Le confuse catechesi di Scalfari

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Eugenio Scalfari torna a parlare – nelle pagine del giornale da lui fondato –, anche se a modo suo, della dottrina cristiana del peccato. Chiamando in causa Papa Francesco (che egli considera un rivoluzionario, come non si erano mai visti da secoli), Scalfari afferma: “Il Papa ricorda che l’uomo è stato creato libero. È lui che decide i suoi comportamenti ed è Dio che l’ha creato in questo modo. Qual è la verità rivoluzionaria di questo riconoscimento? Non che l’uomo sceglie il male perché in tal caso muore dannato; bensì che l’uomo sceglie il bene così come lui se lo raffigura. C’è dunque un canone etico in questa scelta. L’etica primeggia in ogni religione, in ogni civiltà, in ogni epoca; ma l’etica è il requisito più mutevole da uomo a uomo, da società a società, da tempo e da luogo. Se la coscienza è libera e se l’uomo non sceglie il male ma sceglie il bene così come lui lo configura, allora il peccato di fatto scompare e con esso la punizione”. Nelle considerazioni di Scalfari emergono, però, alcune contraddizioni, e soprattutto manca il principio relativo alla “grazia” indispensabile per la vita di ogni battezzato.

Certamente Dio ha creato l’uomo “libero”, gli ha cioè donato la ragionevole capacità, il potere espresso dalla propria volontà, di agire o meno – deliberatamente – di fronte alle scelte poste in essere dalla vita. La libertà gioca così nell’uomo un particolarissimo ruolo di crescita e di maturazione in quelle dinamiche che intendono richiamarlo alla verità e alla bontà. “La libertà – osa affermare la dottrina cristiana – raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine”. Nessuna particolare e nuova scoperta, dunque, nel fatto che l’uomo sia, da sempre, chiamato a scegliere tra il bene e il male, avanzando nel cammino di perfezione (suggerito dalla fede cristiana) oppure di venirne meno abbracciando il peccato. In tutto questo vi è l’antichissima pretesa cristiana di considerare Dio come l’unico vero bene ultimo per l’uomo.

Introducendo gli argomenti relativi alla dignità della persona umana, il Catechismo della Chiesa Cattolica – ad ulteriore conferma di quanto abbiamo detto – afferma: “Con i suoi atti liberi, la persona umana si conforma, o non si conforma, al bene promesso da Dio e attestato dalla coscienza morale. Gli esseri umani si edificano da se stessi e crescono interiormente: di tutta la loro vita sensibile e spirituale formano la materia per la loro crescita. Con l’aiuto della grazia progrediscono nella virtù, evitano il peccato e, se l’hanno commesso, si affidano, come il figlio prodigo, alla misericordia del nostro Padre dei cieli. Così raggiungono la perfezione della carità” (CCC, 1700). San Basile Magno, poi, saggiamente osservava: “O ci allontaniamo dal male per timore del castigo e siamo nella disposizione dello schiavo. O ci lasciamo prendere dall’attrattiva della ricompensa e siamo simili ai mercenari. Oppure è per il bene in se stesso e per l’amore di colui che comanda che noi obbediamo […] e allora siamo nella disposizione dei figli”.

San Paolo a proposito del peccato scriveva: «Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra» (Rm 7, 18-23).

La grazia è il favore, il soccorso gratuito che Dio ci da perché rispondiamo al suo invito: diventare figli di Dio, partecipi della natura divina, della vita eterna (CCC, 1996). «Quindi – ricorda San Paolo – se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo» (2 Cor 5,17-18).

Nella riflessione proposta da Eugenio Scalfari ne viene fuori un prototipo di uomo condannato a lottare, con le sole forze umane, contro il misterioso disegno del male in uno stato di totale solitudine. L’uomo – contrariamente a quanto afferma Scalfari – “non” sceglie il bene così come lui se lo raffigura; egli, piuttosto, – come ha affermato il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes – scopre nella propria coscienza una legge che non è lui a darsi, che lo invita ad amare e a fare il bene fuggendo il male. Egli porta con sé – iscritto nel proprio cuore – una legge scritta da Dio e non una configurazione operata e compresa attraverso le proprie forze umane.

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