Santa Sede, Australia e Cipro, intesa sull’ antiriciclaggio

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L’Autorità di Informazione Finanziaria, l’organismo di controllo delle finanze vaticane, continua il suo percorso di rafforzamento nel quadro internazionale. Lo scorso 21 febbraio è stato siglato un “protocollo di intesa” (Memorandum of Understanding”)  con la sua controparte australiana, la Australian Transaction Reports and Analysis Centre (AUSTRAC). All’inizio della settimana, ai margini degli incontri dei gruppi di lavoro Egmont che si sono tenuti a Budapest, Ungheria, è stato siglato anche un protocollo di intesa con la MOKAS, ovvero l’Unità di Contrasto al Riciclaggio di Cipro.

Si tratta – afferma René Bruelhart, direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria – “di un forte impegno da parte della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano di combattere il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo in maniera pro-attiva e a livello globale”.

I protocolli di intesa sono una pratica standard che formalizza la cooperazione e lo scambio di informazioni finanziarie tra le autorità competenti di entrambe le nazioni firmatarie. Si basa su un modello base preparato dal Gruppo Egmont, la sigla che include le Unità di Informazione Finanziaria di tutto il mondo.

L’Aif ha già firmato protocolli di intesa con varie nazioni, tra le quali Stati Uniti, Germania e Italia.

La notizia dei nuovi protocolli di intesa siglati dall’AIF sembra rispondere anche alle accuse di scarsa cooperazione con le autorità italiane comparse su alcuni media in questi ultimi giorni.

Nonostante il protocollo di intesa siglato dall’Aif con l’Unità di Informazione Finanziaria italiana, è sempre da parte italiana che arrivano i maggiori malumori riguardo le finanze vaticane, ma anche il rapporto di MONEYVAL pubblicato nel luglio del 2012 era generalmente positivo, anche alla luce delle riforme del testo della originaria Legge n. CXXVII avvenute agli inizi dello stesso anno. Il paragrafo 11 del rapporto sottolineava infatti che “la legge antiriciclaggio revisionata ha introdotto un significativo numero di cambiamenti necessari ed apprezzati”.

Del resto, nella stessa fase della valutazione circa il rispetto delle Raccomandazioni GAFI (cosiddetto ”terzo round”), nel 2005 l’Italia aveva ottenuto solo due voti positivi in più rispetto alla Santa Sede.

Anche l’Italia infatti agli occhi dei valutatori presentava diverse criticità su raccomandazioni essenziali. Per esempio, il GAFI lamentava una non adeguata verifica della clientela (customer due diligence) in situazioni a più alto rischio, e il fatto che mancassero norme specifiche per l’identificazione di persone politicamente esposte e l’obbligo di autorizzazione dirigenziale per stabilire un rapporto con questi soggetti. E poi, il GAFI metteva in luce anche qualche lacuna per quanto riguardava la segnalazione delle transazioni sospette, il cui sistema era considerato parzialmente conforme, anche perché le linee guida sulla materia risultavano limitate.

Di recente, è stato persino auspicato il ritorno a un presidente italiano dell’Istituto delle Opere di Religione, e le indiscrezioni hanno indicato in Carlo Salvatori il prossimo presidente del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto, un banchiere al momento direttore di SeaChange e presidente di Lazard Italia.

L’indiscrezione non sembra avere riscontro, sia perché l’attuale presidente Ernst von Freyberg ha preso da poco l’incarico (è stato nominato poco prima della sede vacante) sia perché ancora deve essere delineato se ci sarà una eventuale riforma dell’istituto.

Ma la notizia rispecchiava in qualche modo il dibattito interno sulle opportunità di una crescente internazionalizzazione delle finanze vaticane, e anche riguardo la possibilità di un ritorno a una maggiore presenza italiane nelle finanze della Santa Sede.

I rapporti tra Italia e Santa Sede sono diventati difficili sin da quando il Vaticano ha deciso di sottoporsi alla procedura di MONEYVAL, comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza dei Paesi membri agli standard internazionali in materia di lotta al riciclaggio e al finanziamento al terrorismo.

La scelta della Santa Sede dimostrava la volontà di portare avanti una politica multilaterale, meno basata su relazione privilegiata con gli Stati. Per quanto riguarda le finanze, che ci fosse uno sbilanciamento nei confronti dell’Italia era testimoniato dal fatto che la prima composizione del Consiglio dell’Autorità di Informazione Finanziaria era composto quasi nella totalità da italiani provenienti dal milieu della Banca d’Italia. E lo sbilanciamento nei confronti dell’Italia poteva essere considerato come un segno di debolezza e una fonte di rischio, più che di opportunità.

Anche perché la legge anti-riciclaggio era stata scritta sotto la pressione delle autorità italiane, che avevano sequestrato 23 milioni di euro movimentati dallo IOR. La prima stesura della legge aveva portato allo scongelamento dei fondi (che però non sono tornati a disposizione della Santa Sede), ma aveva incontrato una prima valutazione negativa del comitato di MONEYVAL. La legge è stata poi modificata, ha ottenuto una valutazione generalmente positiva, ed è stata infine emendata più volte, fino al Motu Proprio di Papa Francesco dello scorso 8 agosto che ha definitivamente sorpassato la prima legge antiriciclaggio.

Così, mentre il dibattito sulle finanze vaticane continua fuori dalle mura vaticane, all’interno si lavora per rafforzare ulteriormente il sistema di cooperazione internazionale. E la firma di questi due nuovi protocolli di intesa prova che il lavoro sta andando avanti, nonostante le pressioni esterne.

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