Obama e Francesco. L’America delle contraddizioni con la Chiesa degli ultimi

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C’è da stare certi che Papa Francesco qualche parola ad Obama sugli “indocumentados” la dirà. E non a causa dei corposi dossier dei vescovi americani, tutti tesi a difendere i tanti senza documenti che varcano la frontiera con qualifiche di lavoro basse e che rischiano ogni giorno di essere deportati, separati da famiglie e figli che sono nati negli Stati Uniti, e per questo ne sono cittadini. È stata piuttosto una bambina di 10 anni, Jersey Vargas, a toccare ieri il cuore di Papa Francesco, regalandogli tra l’altro un fazzoletto cucito da sua madre, con le parole: “La famiglia è una culla”.

Jersey Vargas è stata scelta dalla delegazione di 17 persone, rappresentanti di varie associazioni messicane che difendono gli immigrati senza documenti. È la terza di cinque figli, nati negli USA. Ma suo padre aveva varcato la frontiera senza documenti. Al momento è detenuto in una prigione dell’Indiana, e potrebbe presto essere deportato nel Messico, senza possibilità di ritorno. È così che le leggi sull’immigrazione USA distruggono la famiglia.

I vescovi USA ne sono consapevoli. Guidati da mons. Josè Gomes, arcivescovo di Los Angeles e lui stesso immigrato, hanno chiesto a gran voce la riforma della legge sull’immigrazione. Di recente hanno prodotto un documento, che fissa in 60 mila il numero dei bambini “indocumentados” che hanno presumibilmente varcato la frontiera. Mentre altre cifre parlano di 31 mila deportati nell’ultimo anno dall’amministrazione Obama.

Tra le richieste, anche quella di una riforma sanitaria che sia “comprehensive”. Perché l’Obamacare, che pure si propone di assicurare assistenza sanitaria per tutti, in realtà lascia fuori dai giochi proprio i più deboli, ovvero quanti non sono ancora riusciti ad ottenere la cittadinanza. E quanti non ottengono la cittadinanza non hanno diritto a un avvocato. Perché tutti hanno diritto a un avvocato, ma gli stranieri non regolari non hanno diritto a un avvocato d’ufficio a carico dello Stato. E in genere non si possono permettere un avvocato. Il 97 per cento di loro perde le cause.

E di certo questo è un tema che entrerà prepotentemente in agenda. Papa Francesco parlerà ad Obama della piccola Jersey Vargas, mentre il card. Pietro Parolin, segretario di Stato, dovrebbe mettere la questione sul tavolo insieme a molte altre che scuotono i vescovi USA. Che sono poi i campi di battaglia tradizionali dell’episcopato statunitense: libertà religiosa, obiezione di coscienza, temi della vita. Ma anche temi sociali, richiesta di superare il divario tra ricchi e poveri, proposte per una economia che non sia solamente liberale.

Un tema che Papa Francesco ha affrontato nella sua esortazione “Evangelii Gaudium”, quando ha parlato in termini critici della teoria economica del gocciolamento. Forse ne riparlerà davanti a Barack Obama.

Il quale, da parte sua, non solo ha detto di stimare il Pontefice, ma ha citato proprio l’esortazione apostolica in un discorso dello scorso dicembre, tutto dedicato alle ineguaglianze sociali.

In quell’occasione, Obama sottolineò che “nel mondo sviluppato, l’ineguaglianza è cresciuta. Alcuni di voi avranno visto appena la scorsa settimana il Papa stesso parlarne in maniera approfondita.” .” E poi ha citato l’Evangelii Guadium: “Come è possibile che non è notizia quando un senzatetto muore di freddo ed è una notizia quando la borsa perde due punti?”

E negli Stati Uniti sono stati pubblicati anche articoli che dimostrano come l’attivismo di Obama per gli ultimi vengano direttamente dal cattolicesimo. Protestante praticante, Barack Obama sembra però avere una agenda sociale più tarata sui principi della “sinistra” americana. E il fatto che siano stati ascritti al cattolicesimo dimostra un po’ come il dibattito sia “drogato” negli Stati Uniti. Per i suoi appelli sociali, Papa Francesco piace molto alla sinistra del Paese, che addirittura spera un cambio di rotta sul tema dei divorziati risposati (molti cattolici lo sono) e sui matrimoni dello stesso sesso.

Non succederà, né da parte di Papa Francesco, né da parte delle Chiesa statunitense. Anzi. Quando i giudici USA avevano sovvertito la scelta referendaria dei cittadini Utah e Oklahoma in favore del matrimonio tradizionale, e imposto agli Stati di celebrare nozze gay, cinque diverse religioni negli Usa, la Conferenza Episcopale in testa, hanno fatto ricorso con i governatori dei due Stati. Mettendo in luce argomenti raffinati e precisi. Ai giudici USA che ritenevano che le religioni non potessero nemmeno avere una pubblica opinione sui matrimoni, perché sarebbe stata una ingerenza, le cinque sigle religiose hanno risposto che le religioni non si occupano solo di organizzare riti e preghiere. La vera libertà religiosa implica che possano scendere in campo e dire la loro, in base alle rispettive dottrine, anche quando si tratta della dottrina sociale e delle leggi. Su molte leggi dello Stato le religioni hanno un’opinione, e i cittadini religiosi votano tenendo conto anche della loro fede. Se il loro voto potesse essere annullato come tentativo d’imporre un punto di vista religioso ai non credenti non solo finirebbe la libertà religiosa, ma anche la democrazia. In fondo, la maggioranza degli americani nei sondaggi si dice religiosa e afferma di tenere presente la religione anche nelle sue scelte politiche. Questo renderebbe dunque i voti delle persone credenti nulli?

La guerra per la famiglia è solo una delle tante che vengono combattute negli Stati Uniti. Obama sa che, al di là della popolarità, dovrà affrontare un Papa Francesco particolarmente determinato su alcuni temi. Troveranno delle sponde sul tema della cultura dell’incontro, meno punti di contatto sui temi economici. In linea di principio si diranno d’accordo sulla necessità di accorciare il divario tra ricchi e poveri, praticamente serviranno anche denunce forti da parte della Chiesa e un governo meno socialista nelle intenzioni.

Così, il Papa dei poveri incontra oggi l’America delle contraddizioni. Non si è parlato dei temi della vita umana, e forse non ci sarà nemmeno un “focus” sul tema, come invece c’era stato nel 2009, quando Obama, in visita da Benedetto XVI, si vide recapitare in dono una copia della “Dignitatis Humanae”. Questo non succederà stavolta. Ma forse saranno i vescovi americani a prendere una posizione forte sui grandi temi. Considerando che gli indocumentados lo hanno già fatto. E oggi, mentre Obama passerà da via della Conciliazione, i 17 delegati pro indocumentados faranno una protesta che sia visibile per il presidente USA. Perché capisca che una nuova legge sull’immigrazione è necessaria.

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