Nascite in crisi, il volontariato fa la sua parte. E lo Stato?

bimbo cicogna
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C’è crisi, manca il lavoro, è difficile pagare l’affitto, è complicato reggere il ritmo dei prezzi che salgono e delle spese che aumentano. In questo contesto, quale reazione potrà mai esserci nel momento in cui si scopre che un figlio è in arrivo? Quale effetto potrà mai fare la consapevolezza di un bambino in arrivo, fra spese da sostenere, difficoltà da affrontare, bollette da pagare? Il boom di richieste di aiuto, soprattutto delle donne italiane, ai Centri di Aiuto alla Vita gestiti in tutta Italia e federati nel Movimento per la vita, getta uno sguardo nuovo sugli effetti sociali della crisi economica, fino a rendere evidente una situazione che comunica infinita tristezza: la notizia della nascita di un figlio, la notizia più bella che possa esserci, provoca dolore e disperazione.

La rete dei Centri di Aiuto alla Vita (Cav), il lavoro degli operatori e dei volontari che ogni giorno sono a contatto con queste storie, la sensibilità di chi offre un aiuto, si sforzano di agire e di dare effettivamente un sostegno concreto a donne e a coppie in simili difficoltà. Mille bambini nati con l’aiuto di “Progetto Gemma”, circa 14 mila venuti al mondo dopo che le madri hanno avuto un contatto con la rete dei Cav (sostegno umano e psicologico, fino agli aiuti in natura, dai pannolini al latte in polvere), dicono una semplice realtà: che quando c’è un sostegno, quando c’è qualcuno che porge una mano, le difficoltà non svaniscono ma possono essere superate. Basta poco per ritrovare la forza di portare avanti una gravidanza, basta poco per far rispuntare un po’ di speranza dove c’è solo solitudine e paura, e avanza la tentazione di “risolvere” il problema alla radice, con l’aborto.
I volontari e gli operatori che curano questi Centri di Aiuto alla Vita non hanno cose straordinarie da offrire. Non hanno la soluzione dei problemi, non possono contare su multi-milionarie casse a cui accedere per poter risolvere ogni difficoltà. L’impegno e la forza d’animo si, quelle ce le hanno, insieme ad una buona dose di testardaggine e di speranza. Il “volontariato per la vita” va avanti con pochissime forze, ma risvegliando la forza della donne che attendono un bambino fa in realtà grandi cose. Fa un servizio sociale alla collettività, rende un servizio che lo Stato si dimentica totalmente, o non vuole fornire. Ma se pochi volontari riescono a far ritrovare la gioia di una maternità a donne tentate di ricorrere all’aborto, ma quanto potrebbe fare l’intera rete dei consultori pubblici, se venisse davvero utilizzata per rendere un servizio di accoglienza alla vita? Non è questione di “guerre sante” o di religione: è questione di umanità, è questione di rendere possibile, ancora, la cosa più bella che possa esistere: la nascita di un bambino, la nascita di molti bambini. Si trovano i soldi per aiutare le compagnie aeree, le banche, le imprese edili, e chi più ne ha più ne metta. C’è qualche spicciolo per aiutare a far venire al mondo dei bambini? Chiedere questo, ancor più in tempi di crisi, è doveroso. E doveroso, da parte della politica, sarebbe anche dare delle risposte.

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