Bertone: sapevo della rinuncia dall’estate del 2012

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È un anno oggi da quando Benedetto XVI ha annunciato la fine del suo Pontificato. Nella festa della Madonna di Lourdes, come aveva deciso alfine, anche se avrebbe voluto farlo prima di Natale e già nell’estate del 2012 aveva confidato la sua intenzione al cardinale Tarcisio Bertone, suo Segretario di Stato, da tanti anni al suo fianco, uomo in cui riponeva grande fiducia. Ed è proprio con lui – che ci accoglie nel suo appartamento al primo piano del Palazzo Apostolico – che ripercorriamo quei momenti….

“Il Papa ha maturato la sua decisione molto tempo prima dell’annuncio. Me ne ha parlato diversi mesi prima, a metà del 2012. Sentiva il peso dell’età e soprattutto sentiva che per governare la barca di Pietro e far fronte alle sfide della Chiesa nel nostro tempo era necessario, come ha detto lui, il vigore sia del corpo, sia dell’animo. Questo è il motivo fondamentale della sua decisione. Pensava al viaggio in Brasile per la giornata mondiale della Gioventù, diceva: non mi sento di fare questo viaggio, di incontrare milioni di giovani, alla mia età. Avrebbe già voluto anticipare prima di Natale la sua dichiarazione, ma io, che ero l’unico a conoscere questa decisione gli dicevo: deve pubblicare il volume sull’infanzia di Gesù, non disturbiamo questo dono che fa alla Chiesa. E poi c’era l’enciclica della fede in cantiere e l’anno della Fede appena iniziato… insomma, cecavo di insistere sulla proroga. Ma, dopo ulteriore riflessione e preghiera prese la decisione irrevocabile di dare l’annuncio nel giorno della memoria della Madonna di Lourdes”. Il cardinale si interrompe per un istante: “Può immaginare il peso di portare questo segreto mentre la vita della Chiesa andava avanti e si potevano prevedere le conseguenze di questa decisione e le interpretazioni… eravamo ancora in mezzo a tanti problemi e polemiche”.

A distanza di un anno, “mi sembra che questa decisione abbia un grande valore storico, ha posto la Chiesa e il collegio cardinalizio di fronte a una grande responsabilità e ha messo alla prova la fede della Chiesa nel suo Fondatore. Come Benedetto XVI ha ripetuto tante volte: è il Signore che guida la Chiesa”. Per questo la scelta di rinunciare all’esercizio del ministero petrino “deve essere interpretata e compresa nella fede della Chiesa e non attraverso letture puramente umane”. Ricorda incontri, udienze, momenti conviviali. Non solo momenti del passato. Anche in questo anno l’ho incontrato varie volte, l’ho sentito per telefono. Il 26 dicembre è venuto a pranzo nel mio appartamento e l’ho trovato intellettualmente lucidissimo e dotato di una straordinaria memoria”. Insieme hanno attraversato momenti difficili, il pontificato di Benedetto XVI non è stato mai esente da critiche e fraintendimenti, che il cardinal Bertone non esita a definire “infondate”. E infatti – soggiunge – “di fronte all’altezza della sua personalità e del suo gesto si vanno dileguando, anzi cresce il ricordo e la stima del Papa campione del dialogo tra fede e ragione, tra ragione e diritto, promotore come pochi altri della dignità umana, difensore della libertà e dei diritti fondamentali di ogni persona. Chi lo ha avvicinato ha potuto percepire la sua intensa spiritualità, la sua dolcezza, la sua umanità…”

E il primo che sembra apprezzare queste doti è proprio Papa Francesco “che è molto affezionato a lui e legato a lui anche come a un saggio anziano consigliere”, un “nonno” come lo definì tornando dal Brasile. “Gli vuole un gran bene e questo è un modello per tutti”, a partire da chi non credeva possibile la convivenza a poche decine di metri di un Papa regnante e di un Papa emerito. Certamente i due sono molto diversi come carattere e come storia personale, ma “è questo il bello! la diversità delle persone, che sono affini per una profonda spiritualità e vita di preghiera. Il Signore è veramente stupefacente nello scegliere i suoi vicari, è originale…” Ma dimostrazioni di affetto non sono mai mancate per Benedetto XVI.

Il suo Segretario di Stato ricorda “la stima con cui le autorità di tanti stati hanno riconosciuto il bene che fa la Chiesa nelle loro nazioni, in tanti campi”. E l’accoglienza ricevuta in tante missioni che ha compiuto a nome di Benedetto XVI: “Ho fatto viaggi in tante parti del mondo, nessuno mi ha fischiato o contestato… mi hanno dimostrato un grande affetto, la popolazione percepisce l’amore e la dedizione con cui si lavora per la Chiesa”. Una volta – racconta –  a Bogotà è stato quasi assalito da circa 300 giovani che “volevano tutti darmi un bacio perché li portassi al Papa e quando sono tornato gli ho detto: devo darle tanti baci perché mi hanno incaricato di portarglieli…” Insomma “l’affetto non è mai mancato, e direi che è anche cresciuto”.

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