Il metodo missionario di padre Ricci: intervista a padre Gianni Criveller

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Un auspicio corale affinché si uniscano le cause di beatificazione di padre Matteo Ricci, già a buon punto, e dell’amico Xu Guangqi, lo scienziato cinese che si convertì al cattolicesimo, in modo tale che le due canonizzazioni possano procedere ed essere celebrate insieme: “Sarebbe bello, ha auspicato il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che come nella vita Matteo Ricci e Xu Guangqi sono stati legati sotto tanti aspetti, possano essere visti oggi nella loro esemplarità di uomini che fanno dialogare Oriente e Occidente, nella fedeltà alla fede”.

Ed in una delle numerose conferenze tenute a Macerata, padre Gianni Criveller, missionario del Pime e presidente della Commissione storica della causa di beatificazione di padre Matteo Ricci, così ha raccontato: “Nei primi mesi del 1593 Matteo Ricci e Alessandro Valignano si incontrarono a Macao per l’ultima volta. In tale occasione Valignano, il Visitatore delle Indie orientali, ordinò a Ricci di lasciare il sud della Cina e spingersi verso il nord. Tutta la vicenda missionaria di Ricci può essere letta come una progressiva ‘ascesa’ alla capitale, Pechino. Ricci fu un missionario che mai rinunciò ad elaborare delle strategie che gli consentissero di raggiungere i suoi obiettivi. Per questo fu un missionario geniale, capace di segnare un’epoca”.

Quale era il ‘metodo’ di Ricci di trasmettere il messaggio di Cristo ai cinesi?
“Il metodo di Ricci era duplice: ‘l’accomodamento’, ovvero come diremmo oggi l’inculturazione. A differenza del metodo allora in voga, Ricci riteneva che erano i missionari a doversi ‘adattare’ ai costumi locali, non il contrario. Inoltre, come mostra il suo primo libro in Cina intitolato ‘L’Amicizia’, Ricci visse tra i cinesi come amico, senza spirito aggressivo o polemico”.

In cosa consiste la distinzione di Ricci tra catechismo e dottrina cristiana?
“Ricci assunse l’insegnamento confuciano originario come base del suo ‘catechismo’, che fu in realtà un libro di introduzione alla fede, basato sul confronto tra ‘l’insegnamento del Signore del Cielo’ e i pensieri cinesi: confucianesimo, buddhismo e taoismo. Questo libro era stampato numerose copie, mandato in tutta la Cina, e dato da leggere a chiunque ne avesse interesse, anche agli avversari del cristianesimo. Per coloro che volevano farsi cristiani, e per loro solo, Ricci compose la ‘dottrina cristiana’, che conteneva la ‘cose necessarie’ per essere cristiano: precetti e preghiere fondamentali”.

Perché è scaturita la ‘polemica’ sui riti?
“Dall’opposizione di missionari entrati in Cina dopo la morte di Ricci, che ritenevano errate alcune scelte dei gesuiti, in particolare quella di permettere ai cristiani cinesi di praticare i riti di venerazione degli antenati. La polemica nacque nel 1637 (Ricci era morto 27 anni prima), e si concluse nel 1742 con la condanna dei riti e del metodo gesuitico da parte di Benedetto XIV. La polemica aveva assunto dimensioni e toni eccessivi, coinvolgendo in modo diretto papi e imperatori, e arrecando una grave danno all’evangelizzazione. Nel 1939 la Santa Sede ribaltò il verdetto negativo di due secoli prima. I papi recenti, infine, hanno espresso per Matteo Ricci e il suo metodo grande apprezzamento”.

Oggi quale impulso può dare il metodo ‘Ricci’ nei rapporti religiosi tra Occidente ed Oriente?
“Ricci è, come San Francesco, un uomo universale, una persona che unisce, creando ponti, terreno comune e possibilità di dialogo. Non ci sono alternative all’incontro tra i popoli, culture e religioni diverse. Ma Ricci, come Francesco, non è un uomo neutrale, è portatore di un messaggio: il Vangelo di Gesù. Non bisogna dunque ridurre il messaggio di Ricci alla sola dimensione scientifica e culturale: lui era missionario di Gesù”.

Come sono i rapporti tra la Cina e papa Francesco?
“Per il momento non ci sono elementi per rispondere a questa domanda. I rapporti oggi tra Cina e Chiesa cattolica non sono buoni. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano fatto di tutto per intavolare un dialogo con la Cina. Lo farà senz’altro anche papa Francesco. C’è da sperare che la speranza e la simpatia che ha suscitato in tutto il modo convinca le autorità cinesi a riconoscere la libertà dei cattolici in Cina”.

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