Modigliani a Palazzo Cipolla a Roma

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Fino al 6 aprile 2014 si potrà vedere a Palazzo Cipolla – sede della Fondazione Roma Museo in via del Corso – un’ampia selezione dei dipinti provenienti dalla raccolta della “Fondazione Jonas Netter”. La mostra – intitolata “Modigliani, Sautine e gli artisti maledetti” – è stata promossa da:  Fondazione Roma, Comune di Milano, Palazzo Reale di Milano, Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e del Polo Museale della Città di Roma e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con la Pinacothéque de Paris. Il curatore è Marc Restellinì, gran conoscitore di Modigliani e dei pittori di quel tempo. Più di 120 le opere in mostra per ricostruire il percorso di vita e di arte di pittori che vissero nel quartiere di Montparnasse a Parigi agli inizi del ‘900: Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon, Kisling e altri. Una “mostra seria” ha giustamente sottolineato il curatore, nella conferenza stampa di presentazione.

Amedeo Modigliani (1884-1920) è sicuramente uno dei più amati pittori italiani del ‘900. Organizzare una mostra di sue opere è quindi un compito, allo stesso tempo, piacevole e complicato. Piacevole perché il pubblico vi accorrerà numeroso, complicato perché la qualità dell’esposizione è assolutamente decisiva. In questo caso Restellinì ha ben lavorato, attingendo dalle opere raccolte proprio a quei tempi dal collezionista ebreo Jonas Netter e non più esposte da almeno 70 anni. Netter conobbe Modigliani, Soutine, Utrillo a Parigi ed entrò quindi in contatto anche con Valadon, Kisling, Krémègne, Kikoïne, Hayden, Ébiche, Antcher e Fournier. La loro produzione pittorica, ben oltre le intuizioni dell’impressionismo, lo affascinò e lo spinse a sostenerli generosamente e a comprare dai mercanti i loro lavori. Divenne così il “mecenate” di quel gruppo creativo, tanto che, quando Modigliani fu costretto a trasferirsi in Costa Azzurra, a causa dei suoi gravi problemi di salute, comprò dal giovane italiano numerose tele così da permettergli di affrontare il viaggio.
La novità che affascinò Netter e che noi possiamo ben apprezzare ancora oggi è che l’Impressionismo, pur avendo apportato una drastica rivoluzione nel modo di dipingere, non si era discostato dai canoni del naturalismo e aveva mantenuto un approccio oggettivo alla figurazione. Invece, con i lavori di Modigliani, di Soutine, di Utrillo, l’arte pittorica diventava largamente autonoma dall’oggetto ritratto (persona, cosa, paesaggio) e rispecchiava di più la sensibilità soggettiva del pittore. Nel contesto – che fu definito come la “bohéme” dei primi anni del secolo scorso – tra utopie del futuro e dure realtà della storia, alcuni spiriti inquieti e tormentati si espresssero in una pittura che si nutriva di angoscia e disperazione, ma anche di una strenua carica vitale. In effetti quegli anni corrispondevano ad un periodo di emancipazione e di fermento in cui la rivoluzione estetica anticipava più radicali mutamenti sociali. E fu a Parigi, prima a Montmartre e poi a Montparnasse, che quegli artisti – tutti ebrei, va sottolineato – si erano ritrovati provenendo dai più lontani angoli dell’Europa. Quello sembrò loro l’unico luogo al mondo in cui la ribellione avesse diritto di cittadinanza.

Va, però, ricordato che se – dal secondo dopoguerra e quindi ancora oggi – noi ammiriamo i quadri di questi pittori e li reputiamo come dei capolavori assoluti dell’arte del ‘900, all’epoca in cui furono dipinti, vennero per lo più, considerati dei veri e propri obbrobri. L’appellativo spregiativo di “artisti maledetti” si attagliò a quei pittori proprio sulla scia di una critica e di un gusto decisamente ostili. Ed è per questo che l’intuizione di Netter che lì collezionò (la fondazione a lui dedicata possiede oltre il 15 % dei Modigliani oggi esistenti) appare come una vera e propria profezia estetica, oltre che un atto di coraggio e disinteresse. Proprio a causa del suo atteggiamento discreto, di Jonas Netter non rimane nulla di personale, tranne poche fotografie e le opere che amò e collezionò.

Nella mia libreria c’è il Catalogo, curato da Franco Russoli, della lontana mostra di dipinti di Modigliani al palazzo Reale di Milano nel novembre del 1958. Nelle brevi note introduttive, Russoli cercava di dar conto della novità poetica della pittura di Modigliani e la ritrovava nel simbolismo sottinteso alla figurazione: un simbolismo che sappiamo bene quanta risonanza avrebbe avuto nella cultura italiana ed internazionale degli anni ’60 del secolo scorso. Oggi a Palazzo Cipolla vediamo i quadri di Modigliani circondati dalle opere dei suoi sodali e contemporanei e leggiamo bene in essi quale fosse stata la complessità culturale di quella pittura, niente affatto ingenua e istintiva, ma radicata nel disegno e nell’esperienza della storia dell’arte fino alle risonanze della pittura medioevale e rinascimentale di tanti luoghi d’Europa.

 

Nella foto: Amedeo Modigliani, Ritratto di ragazza dai capelli rossi (1918)

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