Verso il bicentenario di san Giovanni Bosco

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Il pellegrinaggio dell’urna di san Giovanni Bosco sta completando il suo ‘giro del mondo’ in vista del bicentenario della sua nascita (16 agosto 1815). Ho avuto la fortuna di vederla a Macerata, provando emozione, perché lì ho capito l’amore di questo santo per i giovani nelle opere che i Salesiani conducono. Per questo è giusto che la Chiesa lo celebri in maniera solenne in questo ultimo giorno del mese e ne rilevi la sua esperienza spirituale.

Infatti nella lettera ai salesiani il Rettor maggiore, don Pascual Chávez Villanueva, scrive: “Attingiamo all’esperienza spirituale di Don Bosco, per camminare nella santità secondo la nostra specifica vocazione: ‘La gloria di Dio e la salvezza delle anime’… La spiritualità cristiana ha come centro la carità, ossia la vita stessa di Dio, che nella sua realtà più profonda è Agape, Carità, Amore. La spiritualità salesiana non è diversa dalla spiritualità cristiana; anch’essa è centrata nella carità; in questo caso si tratta della carità pastorale, ossia quella carità che ci spinge a cercare ‘la gloria di Dio e la salvezza delle anime’…

Come tutti i grandi santi fondatori, Don Bosco ha vissuto la vita cristiana con un’ardente carità e ha contemplato il Signore Gesù da una prospettiva particolare, quella del carisma che Dio gli ha affidato, ossia la missione giovanile. La ‘carità salesiana’ è carità pastorale, perché cerca la salvezza delle anime, ed è carità educativa, perché trova nell’educazione la risorsa che permette di aiutare i giovani a sviluppare tutte le loro energie di bene; in questo modo i giovani possono crescere come onesti cittadini, buoni cristiani e futuri abitanti del cielo” .

Il rettor maggiore invita a conoscere la sua vita per approfondire la spiritualità: “Conoscere la vita di Don Bosco e la sua pedagogia non significa ancora comprendere il segreto più profondo e la ragione ultima della sua sorprendente attualità. La conoscenza degli aspetti della vita di Don Bosco, delle sue attività e anche del suo metodo educativo non basta. Alla base di tutto, quale sorgente della fecondità della sua azione e della sua attualità, c’è qualcosa che spesso sfugge anche a noi, suoi figli e figlie: la profonda vita interiore, ciò che si potrebbe chiamare la sua ‘familiarità’ con Dio. Chissà che non sia proprio questo il meglio che di lui abbiamo per poterlo amare, invocare, imitare, seguire, al fine di incontrare il Signore Gesù e farlo incontrare ai giovani”.

Infatti don Bosco si è lasciato affascinare da alcuni santi che hanno amato i giovani, come san Francesco di Sales, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, san Vincenzo de’ Paoli, san Filippo Neri: “Pervenire ad una precisa identificazione della spiritualità di Don Bosco non è una impresa facile; non per nulla è forse l’aspetto della sua figura meno approfondito. Don Bosco è un uomo tutto teso al lavoro apostolico; non ci concede descrizioni delle sue evoluzioni interiori, né ci lascia riflessioni particolari sulla sua esperienza spirituale. Non scrive diari spirituali e non offre interpretazioni dei suoi moti interiori; preferisce trasmettere uno spirito descrivendo le vicende della sua vita, oppure attraverso le biografie dei suoi giovani.

Non basta certo dire che la sua è la spiritualità apostolica di chi svolge una pastorale attiva, una pastorale di mediazione fra una spiritualità dotta e una spiritualità popolare; occorre individuare il nucleo della sua esperienza spirituale”. La spiritualità di don Bosco consiste nel cercare la ‘volontà salvifica’ di Dio: “La Chiesa è chiamata a rispondere nel tempo alla divina missione di salvezza. L’Oratorio si inserisce dunque nell’economia della salvezza; è una risposta umana a una vocazione divina e non un’opera fondata sulla buona volontà di una persona… Del resto Don Bosco aveva già evidenziato la stessa finalità della nascente Società di San Francesco di Sales, scrivendo il 9 giugno 1867 ai Salesiani nella sua circolare che precedette di due anni l’approvazione della stessa Congregazione:

‘Primo oggetto della nostra Società è la santificazione dei suoi membri […] Ognuno deve entrare in società guidato dal solo desiderio di servire Dio con maggior perfezione, e di fare del bene a se stesso, s’intende fare a se stesso il vero bene è il bene spirituale ed eterno’… All’unione con Dio, reale e non solo psicologica, sono invitati tutti i cristiani. Unione con Dio è vivere la propria vita in Dio e alla sua presenza; è vita divina che è in noi per partecipazione; è esercizio della fede, speranza e carità, cui seguono necessariamente le virtù infuse, le virtù morali, ecc.

Don Bosco dà vigore evangelico al proprio vissuto, fa della trasmissione della fede in Dio la ragione della propria vita, secondo la logica delle virtù teologali: con una fede che diventa segno affascinante per i giovani, con una speranza che diventa parola luminosa per loro, con una carità che diventa gesto di amore verso gli ultimi. Don Bosco è sempre stato fedele alla sua missione di carità effettiva: là dove un misticismo disincarnato avrebbe rischiato di tagliare i ponti con la realtà, la fede lo ha obbligato a restare in trincea per atto di estrema fedeltà all’uomo bisognoso; là dove poteva subentrare stanchezza e rassegnazione, lo sorresse la speranza; là dove non sembrava esserci rimedio, lo spinse ad agire la via indicata da san Paolo: ‘Caritas Christi urget nos’. La carità vissuta da Don Bosco non si arrestava di fronte alle difficoltà. Non le sconfitte erano da temere in campo educativo, ma l’inerzia e il disimpegno”.

Il coronamento delle sue ‘attività’ educative ed oratoriane è condurre i giovani alla santità: “Dopo San Francesco di Sales e prima del Concilio Vaticano II, don Bosco ci insegna che la santità è possibile per tutti, che a tutti è data la grazia sufficiente per raggiungerla, che la santità dipende molto dalla cooperazione dell’uomo con la grazia.

Certo che la santità è resa difficile, ma non impossibile, da vari ostacoli: imperfezioni, difetti, passioni, demonio, peccato. La santità non è impossibile, dati i molti mezzi a nostra disposizione: virtù teologali, doni dello Spirito Santo, virtù morali infuse e acquisite, impegno ascetico… I giovani hanno bisogno di ‘testimoni’, come scrisse papa Paolo VI. Ci vogliono uomini spirituali, uomini di fede, sensibili alle cose di Dio e pronti all’obbedienza religiosa nella ricerca del meglio. Non è la novità che ci rende liberi, ma la verità; la verità non può essere moda, superficialità, improvvisazione”.

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