I giovani di Ac e la “regola spirituale”. Sigalini a korazym.org: “E’ uno stile di vita”

Pane e vino consacrati
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Termina oggi, presso la Domus Pacis di Roma, il seminario “A regola d’arte”, organizzato dal settore giovani di Azione cattolica. Obiettivo, puntare lo sguardo sul mondo spirituale di giovani e giovanissimi, studiare le nuove strategie e, come si legge nella presentazione ufficiale, “individuare quei punti essenziali e irrinunciabili che aiutano noi e le persone a noi affidate a ‘vivere secondo lo Spirito’, ovvero a coltivare l’ideale di una vita piena, beata e orientata dall’amore di Dio”. Altro obiettivo, contribuire alla stesura di una nuova “regola spirituale” per il settore giovanile, a dieci anni dalla stesura degli “appunti” oggi a disposizione. “Quando si parla di regola non si parla di cose da fare, ma di uno stile di vita da assumere, ben delineabile e comprensibile, non lasciato al caso”, spiega a korazym.org, mons. Domenico Sigalini, assistente generale dell’Azione cattolica e vescovo di Palestrina.

“Non è un navigare a vista, – aggiunge – non è una sorta di ‘prendiamo quello che viene spontaneamente’, ma non è neppure una gabbia in cui è già tutto definito quello che ciascuno deve essere, perché c’è da ascoltare lo Spirito Santo, che è nella vita e continuamente provoca i giovani a rispondere alla chiamata di Dio che è dentro gli eventi.”

Insomma, per il vescovo assistente spirituale dell’Associazione, è più una questione di stile e di azione continua nell’organicità della propria vita. “In questo modello dell’assunzione di uno stile, ci sta la forza che oggi manca forse a molto mondo giovanile, – spiega mons. Sigalini – che riesce a orientare la sua vita a secondo degli ideali che si tiene in corpo.”

Molte volte il giovane è preso dalle facili promesse della società, e “questi ideali non hanno sempre una grande presa su di lui: parecchie volte si stufa, non è coerente, ci sono distrazioni assolute che poi si sovrappongono.” Ecco, continua, “avere uno stile vuol dire avere una regola interiore che ti da la bussola della tua vita, che ti permette di orientarti anche dentro fatti nuovi ma secondo una prospettiva.”

Tutto questo perché non è vero che il giovane non è alla ricerca di un alto valore spirituale, “come ci ha dimostrato la GMG di Sydney”. “I giovani – aggiunge mons. Sigalini – vanno alla ricerca di un momento in cui prendersi in mano la vita… Io dico banalmente che i giovani lasciano l’anima sul comodino la mattina quando si alzano e la riprendono la mattina quando rivanno a letto. E invece l’anima bisogna tenersela in mano sempre.”

E gli strumenti? “Il silenzio è il varco, è la presa della vita attraverso la quale riesci a sentirti te stesso e a metterti in dialogo con Dio – spiega – Per vivere una vita vera ‘a regola d’arte’, poi, le  buone prassi sono la preghiera, la contemplazione, e quindi la possibilità di vedere negli altri il volto di Cristo e la solidarietà.”

Insomma, niente vita trascinata o peggio, già predestinata… “Il destino è una parolaccia, che non bisogna dire. – taglia corto -Tutti abbiamo una vocazione, siamo stati scelti… Dio ci chiama…”

Ad arricchire il seminario, coordinato da Chiara Finocchietti e Marco Iasevoli, vice presidenti nazionali e responsabili del settore giovani, e da don Vito Piccinonna, assistente dei giovani, gli interventi di don Erio Castellucci, preside della facoltà teologica dell’Emilia Romagna, che ha parlato di spiritualità come atto corporeo a tutto tondo, in cui anima e materia concorrono a pari dignità, e di Maria Campatelli, del Centro Aletti, già responsabile associativa negli anni 80. A lei il compito di parlare di teologia della bellezza, con la presentazione di un filmato sui famosi mosaici di Rupnik, che nascono proprio nel centro romano, inaugurato da Giovanni Paolo II nel 1991. In serata veglia di preghiera con mons. Domenico Sigalini, sulle orme di San Paolo, all’abbazia delle “Tre Fontane”, dove, secondo la tradizione, l’’Apostolo delle genti” trovò il martirio.

Nella mattinata di oggi, la messa presieduta da don Nicolò Anselmi, direttore del servizio di Pastorale giovanile della Cei, che ha chiesto ai giovani responsabili di Ac di mettersi sempre di più “al fianco degli incaricati diocesani della pastorale giovanile”, secondo il “carisma di ecclesialità proprio dell’Ac”. Dal canto loro, gli incaricati di Pg, secondo Anselmi, devono lavorare per “contribuire sempre di più alla comunione e all’unità e bellezza dei giovani e della Chiesa”.

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