La quarta domenica di Avvento

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“È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: «È indemoniato». È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: «Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori». Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!»”.

A chi è stato annunciato il Vangelo e ha “visto” prodigi ma non si è convertito Gesù annuncia un destino dolore e di sofferenza. C’è poco da fare, noi che siamo nati cristiani e che ci siamo impregnati nel messaggio evangelico e che abbiamo partecipato una o più volte alla consacrazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Gesù è chiesto molto ma molto di più di chi questi fatti prodigiosi non ha “visto”.

Non abbiamo scusanti se non la vera conversione che ci fa cambiare la vita; non abbiamo motivazioni per giustificare la nostra indifferenza; non siamo persone credibili ma poveri ipocriti che nel giorno del giudizio riceveranno una adeguata punizione. Si, una punizione che sarà più dura e più forte di quella di chi non sapendo, non avendo visto, non avendo ricevuto il messaggio di amore di Gesù non era pienamente consapevole.

L’evangelista Matteo in questo passo del suo Vangelo riporta per ben due volte le parole di Gesù che annunciano “Guai” a chi è rimasto sordo e cieco di fronte ai prodigi avvenuti nelle loro realtà quotidiane. Non si sono convertiti, non hanno compreso che nella loro vita stavano percorrendo strade e sentieri sbagliati; vie del male e senza umanità.

Potremmo fare al riguardo tanti esempi e non riusciremmo comunque ad esaurirne la casistica e per quante varianti si nascondono nelle segrete pieghe del cuore malato dell’uomo e della donna. Il male, purtroppo, assume mille volti e sa celarsi dietro tante maschere. A volte sembra anche incarnare i panni del bene, ma è solo una finzione, una burla e presto svela la sua autentica natura. Di certo non porta pace, non genera serenità e non dona la gioia del cuore.

Spesso si è affascinati dal male e dalle sue chimere; la malizia insinua comportamenti perversi; il genio del male procura sogni di grandezza, desideri di potere e spinge alla ricerca della ricchezza. Ma tutto svanisce, tutto è vanità, tutto genera delusione perché siamo nell’effimero più spinto.

Gesù, invece, ci invita a chinare il capo e a raccogliere le forze per affrontare con coraggio e speranza il futuro certi che arriverà il giorno della gioia eterna che, però, possiamo già vivere fin da subito. Dobbiamo, perciò, cercare di imparare a vivere il presente con lo sguardo proteso nell’oltre riconoscendo che è quella la dimensione con la quale misurare ogni cosa.

Siamo, invece, sempre tentati dalle cose del mondo e valutiamo le scelte da compiere come prigionieri in una gabbia dalla quale non riusciamo ad uscire se non per qualche attimo e se ci pensiamo bene è proprio quell’attimo che ci dona sprazzi di pace e di serenità.

Invochiamo il Signore affinché ci doni la sapienza del cuore e ci permetta così di compiere le scelte quotidiane come se fossero quelle definitive capaci di servire il Signore fino in fondo e senza sconti. Allora e solo allora il giorno del giudizio sarà per noi esperienza di pace.

 

Francesca Maria Forgetta e Vincenzo Testa

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