Miti d’oggi: Allo IOR la trasparenza era una cosa lontana, fino ad oggi

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L’ultima notizia fatta filtrare riguardo l’Istituto delle Opere di Religione è che finalmente sia stato adottato un  Manuale per le procedure e il contrasto del riciclaggio dei proventi da attività criminose e del finanziamento al terrorismo. Linee guida interne che – viene fatto filtrare – sono state stilate in accordo con l’Autorità di Informazione Finanziaria, e che prima non c’erano. Come – sempre secondo quanto viene fatto filtrare – è stato finalmente precisato il profilo dei nuovi clienti, con l’accordo della Commissione referente sullo IOR nominata dal Papa e presieduta dal card. Raffaele Farina. Si tratterebbe, però, di una notizia piuttosto inaccurata. Basta andarsi a rileggere il rapporto di MONEYVAL per comprendere che lo IOR aveva già delle linee guida. Che andavano, sì, aggiornate, secondo le richieste dei valutatori del Consiglio d’Europa, e l’evoluzione delle leggi vaticane. Ma che erano già presenti. E poi, resta una domanda: davvero la commissione referente, per mandato, è chiamata ad approvare delle linee guida interne dello IOR?

Sono comunque molte le domande che restano aperte, andando a vedere le notizie che vengono fatte filtrare riguardo l’operazione trasparenza dello IOR. Ricordando sempre che lo IOR è solamente una parte del “settore finanziario” vaticano, e che dunque la riforma iniziata da Benedetto XVI e proseguita da Papa Francesco non è centrata sulla cosiddetta “banca vaticana”, vale la pena andare a rileggersi il rapporto di MONEYVAL, il comitato del Consiglio d’Europa che fornisce una valutazione terza e internazionalmente riconosciuta del livello degli standard di trasparenza finanziaria raggiunta dai Paesi membri. Il rapporto, pubblicato il 4 luglio 2012, dava una valutazione generalmente positiva delle misure e delle riforme legislative adottate dalla Santa Sede e dal Vaticano per la prevenzione e il contrasto di attività illecite di natura finanziaria. Ed in particolare era stato riconosciuto l’impegno dello IOR per l’adeguamento ai parametri internazionali.

Non solo. Secondo il rapporto le procedure IOR sull’adeguata verifica della clientela (customer due diligence) “vanno in alcuni casi oltre i requisiti disposti” dalla prima legge antiriciclaggio vaticana” (cioè la Legge n. CXXVII,che anche per queste sue lacune fu riformata con il Decreto del 25 gennaio 2012). Si legge al paragrafo 471 che “le procedure parzialmente contengono i requisiti che mancavano o non erano chiari nella versione originale della legge antiriciclaggio. Questo mitiga in qualche modo l’impatto negativo sull’efficacia dovuta al fatto che un significativo numero di elementi nel quadro legale sono stati introdotti solo dopo la prima on site visit di MONEYVAL.”

Si parla molto della revisione dei conti messa in atto sotto la nuova presidenza dello IOR, e portata avanti dagli esperti americani del Promontory Financial Group. Ma il rapporto MONEYVAL racconta (punto 476) che “lo IOR ha iniziato una revisione e aggiornamento del database dei clienti a novembre 2010. Lo IOR ha dimostrato un chiaro impegno a completare il processo entro la fine del 2012. Sei persone sono coinvolte in questo progetto e stanno attivamente approcciando i clienti per ricevere informazioni aggiornate. Alla fine del 2011, l’Istituto ha aggiornato il suo modulo di database della clientela di approssimativamente il 50 per cento delle persone naturali e l’11 per cento delle persone legali”.

Ovvio che questo processo di revisione dei conti si basava su delle linee guida. Un manuale c’era già (viene citato, ad esempio, nei punti 411, 412, 482), e anche una gradualità dei livelli di rischio, delineati una scala che va da 0 a 5 (punto 478 del rapporto MONEYVAL). Il sistema di valutazione  andava comunque aggiornato, perché (punto 479) “l’approccio corrente non prende in considerazione il rischio geografico, il rischio prodotto/servizio, il tipo e la frequenza di transazioni, le attività portate avanti, i volumi operativi, il comportamento dei clienti”, ma non è una novità.

Si è detto che il manuale è il frutto del lavoro di cesello portato avanti dallo IOR insieme all’AIF. Ma davvero un manuale interno deve essere approvato da una autorità di vigilanza?

E poi, si dice che lo IOR ha chiuso circa 1000 conti sospetti, sulla base del nuovo profilo della clientela delineato con l’approvazione della commissione referente. Al di là del problema della competenza della commissione referente, la notizia apre a molte domande. La prima: davvero la normativa antiriciclaggio vaticana impone che categorie di conti, e i conti sospetti vadano chiusi? A quanto risulta, i conti sospetti vanno piuttosto monitorati dallo IOR, rapportati all’Autorità di Informazione Finanziaria e potenzialmente al Promotore di Giustizia. Insomma le decisioni andrebbero assunte con un approccio basato sul rischio (risk based approach) delineato dalla legge antiriciclaggio vaticana, che richiede un discorso caso per caso.

Altre domande: non è rischioso chiudere insieme tutti questi conti? E ci sono delle procedure di rimpatrio dei fondi?

Sullo sfondo, resta poi la domanda delle domande: perché si continua a definire lo IOR come una “banca”? Banca è un termine inappropriato per definire l’Istituto. E lo riconosceva anche MONEYVAL. Al punto 70 del Rapporto, si legge infatti che “lo IOR è una istituzione pubblica la cui natura è pubblica e la cui attività è iure imperii (in virtù della sua sovranità) ma che conduce anche attività comparabili con quelle di una istituzione finanziaria, che sono iure gestionis (atti commerciali e private) nello specifico”.

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