Raffaele Pennacchio: SLA, fate presto! Noi non abbiamo più tempo.

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E’ trascorsa una settimana dalla morte in albergo a Roma del dott. Raffaele Pennacchio, malato di SLA, medico e membro del Comitato 16 novembre, onlus che si batte per i diritti dei malati di Sla. Aveva partecipato ad un incontro con il governo.

E’ morto stremato dalla fatica, ma contento perché il Comitato era riuscito a strappare al governo l’impegno per l’aumento del fondo per la non autosufficienza e per l’assistenza domiciliare ai disabili gravi e gravissimi, come aveva sottolineato la vicepresidente dell’associazione, Mariangela Lamanna: “Rideva e scherzava, poi all’improvviso si è accasciato sulla sedia tra il nostro sgomento”.

Durante l’omelia, celebrata nella chiesa della Madonna delle Grazie a Macerata Campania, il parroco, don Girolamo Capuano, ha sottolineato: “Non possiamo più essere indifferenti di fronte al dramma di chi è malato e non riceve assistenza, così come alle vicende degli immigrati e del degrado ambientale; girandoci sempre dall’altra parte ci siamo ritrovati anche i veleni sepolti sotto terra. In questi momenti l’indignazione si trasforma in rabbia, specie quando vedi quelle persone che continuano a guadagnare 20.000 euro e non si riducono lo stipendio; la rabbia però non deve trasformarsi in odio, ma in desiderio di giustizia”.

Una morte che ci impone una riflessione circa i diritti dei più deboli, che si battono fino alla morte per difendere il desiderio della vita, come ha affermato il giornalista Franco Bomprezzi: “Certo, ci sono tanti modi di fare una battaglia per i diritti, e so perfettamente quanto sia importante e prezioso il lavoro di tutti, delle associazioni che fanno meno clamore, di persone competenti che pure esistono e contribuiscono, a ogni livello, a evitare il peggio in questo Paese sempre più cinico e distratto. Ma appare evidente, nelle azioni clamorose dei malati di sla, la loro consapevolezza di non avere nulla da perdere, tanto meno perdere tempo, perché il tempo non c’è, o sta per scadere.

Ma se i tempi della ricerca scientifica e clinica sono inevitabilmente più lunghi (in tutto il mondo, non solo in Italia), quelli delle scelte sui servizi e sui finanziamenti necessari, devono e possono cambiare. I malati di sla non possono certo essere rimproverati per il loro coraggio, per la loro capacità di rischiare la vita. Sarebbe giusto non dover ricorrere a queste forme estreme. Eppure”. Il presidente nazionale dell’Associazione ‘Scienza & Vita’, prof.ssa Paolo Ricci Sindoni, ha detto che questa morte deve essere un pungolo per garantire un’assistenza dignitosa ed un sostegno concreto ai malati:

“Pennacchio, e come lui tutti i malati che non si arrendono, è un esempio di lotta per la difesa dei diritti primari del cittadino e della sua dignità, anche quando sembra che la malattia abbia tolto tutto. E’ urgente e necessario che la protesta pacifica ma ferma, di tanti malati e delle loro famiglie, sia ascoltata attraverso un efficace impiego delle risorse destinate alla ricerca e all’assistenza domiciliare. La compassione e la solidarietà non devono rimanere buone intenzioni, ma tradursi in gesti politici efficaci”.

Massimo Toschi, politico disabile e giramondo secondo la definizione di Luigi Accattoli, ha scritto su ‘Città Nuova’ che la società sta perdendo l’anima, perché non sa più inginocchiarsi davanti ad un dolore civile: “I disabili corrono, mentre la politica è lenta. La politica non è solo lenta, ma è anche stupida. Quando i disabili pongono una questione vengono rinviati sempre ai tecnici: mai un ministro, talora un viceministro come questa volta, spesso un sottosegretario e alla fine niente di meglio che i tecnici di ministero mentre ciascuno avrebbe da imparare dal dolore di queste persone, in primis il ministro e il presidente del consiglio. I disabili vengono derubricati a piccole lobby, da contentare con qualche mancia, oggi sempre più ridotta e non si vuole riconoscere che la questione dei disabili è oggi la misura dell’applicazione e del rispetto della Costituzione.

Quando i disabili vengono collocati all’ultimo posto nella scala dei diritti delle persone si viola e si distrugge la Carta fondante del nostro stato. La comunità civile, che la Costituzione pensa, prevede l’inclusione di tutti, partendo dai disabili, dai minorati, secondo l’antica terminologia presente in Costituzione. Un termine di origine francescana, che usa il termine minores, minori, minorati come coloro che non contano nulla. E Raffaele non contava nulla per una politica autoreferenziale, solo che la sua morte scandalosa e sorprendente ha reso visibile la morte della politica. Una politica davvero disabile, muta di verità, cieca nelle soluzioni, zoppa rispetto ai tempi di chi soffre. Nel momento in cui Raffaele è morto, la politica ha dimostrato tutta la sua impotenza a rispondere alla vita dei suoi cittadini migliori…

Giorgio la Pira ha scritto, in un altro tempo su ‘le attese della povera gente’ , oggi bisognerebbe scrivere sulle attese delle persone disabili.  Ma Raffaele ha deciso di non avere più tempo e ci precede e ci chiede, senza urlare, ma con la fermezza del cuore, di fare presto. E’ il suo ultimo appello alla politica, perchè si converta e faccia presto. E’ un appello alla resistenza civile di tutti i disabili, per affermare la forza mite dei loro diritti”. E’, comunque, triste sapere che una nazione ha bisogno di eroi per far valere i diritti dei cittadini! Non dimentichiamolo…

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