Finanze vaticane, una piccola riforma all’APSA. Con qualche rischio

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Piccola riforma all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. I consultori cambiano lievemente le loro funzioni, e diventano parte di un “supervisory board”. Mentre da ieri sono state avviate le pratiche di “due diligence” (ovvero di adeguata verifica) affidate ancora una volta agli “esperti” americani del Promontory Financial Group per quanto riguarda la “Sezione straordinaria”. Una riforma che – secondo il comunicato – sarebbe stata effettuata in accordo con la Commissione Referente chiamata da Papa Francesco a supervisionare le finanze vaticane. Ma che rischia allo stesso tempo di creare un “corto circuito”, perché va a trattare l’APSA come una banca con dei conti correnti sui quali svolgere l’adeguata verifica. Ma l’APSA non è precisamente questo.

E lo avevano spiegato, gli officiali vaticani, agli esperti di MONEYVAL, il comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza agli standard internazionali antiriciclaggio dei Paesi membri.  Basta, in fondo, dare una scorsa al rapporto MONEYVAL per comprendere che il problema APSA non può essere liquidata come una questione meramente bancaria. Tutt’altro.

Perché è vero che la Sezione straordinaria (sulla base della Pastor Bonus e del Regolamento dell’APSA) può fornire alcuni servizi finanziari a persone naturali (membri del clero o laici) che non sono organismi della Santa Sede sotto l’approvazione del cardinale presidente. Ma è anche vero che questi servizi erano sono ormai limitati a sole 23 persone (15 membri del clero e 8 laici), per un totale di 10 milioni di euro. I conti dei membri del clero – si legge nel rapporto MONEYVAL, al paragrafo 118 – servono “allo scopo di depositare contributi caritativi fatti in loro nome, o in favore della Curia romana o delle loro diocesi di origine”. Mentre le otto persone che hanno conti nell’APSA “hanno tipicamente donato beni mobili e immobili alla Santa Sede e in cambio ricevono un vitalizio annuale che è accreditato nel loro conto nell’APSA”.

Ma già dal 2001 – si legge al punto 119 – “il consiglio dei Cardinali aveva preso la decisione di limitare gradualmente l’erogazione di servizi finanziari a persone individuali (sia chierici che laici) che non sono organismi o dicasteri della Santa Sede/Stato di Città del Vaticano”. E il 27 gennaio del 2006 “il Consiglio dei Cardinali ha deciso di cominciare il processo di chiudere tutti i conti rimanente con quelle persone appena possibile”. Non solo. Nessun nuovo deposito è stato accettato dal 2001 per i rimanenti 23 conti delle persone naturali.

In pratica, quell’attività simil-bancaria dell’APSA era molto limitata, ed era in via di chiusura. Perché avviare una procedura di due diligence? E perché affidarla di nuovo ad una società esterna?

Il processo di due diligence, o di adeguata verifica, riguarda sia la sezione ordinaria che la sezione straordinaria dell’APSA. In pratica, il Promontory Group sarà chiamato ad analizzare una per una tutte le attività dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, dalle attività di investimento finanziario a quelle di investimento immobiliare.

Ma l’APSA non è una qualunque azienda privata. L’APSA è un dicastero della Santa Sede, che rappresenta uno dei tre uffici della Curia Romana ed è soggetta alla supervisione della Prefettura degli Affari Economici.

L’inizio delle pratiche di due diligence (avviate da ieri, 15 ottobre, secondo il comunicato dell’APSA) sembra creare un corto circuito. Significa che tutti i dicasteri della Santa Sede dovranno essere soggetti ad adeguata verifica per il loro operato? E da chi sarà operata questa adeguata verifica?

L’idea di gestire il Vaticano come una normale azienda ne mette a rischio l’indipendenza e la sovranità. È come se in Italia venisse chiamata una società di revisori dei conti come la Deloitte a controllare le attività di un qualunque ministero.

Resta alla fine una domanda aperta: davvero questa riforma era opportuna e dovuta? E perché ancora una volta affidarsi all’outsourcing? Tra l’altro, in tempi di spending review, affidare gli incarichi agli esperti esterni grava sul bilancio della Santa Sede in maniera consistente. Una spesa enorme, che magari ha dei riscontri a livello di immagine. Ma non di sostanza. In fondo, sono stati gli officiali vaticani, e non i consulenti esterni, a portare avanti il processo di riforma delle finanze vaticane. E il rapporto generalmente positivo di MONEYVAL, nonché i continui miglioramenti alla normativa anti-riciclaggio, stanno lì a dimostrarlo.

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