“La penna di Pietro”, tra il Concilio e il web

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Cosa si intende con l’espressione “buona comunicazione”? E’ un mistero sul quale si dibatte in ogni società. E anche in Vaticano. Lo si è fatto fin dai tempi apostolici e patristici. Agostino in fondo aveva un gran successo perché era un ottimo comunicatore, era un retore romano capace di ammaestrare le folle con la sua predicazione. Se facciamo un salto in avanti arriviamo alla tipografia poliglotta della Santa Sede della metà del 1500, alla Radio Vaticana negli anno 30, al Centro Televisivo negli anni ’80 senza dimenticare che la riforma della Curia post conciliare ha fatto nascere un Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali e che proprio dal Concilio è nato un documento sulla comunicazione, che aveva i suoi antenati in quella enciclica di Pio XII, Miranda prorsus del 1957 che pochi conoscono. Tutto questo è ormai storia conosciuta. Ma non tutti forse conoscono come questa storia contemporanea della comunicazione vaticana si sia sviluppata negli ultimi anni sotto l’impulso famelico di un mondo mass mediale sempre più bulimico e incerto.

“La penna di Pietro” è il libro giusto per chi vuole approfondire la cronaca. L’autore, Angelo Scelzo   è il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, è stato sottosegretario del Pontificio consiglio delle Comunicazioni sociali, vice direttore de L’ Osservatore Romano, editorialista di Avvenire, Il Messaggero, Il Mattino.

Il libro edito dalla Libreria Editrice Vaticana racconta mezzo secolo di comunicazione vaticana partendo proprio da quel documento conciliare la Inter Mirifica che tanto fece discutere e che venne approvato per primo quasi come a togliersi il pensiero. Erano altri tempi e comunicare significava scrivere. Scelzo ha recuperato i preziosissimi appunti del Cardinale Andrea Deskur che quel “parto” conciliare lo accompagnò e poi seguì la vicenda comunicativa fino al momento della sua malattia proprio quando venne eletto il suo connazionale Giovanni Paolo II, considerato il Papa comunicatore per eccellenza.

Una storia quella della Inter mirifica da rileggere come un romanzo, e che serve a far capire molto di quello che successe dopo nella Chiesa cattolica e soprattutto nella Santa Sede.

A dire il vero non ci furono mai vere strategie comunicative. E del resto scrive giustamente Angelo Scelzo i media vaticani hanno un piano editoriale, una linea guida da seguire. “Non messi a punto, però, in nessun ufficio marketing della comunicazione, ma elaborati attraverso i documenti che, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II e quindi dell’ Inter Mirifica in poi , hanno accompagnato lo sviluppo dei mezzi modellandone anche il carattere.”

Certo non sempre tutto è andato liscio. Non bastano i buoni intenti, serve la pratica. E le varie attese e sperate riforme della comunicazione vaticana sono spesso naufragate sugli scogli delle scelte personali. Senza dimenticare che la comunicazione istituzionale vaticana alla fine dovrebbe avere lo scopo di raccontare l’attività del Papa e della Santa Sede anche a giornalisti che ormai non sono più degli specialisti e ai quali spesso vanno spiegati anche i presupposti stessi dell’ opera del Papa e della Chiesa cattolica.

Nuove sfide che Pietro ha affrontato con i suoi collaboratori. E nel libro di Angelo Scelzo si parla degli anni difficili del pontificato di Benedetto XVI, raffinato comunicatore che sapeva entrare nel dibattito pubblico e che necessariamente veniva attaccato per la sua cristallina chiarezza.

Era successo anche a Giovanni Paolo II nei primi anni del pontificato. Ma allora la stampa era meno   pervasiva e superficiale, c’era meno fretta nello scrivere e nel leggere e di Vaticano scrivevano solo gli specialisti.

Negli ultimi anni i media vaticani si sono trovati ad affrontare un mondo più veloce di loro. E l’adeguamento ai media 2.0 non è stato a dire il vero brillante. A farne le spese è stato proprio Benedetto XVI che ha preferito comunicare con i libri, le lunghe e dettagliate interviste, i discorsi e le omelie lasciando che i social media e il web venisse gestito senza profeticità.

Gli equivoci mediatici del resto non mancano nemmeno nel pontificato di Francesco con interviste semi smentite e chiarimenti continui su frasi riportate malamente dalla stampa. Tanto che pochi giorni fa il portale che raccoglie i media vaticani new.va è stato costretto a mettere in chiaro cosa nel web è autenticamente del Papa e cosa non lo è.

Evidente che il problema mediatico sovrasta spesso le capacità della Curia Romana. Lo si è visto davanti ad eventi come lo scoppio mediatico della questione della pedofilia, o della revoca della scomunica dei lefevriani, o ancora nella sgradevole vicenda vatileaks. L’assalto alla Chiesa era evidente ed è mancata una vera controffensiva mediatica. Così ad esempio si è persa la bellissima lettera di Benedetto XVI ai cattolici d’ Irlanda mentre i giornali riportavano con tono di scandalo gli innocui testi di biglietti personali del Papa o i report di routine della Segreteria di Stato.

Nel libro di Angelo Scelzo si arriva fino agli eventi di marzo 2013, con il grande sforzo della Santa Sede per essere al servizio dei media di tutto il mondo. Un efficiente Media center, conferenze, collegamenti hanno accompagnato quei poco più di quaranta giorni che hanno portato alla Chiesa dei due Papi.

E se Francesco ha ribaltato il modo di parlare profondo e argomentato di Benedetto esprimendosi come il parroco del mondo, i media vaticani hanno cercato di adeguarsi. Così sono entrati nei Sacri Palazzi advisor, agenzie comunicative e di marketing, consulenti esterni. Se l’idea è di comunicare  “come gli altri” forse saranno in molti a restare delusi. Il Vaticano non è un azienda, non ha un prodotto da vendere. La Chiesa deve solo raccontare se stessa con semplicità, ma certa del fatto che  spesso non sarà creduta.

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