solo gli ultimi sette pontefici del ‘900) è il Concilio Vaticano II. E’ a partire da questo particolare avvenimento ecclesiale, infatti, che ci è possibile registrare il cosiddetto “cambiamento” della Chiesa, che noi – spesso a torto – tendiamo a far coincidere con una sola persona, un solo papa! Del resto anche la storia sacra raccontata nella Bibbia descrive due ambiti storici ben precisi (Antico e Nuovo testamento), entrambi importanti e preziosi di fronte a Dio; perché, a poco a poco, attraverso la pedagogica autorivelazione di Dio, a “cambiare davvero” fosse il cuore dell’uomo!

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