Venezuela, comincia il dialogo. Il Papa e Parolin mandano una lettera

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L’intervento della Santa Sede era stato richiesto da tutti, dai vescovi del Venezuela al presidente del Paese Nicolas Maduro. E alla fine è arrivata una lettera di Papa Francesco, cui ha fatto seguito una missiva del Segretario di Stato Pietro Parolin, letta l’11 aprile all’inizio dei dialoghi di pace dall’attuale nunzio in Venezuela Aldo Giordano. La Santa Sede preferisce non intervenire in maniera netta in un dialogo tra opposte fazioni in cui è difficilissimo intervenire. Se Papa Francesco si affida alla “diplomazia della preghiera”, il suo Segretario di Stato aspetta il momento opportuno per muoversi.

È una lettera personale, quella inviata dal Segretario di Stato. È stato nunzio in Venezuela per quattro anni, conosce il Paese, confessa che il suo cuore “sta con i venezuelani”, spiega che no, non può essere purtroppo presente fisicamente alla riunione di oggi, però riafferma “la sua disponibilità a prendere parte personalmente a qualche altro momento di questo cammino che ora è iniziato”.

Papa Francesco aveva mandato una lettera il 10 aprile, proprio all’inizio del percorso di dialogo. Aveva ringraziato per “l’invito rivolto alla Santa Sede a partecipare al processo di dialogo di pace per il Vostro carissimo Paese,” assicurando a tutti la sua preghiera, perché “l’incontro ed il processo che state intraprendendo portino i frutti desiderati di riconciliazione nazionale e di pace, doni che invochiamo da Dio per tutto il popolo venezuelano”.

La lettera è indirizzata al presidente Nicolas Maduro Moros (che era stato ricevuto a giugno dal Papa argentino in Vaticano, mentre a novembre Bergoglio ricevette lo sfidante di Maduro alle ultime elezioni, Henrique Capriles), agli “Onorevoli membri del Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela”, agli “Onorevoli Rappresentanti della Mesa de Unidad Democrática” e agli “Onorevoli Cancellieri dell’UNASUR”.

“Sono consapevole – aveva proseguito il Papa – dell’inquietudine e del dolore vissuti da tante persone e, mentre esprimo preoccupazione per quanto sta accadendo, rinnovo il mio affetto per tutti i venezuelani, in particolare per le vittime delle violenze e per le loro famiglie. Sono profondamente convinto che la violenza non potrà mai portare pace e benessere ad un Paese, poiché essa genera sempre e solo violenza”.

E il Papa aveva chiesto dialogo, perché “nel rispetto e nel riconoscimento delle differenze che esistono tra le Parti, si favorirà il bene comune”. Il Papa concludeva la lettera – anche questa letta dal nunzio in Venezuela Giordano – invitando “a non fermarVi alla congiuntura conflittuale, ma ad aprirVi vicendevolmente per divenire ed essere autentici operatori di pace. Al cuore di ogni dialogo sincero c’è, anzitutto, il riconoscimento e il rispetto dell’altro. Soprattutto c’è l’”eroismo” del perdono e della misericordia, che ci liberano dal risentimento, dall’odio e aprono una strada veramente nuova. Si tratta di una strada lunga e difficile, che richiede pazienza e coraggio, ma è l’unica che può condurre alla pace e alla giustizia. Per il bene di tutto il popolo e per il futuro dei Vostri figli, Vi chiedo di avere questo coraggio”.

È sicuramente qualcosa di meno dell’intervento di mediazione diplomatico da parte della Santa Sede sperato in Venezuela e richiesto anche dal card. Urosa Savino, il massimo esponente di una Chiesa venezuelana da sempre impegnata nel dialogo e nella pacificazione di un Paese che, dalla morte di Hugo Chavez, ha subito una escalation negativa in termini di pace sociale e una crisi economica senza precedenti.

Già quando il presidente Maduro andò in visita da Papa Francesco lo scorso 17 giugno, la linea della Santa Sede era attendista. “Ci sentiamo di escludere subito che il Papa possa essere coinvolto in una “mediazione” fra questi due settori, come si prospetta in alcuni articoli: i sostenitori del Presidente Maduro e i sostenitori del leader delle opposizioni Henrique Capriles, che contesta la correttezza dei risultati elettorali della consultazione presidenziale dello scorso 14 aprile”,  aveva scritto il sito di informazione religiosa Il Sismografo.

La situazione però è andata costantemente peggiorando, e il dialogo tra le opposizioni sembrava impossibile. Anche se le stesse opposizioni hanno guardato con attenzione alle parole del Papa. Lo scorso 21 aprile, Papa Francesco lanciò un appello per la pacificazione in Venezuela, invitando, il caro popolo venezuelano, in modo particolare i responsabili istituzionali e politici, a rigettare con fermezza qualsiasi tipo di violenza e a stabilire un dialogo basato sulla verità, nel mutuo riconoscimento, nella ricerca del bene comune e nell’amore per la Nazione. Chiedo ai credenti di pregare e di lavorare per la riconciliazione e la pace. Uniamoci in una preghiera piena di speranza per il Venezuela, mettendola nelle mani di Nostra Signora di Coromoto”.

Quest’appello del Papa ebbe subito l’adesione via Twitter sia di N. Maduro sia di H. Capriles. Tutti e due s’impegnarono a non far precipitare la situazione, precaria ed esplosiva, ribadendo di volere solo il bene del Paese.

A quasi un anno dall’appello del Papa, si apre un nuovo tavolo di dialogo. Nell’incomunicabilità tra le opposizioni, la linea della Santa Sede è quella di un accompagnamento dolce verso il dialogo, senza nessun intervento forte di mediazione diplomatica. È la linea della prudenza, per evitare una nuova escalation di scontri.

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