Due Papi per un nuovo anno libero dalla prevedibilità

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Ogni anno a questo punto si fa un bilancio. Ma come si può fare in questo 2013 il bilancio di una innovazione? Semmai si può lavorare sul futuro. L’innovazione per il Vaticano, la Chiesa e il mondo è la presenza di due pontefici. Non ci rifletteremo mai abbastanza. Il grande gesto di Papa Benedetto non è, come alcuni vorrebbero, grande perché “ha capito di non farcela”. Credo piuttosto che la grandezza sia nell’aver intuito un modo nuovo di esercitare il ministero petrino. Intuito che Papa Francesco ha seguito. Perché oltre le visite ufficiali con telecamere e fotografi, ci sono gli incontri privati, le telefonate e anche i pranzi. 

Non sapremo mai che cosa si dicono Francesco e Benedetto, ma quello che è certo è che lo scambio c’è ed è costante.  Ecco l’innovazione. In questo anno il miglior consulente di un Papa è un Papa.

E mentre ci avviciniamo al primo anno di pontificato di Francesco si possono valutare alcune delle scelte di Bergoglio quasi alla luce delle linee tracciate da Benedetto negli otto anni di un pontificato vissuto contro corrente.

In Vaticano negli ultimi mesi, dopo anni di sopore, sembra che la cosa più importante sia l’impatto mediatico di quello che fa o non fa il Papa.

Intendiamoci, nella società di oggi i media sono importantissimi. Nel senso che la esposizione mediatica è esagerata per chiunque. Anche i social network non sono altro che questo: una sovraesposizione del privato.

Ma in Vaticano ultimamente alcuni sembrano voler dare più importanza a quello che si scrive sui giornali piuttosto che ai fatti reali. Una sindrome pericolosa che ha portato a sovrastimare il ruolo dei “consulenti esterni” portando la Santa Sede ad essere come una qualsiasi azienda.

Ecco uno uno dei punti cruciali di questo 2013 che si chiude, ed ecco anche cosa Benedetto ha cercato di evitare anche con la sua rinuncia: non si deve snaturare la Chiesa e non si deve essere servi dell’ opinione “pubblicata”. La Chiesa è per l’uomo come ripeteva spesso Giovanni Paolo II. Questo richiede una visione ampia che non si limita al riordino amministrativo di qualche ufficio.

Le commissione degli otto cardinali che Papa Francesco ha nominato seguendo, come ha detto lui stesso, il volere dei cardinali nelle Congregazioni generali, hanno un lavoro lungo e complesso ma ancora sembrano non avere una visione ampia. Le altre due, in particolare quella preposta alla revisione economica, hanno la sfida di resistere a volontà esterne alla Santa Sede e alla comprensione della sua missione.

E le proposte di riforma della Curia che sembrano avere più successo nel main stream mediatico sono quelle che assomigliano ad un banale piano di riordino aziendale. Ma la Chiesa non è una azienda.

Del resto è stato il Papa stesso nel suo discorso alla Curia a tracciare ancora una volta l’identikit del perfetto uomo di Curia. E non assomiglia affatto ad un “consulente esterno”.

Ecco allora il passo che la Chiesa di tutto il mondo attende, che attendono le Chiese locali che da decenni cerano una loro identità profonda che venga dal Concilio e non da chi lo vuole manipolare. Ecco cosa attende la gente comune che cerca nella Chiesa certezza dottrinale e misericordia, ecco cosa attendono dalla Santa Sede le istituzioni internazionali che si basano sulla sua millenaria esperienza nei rapporti tra uomini di diverse razze, culture e religione.

É l’attesa del 2014. Dopo l’atto coraggioso di Benedetto che ha voluto spezzare un routine prevedibile, ora da Papa Francesco il mondo attende atti altrettanto coraggiosi liberi dalla schiavitù del prevedibile.

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