Benedetto XVI e la buona battaglia contro il relativismo

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‘Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie’.

Così parlava nell’omelia della Messa Pro eligendo Romano Pontifice il 18 aprile di 9 anni fa il Cardinale Joseph Ratzinger, pronunciando l’ultima omelia da porporato. Il presule bavarese di li a poche ore avrebbe dismesso per sempre le vesti rosse per indossare quelle bianche del Successore dell’Apostolo Pietro. Poco più di 24 ore dopo, infatti, Joseph Ratzinger – Decano del Collegio Cardinalizio e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – sarebbe stato eletto Papa con il nome di Benedetto XVI.

Perché oggi la citazione di quel passo di omelia? Perchè – molto probabilmente – quell’omelia fu decisiva per l’elezione del Cardinale Ratzinger al soglio di Pietro. E a distanza di un anno dall’annuncio della rinuncia al Pontificato, vogliamo rendere omaggio a Papa Benedetto ricordando questa sua grande battaglia. Il 18 aprile 2005 il futuro Papa dettò in quel testo ciò che protebbe essere definita senza difficoltà la linea guida principale del suo pontificato: la lotta al relativismo, una forma di pensiero che – ricordava Benedetto XVI nell’Angelus del 4 dicembre – arriva a minare ‘in maniera più subdola’ la stessa libertà religiosa.

Non è vero – ha più volte ripetuto il Papa emerito – che tutto sia relativo. ‘Si cerca di crearne l’impressione – sosteneva ad esempio nel viaggio apostolico in Polonia – anche le verità della fede dipenderebbero dalla situazione storica e dalla valutazione umana. Però la Chiesa non può far tacere lo Spirito di Verità. I successori degli Apostoli, insieme con il Papa, sono responsabili per la verità del Vangelo, ed anche tutti i cristiani sono chiamati a condividere questa responsabilità accettandone le indicazioni autorevoli’. Se tutto fosse relativo prevarrebbero ‘gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l’odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza’.

Coraggiosamente Benedetto XVI ha sempre denunciato i tentativi di scristianizzazione della società, tra i quali la negazione del riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa, provocati da quelle ‘correnti laicistiche
e relativistiche’ che finiscono ‘per negare ai cristiani il diritto stesso d’intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se ne squalifica il contributo con l’accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi’.

Nello stesso tempo il relativismo ha mostrato il suo volto creando ad esempio crescenti e sempre nuove difficoltà nella formazione delle nuove generazioni. Tali difficoltà – denunciava Papa Ratzinger – erano, e tuttora sono, provocate ‘da quei messaggi e da quel clima diffuso che vengono veicolati dai grandi mezzi di comunicazione e che si ispirano ad una mentalità e cultura caratterizzate dal relativismo, dal consumismo e da una falsa e distruttiva esaltazione, o meglio profanazione, del corpo e della sessualità’. Se il relativismo diventa cardine dell’educazione allora – è stato il monito di ricorrente di Papa Benedetto – ‘viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, instillando così il dubbio sui valori di base dell’esistenza personale e comunitaria’. A questo punto un intervento del legislatore sarebbe stato utile per promuovere i valori oggettivi: in caso contrario ‘il conseguente relativismo morale, invece di condurre a una società libera, equa, giusta e compassionevole, tende a produrre frustrazione, disperazione, egoismo e disprezzo per la vita e per la libertà degli altri’.

Il mondo e la cultura contemporanea – ammoniva ancora – non si pongono più come obiettivo ‘la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell’equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo
etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento
diventerebbe l’ultima fonte del diritto’. ‘La storia dimostra con grande chiarezza – ribatteva – che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla
trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità’. Ancora, secondo il Papa, ‘quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico. E’ necessario riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono
dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere’.

Il relativismo infine – secondo il pensiero e la predicazione di Benedetto – offende di per sè la ragione umana limitandone il campo di conoscenza, poichè ‘di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di la’ del campo scientifico positivo’.

Benedetto XVI in quasi 8 anni di pontificato ha combattuto dunque strenuamente la battaglia contro il relativismo, proponendo e promuovendo quei ‘valori oggettivi’ e ‘non negoziabili’ su cui fondare la società. Di una cosa –
ripercorrendo il suo pontificato – si può essere certi: del fatto cioè che il Papa, ora emerito, non si è mai fatto intimidire e che coerentemente ha combattuto la sua battaglia. E forse nel momento dell’addio alla Cattedra di Pietro, nel momento dell’annuncio – lo scorso anno – forse nella mente di Benedetto saranno risuonate le parole di San Paolo… ‘Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede’.

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